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Tarcisio Molinaro all'Ariston

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COSENZA – C’è una bella storia da raccontare al festival di Sanremo. Una storia non di un cantante, ma di un artista a tutto tondo. Lui sta “lì nel mezzo…”. Se proprio vogliamo utilizzare un paragone il nostro personaggio è come l’Oriali della musica, ma invece di raccattare palloni a centrocampo, lui non molla una nota nel cuore dell’orchestra della Rai che, anche in questa edizione di Sanremo, ha regalato emozioni a non finire. La storia è quella di Tarcisio Molinaro. Per lui è la seconda volta a Sanremo. Dopo lo scorso anno è arrivata la seconda chiamata direttamente da Roma: “stavo insegnando al Conservatorio di Cosenza e…ed eccolo lo squillo”.

Tarcisio Molinaro, attraverso messaggi vocali, risponde alle nostre domande. E tra un tampone e l’altro riusciamo ad arrivare in fondo cercando di capire le emozioni e carpire qualche dettaglio in più di un festival che Amadeus ha definito il “festival della gioia”.

Tarcisio, è proprio cosi?

“Ha ragione Amadeus. Lo scorso anno abbiamo suonato senza pubblico, ma quest’anno con il pubblico è veramente un’altra cosa. Ed è gratificante l’applauso di un pubblico attento e caldo”.

La tua seconda volta a Sanremo. L’emozione è la stessa?

“Lo è per tanti cantanti affermati figuratevi per me che ho iniziato dalla banda musicale di Marano Principato, ma a parte gli scherzi, per me è stata una conferma come professionista e questa cosa mi riempie d’orgoglio e di gioia”.

Sono cinque le tue lauree e da 15 anni insegni al conservatorio. Puoi definire questo il momento più importante della tua carriera?

“Indubbiamente Sanremo è visibilità e mi ha dato la possibilità di conoscere tanti artisti che hanno fatto la storia della musica italiana, ma di concerti ne ho fatti tanti e ho girato il mondo con le mie percussioni. Posso dire però che questo è veramente un momento incredibile”.

Qual è la canzone più orecchiabile che hai suonato in questa edizione?

“Sicuramente quella di Gianni Morandi. È un motivetto che ti entra subito in testa e poi con Jovanotti sul palco…mamma quanta roba amici”.

Sanremo, si spengono le luci e poi?

“C’è la vita di tutti i giorni. Con i miei studenti al conservatorio, le mie serate nei locali e i concerti. Purtroppo Sanremo non dura 330 giorni all’anno, ma sono felice della mia vita. Però a 46 anni senti di avere fatto qualcosa in più…”.

Un consiglio da dare ai giovani artisti?

“Quello di non essere solo artisti, ma soprattutto belle persone. Perché il musicista passa, la persona resta”.

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