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Giobbe Covatta

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Giobbe Covatta, in Calabria per una spettacolo, si apre al Quotidiano del Sud e confessa l’amore per la moglie nato a Capo Vaticano

Salve, la chiamo per l’intervista con il Quotidiano del Sud…

Eh, mi dispiace. Dovevamo sentirci a mezzogiorno. Ora è mezzogiorno e cinque minuti. Il tuo tempo è scaduto…

Ma a mezzogiorno ho provato a chiamare ed era occupato!

Vabbè, Vabbè, allora, eccezionalmente, ma solo per questa volta, passi! Cominciamo!

Inizia così, con risata, l’intervista telefonica con Giobbe Covatta, attore e autore comico che questa sera, sabato 26 agosto 2023, sarà in Calabria e si esibirà a San Lorenzo Bellizzi nell’ambito di Exit – Deviazioni in Arte e Musica – Le notti belle a Bellizzi. Festival inserito nel cartellone degli eventi di La Via del Pollino – San Lorenzo Borgo Ospitale, progetto promosso dalla Regione Calabria e organizzato dal Comune di San Lorenzo Bellizzi in collaborazione con Piano B, che cura la realizzazione della parte immateriale e che prevede lo spettacolo di Giobbe Covatta.

Sul palco di San Lorenzo Bellizzi in Calabria porta lo spettacolo teatrale Scoop (Donna Sapiens), cosa ci dobbiamo aspettare da Giobbe Covatta?

E cosa potete aspettarvi? Di farvi quattro risate. E di assistere ad una mia opinione. Più di questo non posso garantire.

Ma l’opinione qual è? Quella della superiorità della donna sull’uomo?

Si, il punto è questo. Ma più che altro sono i motivi ad essere interessanti. I motivi che sostengono la superiorità dell’uomo rispetto alla donna non mi hanno mai convinto. Se fosse per me attribuirei un pari. Ma siccome abbiamo sempre giocato scorrettamente mi sento di dare un punto in più alle donne.

I suoi spettacoli hanno più piani di lettura, si ride e si riflette.

Io parlo di ciò che mi sta a cuore. In molti momenti della storia che mi ha visto spettatore ci sono stati argomenti che mi hanno interessato molto, che vanno dai diritti, all’ambiente, alla paura, ai rapporti con le donne… “Rapporti con le donne” detto così sembra più una cosa pornografica (Ride ndr). Intendo i rapporti interpersonali. Tutta una serie di sentimenti che coinvolgono la generazione a cui ho appartenuto e appartengo. Sei poi quello che mi sta a cuore, interessa anche ad altri, mi fa piacere.

Preferisce esprimere la sua opinione più con gli spettacoli teatrali o con gli scritti?

Quasi sempre, e dico quasi sempre perché solo una volta è successo il contrario, gli scritti hanno una derivazione teatrale. Certo gli scritti hanno dalla loro parte il vantaggio e il rischio che rimangono “scritti”. Per cui… non è che ti puoi dissociare. Insisto: sono opinioni. Hanno valore relativo e sempre strettamente legato alla mia persona. Nulla di universale che possa coinvolgere chicchessia. In fondo questo è il ruolo del comico. A volte mi dicono “Si, vabbè, il problema dell’ambiente… Ma qual è la soluzione?” La mia risposta è che io faccio il comico. Il comico ha solo domande, non ha soluzioni. Il comico si fa e fa delle domande. Le soluzioni spettano alla politica non ai comici. Ma questo dai tempi dei giullari. Il problema è nato quando i comici hanno iniziato a proporre soluzioni… Non è il loro mestiere, o il loro ruolo. Il nostro compito è porre domande, fino allo sfinimento, fino a che qualcuno si scoccia e dice “Vabbè, basta, cerchiamo una soluzione”.

E quali sono, dunque, le domande da porre oggi?

Le domande sui diritti. La soluzione in questo contesto va trovata. L’idea che ci sia della gente che non ha diritti è una cosa che io trovo insopportabile. L’ambiente, che è una precondizione. Il nostro pianeta non è un argomento di conservazione. È una precondizione. Senza il pianeta non ci può stare l’economia e nulla. A che serve parlare di economia se non abbiamo più un posto dove praticarla? Ma come detto io non ho soluzioni. Non è il mio ruolo e non ho la preparazione per farlo. Io ti posso dire quali sono i problemi. E lo dirò con tutto il fiato che ho in gola. Ci sono persone che dovrebbero aver studiato a lungo per avere le soluzioni. Dico dovrebbe perché poi nessuno sa un cazzo alla fine, però… Io posso solo immaginare una soluzione, che per me è culturale ovviamente, ma metterla in pratica è un altro paio di maniche. Io faccio il comico. Mi sveglio alle 11.30 di mattina. Non sta a me.

Sono passati trent’ anni da Parole di Giobbe, il suo primo libro che riscosse un successo strepitoso. Che ricordi ha della nascita di quest’opera?

Il mio ricordo è sempre di stupore. Il mio editore ci mise un mese e mezzo per convincermi. Io cercavo di spiegargli che facevo un altro mestiere, non lo scrittore. Ero consapevole del fatto che tra raccontare una storia e scrivere una storia, c’è una differenza sintattica consistente. L’errore che hanno fatto i miei colleghi è stato sbobinare quello che dicono e trascriverlo. In realtà, i meccanismi narrativi tra il narrare e lo scrivere sono diversi, ovviamente. Lo sforzo fu quello di tradurre, nel senso letterale del termine: io avevo una cosa detta e la dovevo trasformare in una cosa scritta. Quando alla fine l’editore mi convinse, io non avevo nessuna aspettativa. La prima tiratura è stata di tremila copie. Mi dissi che almeno avremmo fatto i regali a Natale. Dopo di che siamo arrivati a un milione e mezzo di copie. É stato più che un evento letterario, un evento sociale.

La comicità però negli ultimi anni è un po’ cambiata. Non tutti i comici operano ponendo domande…

E questo mi dispiace molto, anche se sì, è cambiata, ma non così tanto. Ci sono sempre stati durante tutte le generazioni dei comici più accorti e più attenti e altri più… ”sciuè sciuè”, che fanno il loro mestiere, fare ridere. E punto. Ma non basta perché in questa risata il contenuto deve derivare dall’opinione di cui parlavamo prima. Io devo raccontare al mio prossimo delle cose tali che il mio prossimo sia coinvolto emotivamente. Quando parlo dell’ambiente la mia speranza non è quella di risolvere il problema dell’ambiente, ovviamente. La speranza è che chi faceva parte del mio pubblico, tornato a casa si ponga la domanda: “Ma Covatta ha raccontato una manica di stronzate, o c’è un fondo di verità? Fammi andare a controllare”. Io non voglio fare il divulgatore. Voglio fare l’incuriositore. La gente che torna a casa si deve porre il problema rispetto a quanto gli ho raccontato e andare a informarsi. Piantare un seme nel dubbio: questo è il mio mestiere

C’è una sua frase tormentone, “Basta poco! Che c’è vo’?”, legata al suo ruolo di ambasciatore di AMREF e testimonial di Save the Children. Ritiene che il suo impegno abbia contribuito a cambiare qualcosa?

Intanto penso, e lo pensavo anche all’inizio, che quello slogan non sia proprio corretto. Non basta poco. Parliamoci chiaramente. Basta poco per entrare a far parte di una categoria di persone che si occupano di… “I Care!”, ci tengo, mi sta a cuore, come dicevano gli americani. Ma per cambiare qualcosa non basta poco. È cambiato qualcosa? Si, certo. Ma in generale mi sembra che la gente si sia irrigidita parecchio, che si sia incattivita. La politica, le decisioni politiche che si assumono lo dimostrano chiaramente. Credo che i sentimenti delle persone di questo paese, non le posizioni politiche ma proprio i sentimenti, si stiano estremizzando. Intendo sentimenti come la paura, la paura irrazionale, la paura di non si sa di chi. Intendo l’astio… Non mi chiedere il perché, perché come al solito, io non so nulla.

Non ritiene ci sia una sensibilizzazione maggiore?

Credo ci sia un’informazione maggiore più che una sensibilizzazione maggiore. E questa informazione non è sempre corretta. È sempre un po’ di parte. Su certi argomenti si dovrebbe togliere di mezzo l’ideologia e lasciare solo la scienza. Lo dice uno che appartiene ad una generazione che è vissuta di ideologia. In questo momento storico, però, la scienza la dovrebbe fare da padrone, perché la scienza non è democratica, come dice Einstein. La velocità della luce non si calcola per alzata di mano. Questi elementi di base dovrebbero essere dati per scontati. Dopo di ché si applica l’ideologia su come arrivare alle soluzioni, ma l’elemento di base è scientifico, quindi non è democratico, è oggettivo.

Il rapporto di Giobbe Covatta con la Calabria?

Da giovanotto ho lavorato per 5 anni a Capo Vaticano, dove avevo una scuola di vela, dato che prima di fare questo mestiere facevo il marinaretto. Per cui ho un rapporto antico. Inoltre quel posto è stato galeotto perché colei che sarebbe diventata mia moglie, fiorentina, faceva l’istruttrice di vela nella mia scuoletta…

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