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CATANZARO – I finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria di Catanzaro, su disposizione della Procura regionale della Corte dei conti, hanno sequestrato beni immobili, conti correnti, quote societarie e attività finanziarie per complessivi 2.851.889 euro nei confronti di un ex commissario straordinario delegato per la mitigazione del rischio idrogeologico della Calabria, Domenico Percolla (attualmente commissario prefettizio di un Comune siciliano) e del suo principale collaboratore, Francesco Carmelo Vazzana, reggino classe 1967, nelle sue vesti di soggetto attuatore della struttura commissariale per la gestione del rischio idrogeologico della Regione Calabria. Dal 2017 è direttore generale dell’Arpa Sicilia.

I due dirigenti, nel periodo 2011 – 2015, avevano indebitamente utilizzato fondi pubblici erogati dal Ministero per l’Ambiente, destinandoli irregolarmente alla realizzazione di rilievi cartografici e satellitari per lo studio della pericolosità idrogeologica del territorio calabrese.

Nel corso delle indagini della Guardia di Finanza sono emersi numerose irregolarità: in primo luogo, il servizio di rilevamento cartografico era stato commissionato senza alcuna procedura di evidenza pubblica, a prezzi peraltro di gran lunga superiori a quelli di mercato, in favore di un ente dichiarato organismo di diritto pubblico, ma che, in realtà, non aveva i requisiti per essere considerato tale. Era emerso, inoltre, che alcune prestazioni eseguite erano state contabilizzate e fatturate senza un preciso criterio di determinazione, ostacolando di fatto la ricostruzione del reale ammontare dovuto all’ente prestatore. Infine, i rilievi cartografici richiesti dalla struttura speciale erano non solo indebitamente disposti, ma sopratutto inutili: ciò sia perché il rilevamento geografico non rientrava nei compiti istituzionali del commissario, sia in quanto le carte geografiche e le mappature del territorio erano già disponibili e accessibili alla pubblica amministrazione per mezzo del “geoportale nazionale”, gestito proprio dal dicastero dell’ambiente.

Tale ultima circostanza, peraltro, già nel 2012 era stata a più riprese stigmatizzata dal ministero competente, ma la struttura speciale del commissario pro tempore aveva comunque continuato a far svolgere – nonché a pagare – i superflui accertamenti cartografici.

Per tali condotte, nel settembre 2019 la Corte dei Conti già aveva condannato i due dirigenti pubblici a risarcire il ministero, rispettivamente, per euro 2.164.089 e per euro 687.800. A seguito del provvedimento di condanna, i finanzieri hanno posto sotto sequestro conservativo valori patrimoniali e finanziari per un importo corrispondente agli oltre 2,8 milioni di euro costituenti il danno erariale accertato.

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