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REGGIO CALABRIA – Dopo Oppido Mamertina, l’ombra dell’inchino alla casa del boss durante la processione si allunga anche su un altro comune della Provincia di Reggio Calabria. SI tratta di San Procopio, poco più di 8 chilometri in linea d’aria da Oppido (GUARDA LA MAPPA), dove il caso si sarebbe riproposto pochi giorni dopo ciò che è avvenuto nel primo paese. 

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Sulla vicenda, anticipata sabato dal Quotidiano, la procura ha confermato di aver aperto un’inchiesta (LEGGI). Ma il sindaco di San Procopio, Eduardo Lamberti Castronuovo insorge: «Ho seguito la processione insieme ai carabinieri, ai quali ho chiesto se c’erano luoghi dove la processione non si poteva fermare e mi hanno detto di no, altrimenti l’avrei fermata». Il primo cittadino parla di «soste normali, previste. E’ stato allungato soltanto per farla arrivare sotto una casa di riposo che la mia amministrazione ha aperto per dare la possibilità di vedere la manifestazione religiosa a una signora di novant’anni, impossibilitata a muoversi». 

Per Lamberti Castronuovo si tratta quindi di «baggianate». E aggiunge: «E’ una montatura. Gli oboli erano raccolti da un bambino che precedeva di dieci metri la processione. La processione non si è fermata se non nei punti previsti e insieme a me c’era il maresciallo dei carabinieri, al quale ho chiesto se c’erano problemi. Mi ha risposto di no altrimenti avrei sospeso tutto». 

E poi attacca: ha convocato un consiglio comunale straordinario urgente martedì prossimo proprio per discutere delle nuove polemiche dopo la processione. «Chiederò ai cittadini – anticipa – di sottoscrivere una denuncia contro il giornalista perché è una montatura. Ho filmato tutta la processione e invece lui non c’era. Noi ci inchiniamo soltanto di fronte alla legge e chi mi conosce sa che sono intransigente. Nessuno verrebbe da me a chiedere qualcosa di illegale».

Attacca violentemente il Quotidiano anche l’Azione cattolica della Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi che in una nota afferma: «Non possiamo e non vogliamo fermarci davanti a una terra resa blasfema da coloro che dietro una testata di giornale esprimono giudizi affrettati e attacchi indiscriminati per ottenere risalto e attenzione a fini esclusivamente personali»

 

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