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Stanislao Rizzo

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La sanità calabrese ha pessima reputazione. Ma i medici della Calabria vantano una schiera di luminari di grandissima valenza che quasi sempre operano e agiscono fuori regione.

Tra questi, il professore Stanislao Rizzo, cosentino doc, che ieri a Roma ha impiantato per la prima volta in Italia ad un settantenne cieco una retina artificiale NR600, creata da una start up israeliana che ha permesso all’uomo, al risveglio dopo l’intervento, di rivedere la luce con degli occhiali speciali.

Per questo intervento straordinario è stato chiamato un luminare mondiale dalla mano fermissima e dotato di vasta scienza oculistica. Rizzo non è nuovo a scoperte pionieristiche nella cura dell’occhio. Già nel 2011 fu infatti il primo a impiegare l’Argus, la prima protesi renica mai impiantata ad un non vedente. Il cosiddetto occhio bionico.

È anche questa che riguarda la NR600  è la prima volta in Italia di un device d’avanguardia, che al momento registra solo cinque interventi effettuati in Belgio e in Israele. E se la tecnologia ha fatto la sua parte, la mano esperta di un medico d’avanguardia come Rizzo è stata in grado in due ore d’intervento di posizionare una retina artificiale di 5 millimetri sopra quella naturale in modo che gli elettrodi tridimensionali dei quali è composto andassero a prendere il posto delle cellule che permettono di vedere.

Si tratta di una scoperta straordinaria, un protocollo sperimentale, che adesso avrà bisogno di una lunga osservazione sul paziente che sarà sottoposto ad una meticolosa riabilitazione controllata da Rizzo. Il paziente non avrà una vista normale ma pixellata in bianco e nero che gli consentirà comunque di vedere e di vivere in modo molto diverso.

Rizzo, 65 anni, primo chirurgo al mondo a impiantare un occhio bionico su un paziente cieco, è figlio di un ingegnere cosentino mentre la madre è originaria di Corigliano.

Studia al liceo classico Bernardino Telesio di Cosenza e decide di intraprendere gli studi di Medicina a Firenze dove consegue la laurea a pieno voti decidendo per la specializzazione in Oculistica.

Una carriera brillantissima, dedicandosi subito alla ricerca e alla didattica che gli consentirà di diventare prima assistente e poi aiuto a Cagliari del suo mentore, il professore Luigi Barca. Passerà a guidare Chirurgia Oftalmica a Pisa e di pari passo a curare la ricerca scientifica correlata da diverse pubblicazioni su molte riviste internazionali specialistiche.

Accompagnato da questa buona reputazione sbarca al Careggi a Firenze nel 2014 creando un reparto di eccellenza che riesce a smaltire 13000 interventi l’anno (solo lui ne compie 3000) d’avanguardia ma soprattutto a formare una squadra di quarantenni di grande valore professionale che faranno del reparto di chirurgia oculistica a Firenze uno dei migliori d’Italia. Quando nel 2019 vince il concorso per direttore di Oculistica del Policlinico Gemelli e di professore ordinario all’Università Cattolica del Sacro Cuore i giornali toscani danno la notizia con evidenza e con il manifesto rammarico di aver perso un grande luminare per il proprio territorio.

Del resto i riconoscimenti non erano mancati, come quello che gli viene assegnato a Los Angeles come migliore chirurgo innovativo del 2013 che gli è valso il prestigioso Alfred Mann Foundation Award . Rizzo è anche Commendatore della Repubblica.

Ma il riconoscimento sentimentale più caro forse è quello del gennaio del 2018, quando la sua città, Cosenza, grazie ad una intuizione di Ermanna Carci Greco, che era venuta a conoscenza della brillante carriera del suo concittadino, ne aveva parlato al sindaco Mario Occhiuto, il quale invitò Rizzo a Palazzo dei Bruzi per ricevere il riconoscimento di Ambasciatore della conoscenza.

Un salone stracolmo di vecchi compagni di scuola e di professori, amici, conoscenti e di molti pazienti che avevano ricevuto le sue cure fece gran festa al professore Stanislao Rizzo.

Un grande calabrese che permette di vedere a chi non può con la sua enorme capacità scientifica e professionale. Peccato che la Calabria possa solo omaggiare i suoi talenti e non poterne disporre nei nostri ospedali.

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