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Sergio Servidio e Francesco Valentini

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COSENZA – L’universo ci parla. In ogni momento, di giorno e di notte, nei centri di ricerca sparsi sul pianeta, c’è uno studioso davanti al computer che passa in rassegna i dati trasmessi dai satelliti, nella speranza di intercettare un evento significativo.

E se l’uomo, in questo lavoro di vigilanza e analisi, fosse aiutato dall’intelligenza artificiale? È la sfida che un gruppo internazionale di ricercatori ha deciso di raccogliere, partecipando con successo a un bando europeo finanziato nell’ambito del programma Horizon 2020. Il gruppo di lavoro è guidato dall’italiano Giovanni Lapenta, docente dell’università di Leuven, in Belgio, e può contare sul contributo di un gruppo di scienziati dell’Unical, diretto dai ricercatori Francesco Valentini e Sergio Servidio del dipartimento di Fisica dell’Università della Calabria.

Entrambi esperti di fisica dei plasmi, Valentini e Servidio hanno alle spalle un lungo precariato da post-doc e assegnisti, con solide esperienze all’estero. Valentini è stato a Parigi e San Diego, prima di tornare in Italia. Nel 2010 ha vinto il concorso come ricercatore all’Unical e aspetta una chiamata da associato.

Nel frattempo si è abilitato anche come ordinario. Servidio è stato in Svezia, in Norvegia, negli Stati Uniti e a Nizza. Quando stava per ritornare oltre oceano, ha vinto un posto da ricercatore di tipo B all’Unical. E ovviamente anche lui ha collezionato più abilitazioni. La call europea, che ha finanziato il progetto con 1 milione e mezzo di euro, ricercava nuove soluzioni per lo sfruttamento dei dati scientifici, nell’ambito di un programma destinato a rafforzare la competitività della tecnologia spaziale europea.

«Lo spazio è un tesoro di dati e di informazioni difficile da scandagliare. L’osservazione è affidata oggi all’occhio dei tanti scientist in the loop sparsi nei centri di ricerca, ma c’è sempre il rischio di perdere qualcosa – spiegano Valentini e Servidio – Abbiamo pensato allora di applicare l’intelligenza artificiale all’analisi di dati spaziali, per realizzare un software in grado di ragionare con un essere umano e al quale affidare il compito di rovistare tra le infinite informazioni raccolte dai satelliti presenti nel sistema solare».

Aida (Artificial Intelligence Data Analysis) sarà pronto tra tre anni. Ogni team lavorerà su un pezzo del software, scrivendo l’agoritmo e “addestrandolo” a riconoscere e selezionare eventi estremi. L’osservatore-androide non sostituirà, però, gli esseri umani. «Sono gli uomini che scrivono il codice e saranno sempre loro a formulare ipotesi e fare scoperte, partendo dai dati raccolti da Aida» spiegano Valentini e Servidio. Tanto più che il nuovo software sarà open source: scritto in python e facile da usare, potrà essere scaricato liberamente da tutti.

Un vantaggio per i ricercatori, che senza costi di licenza potranno avere a disposizione dati già pronti su cui lavorare. E un’opportunità per tutti gli studenti e gli appassionati, che potranno partecipare all’osservazione scientifica, nel segno della citizen science.

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