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“A MANIERA che l’ora di quella mattina s’avanzava, d’ogni dove si vedevano affacciare i nostri connazionali, ben vestiti e con un portamento nuovo e straordinario, perché tutto era per loro, in quel giorno, allegria e soddisfazione”. Il brano è riportato in un vecchio libro pubblicato in occasione di una celebrazione ritenuta “il successo più grande” della colonia italiana di San Antonio, in Texas. Era il primo maggio del 1927 e s’inaugurava la Chiesa di San Francesco di Paola alla cui costruzione aveva contribuito tutta la comunità. Continuando la lettura della cronaca di questo evento, si legge che alla benedizione della “nostra bellissima Chiesa”, così com’è più volte citata con profondo sentimento d’orgoglio, e alla Messa solenne, seguirono i festeggiamenti popolari che si protrassero fino alla mezzanotte con canti, balli e bancarelle d’ogni genere. In questa atmosfera festosa, continua il cronista e autore del libro, “si vedeva innalzata la nostra Chiesa, che a tutti invitava alle varie considerazioni e interrogazioni: Un anno fa, dicevano alcuni, quello che pareva una fantasia, oggi è una realtà; quello che sembrava semplicemente una idea, oggi è un fatto. E altri dicevano: è questa una visione? E’ questo un sogno? E’ verità che abbiamo già la nostra Chiesa e così bella?”. Da tali domande si capisce che la missione affidata a p. Vecchio di costruire una chiesa per la comunità italiana, fu realizzata in breve tempo grazie alla generosa risposta di tutti. In seguito ad una ricerca, in America, sui luoghi di culto dedicati al Santo di Paola, condotta per la Fondazione “San Francesco da Paola nel mondo”, ho scoperto la suddetta chiesa. 

Nell’approfondire la ricerca su questa Chiesa e sulla città texana in cui è ubicata, alcuni nomi d’origine calabrese, quello di Sam Greco, donatore di una statua di San Francesco e consigliere del Comites di Houston, di Frank Pantuso, membro della Società Cristoforo Colombo e di Luigi Guido, costruttore della chiesa insieme a Vincenzo Falbo, sono stati la conferma della presenza calabrese che ho supposto essere consistente, proprio per la scelta del Santo a cui la chiesa è dedicata. Grazie alla grande disponibilità e immediata risposta al mio appello del dr. Vincenzo Arcobelli, presidente del Comites di Houston, è stato possibile contattare Sam Greco, che sarà una preziosa guida, durante la mia visita a San Antonio. La gradita risposta, inoltre, di Frank Pantuso al mio messaggio inviato per e-mail alla Società C. Colombo, è stata un’ulteriore e fortunata fonte d’informazione poiché è l’autore del libro “Gli Italiani di San Antonio”, dove sono raccolte le storie, corredate da antiche fotografie, di tante famiglie emigrate a San Antonio a fine ‘800 e inizio ‘900. La mia grande sorpresa è stata quella di scoprire che gli emigrati calabresi in questa città, e costituiscono la maggioranza, come avevo già intuito, sono tutti originari di Spezzano della Sila, tranne qualcuno le cui origini sono in paesi limitrofi, come Spezzano Piccolo, Celico, Casole Bruzio e altri della provincia di Cosenza. Gli Spezzanesi di San Antonio La città di San Antonio, che prende il nome dalla Missione “San Antonio de Valero”, fondata dagli spagnoli nel 1718, è famosa per il sito storico “Alamo”, dove si svolse la battaglia del 1836 che portò all’indipendenza del Texas dal Messico. 
L’emigrazione calabrese in questa città texana è dovuta al pioniere Francesco Talerico che vi giunse da Spezzano nel 1888 insieme alla moglie Rosa Scrivano essendo stato incoraggiato da un amico a cercare fortuna in Texas. Iniziò a lavorare con un banco di frutta e in breve tempo i banchi divennero quindici, tutti gestiti da parenti e amici fatti venire dall’Italia. Con mirabile tenacia Talerico moltiplicò i suoi affari e alla fine aprì un magazzino generale che forniva la sua catena di negozi. All’impegno nel lavoro unì i suoi sforzi nell’organizzare la colonia italiana di San Antonio e per anni ne fu uno dei leader più importanti. Tra coloro che lasciarono Spezzano per andare a lavorare con Talerico, c’erano molti giovani, come Luigi Paletta che partì nel 1911 all’età di 18 anni. L’intraprendenza di Paletta lo spinse a lavorare in proprio, dapprima come venditore di frutta e in seguito aprì negozi di generi alimentari. Tanti altri cercarono di emergere in settori che davano maggiori possibilità: commercio e costruzioni e molti furono i negozi, soprattutto di ortofrutticoli, ad avere successo così come anche le imprese di costruzione. Famosa è quella creata dai “Fratelli Guido”. Dalle tante notizie apprese leggendo il libro avuto in omaggio da Frank Pantuso e dal racconto delle signore più anziane della comunità, Francesca Ponzio e la zia Teresa Sirianni che ho incontrato, grazie a Biagio Guido, insieme a un numeroso nucleo familiare con cognomi di Spezzano, Rizzo, Paletta, Pisano e altri, ho dedotto che molti matrimoni sono stati contratti dagli spezzanesi nella loro stessa comunità o qualcuno è tornato per prendere moglie nel proprio paese d’origine, così come fece Ventura Talerico, che si recò a Spezzano per sposare Teresa Quartucci. Oggi, pertanto, nelle nuove generazioni esistono molti legami di parentela e i nuclei familiari residenti a San Antonio sono molto più che in passato per la numerosa prole, circa 10 figli, delle famiglie di prima generazione. 
La Chiesa e la Festa di San Francesco. Nella chiesa, una costruzione in mattoni rossi, di stile romanico, adornata all’interno da colonnati con marmi di Carrara e sulla facciata una statua di pietra bianca di San Francesco, domenica 22 settembre, si è svolta la celebrazione annuale officiata da p. Agustin Estrada con la partecipazione di una moltitudine di fedeli. Si celebrava quest’anno l’Ottantacinquesimo anniversario della Festa e una moltitudine di fedeli ha partecipato alla S. Messa e alla processione nella vicina piazza Italia. La commozione dei partecipanti è diventata ancora più evidente nel momento in cui la statua del Santo, un mezzo busto adorno della fascia bianca con le offerte, nel rispetto dell’antica tradizione in uso una volta in Calabria, è uscita dalla chiesa al suono dell’organo che intonava l’inno d’Italia. Questo insieme di sentimenti, in cui sono uniti religione e patriottismo, è la testimonianza dei valori che resistendo nel tempo, sono parte integrante dell’identità difesa sempre con orgoglio dagli italiani all’estero. L’affettuosa ospitalità e calorosa accoglienza ricevuta a San Antonio mi hanno fatto capire che la comunità calabrese che vi risiede, pur se poco conosciuta in Calabria, è pronta a un collegamento con la terra d’origine e auspico che le Istituzioni locali, Comune e Provincia possano avviare un dialogo con i cosentini in Texas che, come tutti i calabresi all’estero, rappresentano, sotto vari aspetti, una grande risorsa per il nostro territorio.
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