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L'ex assessore regionale lombardo Zambetti

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Sono state confermate dalla Cassazione le condanne emesse in appello per gli imputati del processo sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Lombardia e le accuse di voto di scambio: l’ex assessore regionale Domenico Zambetti, componente della giunta ai tempi di Roberto Formigoni, è stato definitivamente condannato a 7 anni e mezzo di carcere, a sei anni Ambrogio Crespi, fratello di Luigi ex sondaggista di Silvio Berlusconi, a 8 anni Ciro Simonte, a 4 anni e 4 mesi per Eugenio Costantino. Per quest’ultimo – ritenuto il referente della cosca Di Grillo-Mancuso – la condanna si somma in continuazione a una precedente pena di 11 anni, e diventa quindi pari a 15 anni e 5 mesi.

Per gli inquirenti che si sono occupati di questa vicenda, era la prima volta che in Lombardia ci si imbatteva in un politico che pagava i voti della criminalità organizzata.

In particolare, la Prima sezione penale della Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di Costantino e Simonte, mentre quelli di Zambetti, Crespi – ritenuto un collettore di voti – e del Procuratore generale sono stati rigettati. Con questo verdetto, ha pienamente superato il vaglio degli “ermellini” la sentenza pronunciata dalla Corte di Appello di Milano il 23 maggio 2018.

In base alle accuse, Zambetti – ex assessore al Pirellone – è stato processato per aver acquistato dai clan circa 4mila voti, per le amministrative del 2010, pagandoli 50 euro l’uno. Venne eletto con circa 11mila preferenze. Avrebbe pagato circa 200mila euro. Gli imputati devono anche risarcire in solido il Comune di Milano con 650mila euro, la Regione Lombardia con 875mila e l’Aler con 350mila.

Con la sentenza d’appello, c’era stato un ridimensionamento delle condanne. Per Zambetti – all’epoca dei fatti politico del centrodestra, con il Pdl, arrestato nel 2012 – si è passati da 13 anni e mezzo ai 7 anni e mezzo e per Crespi da 12 anni ai 6 anni di reclusione. I giudici, presieduti da Oscar Magi, avevano assottigliato la pena anche per Simonte, pure lui ritenuto vicino alle cosche, da 11 anni è scesa a 8 anni e rideterminato quella per Costantino.

Nella sua requisitoria, il Pg della Corte di Appello di Milano, Galileo Proietto, aveva sostenuto che Zambetti aveva «consapevolmente» attinto voti dal «bacino della criminalità organizzata» e aveva stretto un «patto» con i referenti delle cosche lombarde che «prevedeva, in cambio di voti, lavoro e appalti». In base a quanto ricostruito dai giudici nelle motivazioni della sentenza di primo grado, presieduti da Maria Luisa Balzarotti, a stringere accordi con Zambetti sarebbe stata una «organizzazione criminale unitaria, in cui sono federate le famiglie di ‘ndrangheta operanti in Lombardia», ovvero le cosche Di Grillo-Mancuso (con sede a Cuggiono, nel milanese), Morabito-Bruzzaniti-Palamara (attiva a Milano) e Barbaro-Papalia, della zone di Corsico e Buccinasco.

Il Tribunale aveva assolto Alfredo Celeste, ex sindaco di Sedriano, il primo comune del milanese che venne sciolto per mafia e il medico Marco Scalambra.

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