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Un video realizzato durante la tragica traversata

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CROTONE – «Il loro unico pensiero era far tornare l’imbarcazione in Turchia e hanno lasciato morire tante persone, tra cui donne e bambini. Come può la loro coscienza rimanere tranquilla? Alla fine quel barcone quanto poteva valere?».

Arriva fortissimo il monito dell’unico dei quattro testi – su quattro convocati – presentatosi ieri in aula, dinanzi al gip del Tribunale di Crotone Michele Ciociola, nel corso dell’incidente probatorio a carico dei presunti scafisti che devono rispondere del tragico naufragio dello scorso 26 febbraio a Steccato di Cutro. Due degli imputati sono in aula, restano impassibili mentre gli interpreti traducono e lui li addita, un altro è collegato in videoconferenza da Graz.

GUARDA IL VIDEO DEGLI SCAFISTI DELLA STRAGE DI CUTRO

Incalzato dal pm Pasquale Festa, ma anche dagli avvocati di parte civile Francesco Verri, Salvatore Falcone e Salvatore Rossi e dagli avvocati difensori Salvatore Perri e Pasquale Sarpi, il superstite ha ripercorso le fasi cruciali del dramma. Il momento più toccante dell’udienza è stato forse quel monito pronunciato da uno che ha visto morire un centinaio di persone, perché quando i migranti, col mare in tempesta e l’acqua che entrava dagli oblò, «avendo paura di morire chiedevano di chiamare i soccorsi, i trafficanti dicevano che dovevano far tornare l’imbarcazione in Turchia».

E «per un milione di euro hanno ucciso anche donne e bambini», ha detto il teste (lo assiste l’avvocato Pasquale Vitale) accennando, forse, al bottino degli scafisti. Quando, poi, l’avvocato Verri gli ha chiesto quanto tempo abbia trascorso in acqua prima di giungere a riva, con evidente intento di ravvisare eventuali ritardi nella macchina dei soccorsi anche da terra, il teste ha detto di non ricordare, ma ha aggiunto che gli è sembrato un tempo lungo «una vita».

Secondo altre testimonianze, come già riferito dal Quotidiano, l’attesa nelle acque gelide di Steccato è stata di tre ore, tanto che un bimbo è morto di freddo, non annegato come la gran parte delle vittime (94, finora, quelle accertate). Ma il naufrago ha aggiunto altri particolari, innanzitutto rievocando il viaggio dei migranti, costretti, dopo essere stati segregati nella safe house, a entrare a testa bassa e rapidamente in un furgone da trafficanti che avevano modi «bruschi». «Erano due camioncini, pensavamo di dover entrare in tutti e due i mezzi e invece ci hanno fatto salire su uno solo».

La consegna dei soldi – lui ha detto di aver pagato 9mila euro – avviene nelle mani di «una persona fidata che libera le somme una volta arrivati i passeggeri, anche se questi non comunicano di essere giunti a destinazione». Il teste ha ricordato anche che i trafficanti hanno realizzato un video con finalità quasi “pubblicitarie”, come ha osservato il gip. Ormai anche la manovalanza degli scafisti viene reclutata tramite social e i video servono a “promuovere” i cosiddetti viaggi della speranza tra i migranti. «Volevano che inneggiassimo all’organizzatore».

Nessuna esitazione quando il teste è stato chiamato a riconoscere i presunti scafisti dal pm che gli mostrava un album; uno lo ha individuato in aula come «una persona che i componenti dell’equipaggio rispettavano, non faceva nulla di particolare se non mangiare, fumare e bere». Alcuni dei presunti scafisti sono stati poi aggrediti quando erano in spiaggia, ha ricordato ancora il teste, da «persone che hanno perso i loro parenti, le forze dell’ordine li hanno divisi». Drammatico anche il momento dell’urto contro la secca, perché il teste era seduto proprio nel punto in cui l’imbarcazione ha colpito qualcosa che ha chiamato “scoglio”. A quel punto il panico ha preso il sopravvento. «Ho visto uno dei capitani rompere il vetro…». «È stata una testimonianza – ha commentato l’avvocato Verri – che ci richiama al valore della vita». Il superstite, che è riuscito a guadagnare la riva pur rimanendo in acqua “una vita”, è ancora indolenzito, il braccio destro gli fa ancora male, ha spiegato, ma è come se fosse rinato.

Si prosegue il prossimo 26 aprile, ma i testimoni sono quasi tutti ripartiti per le mete dell’esodo. Altri due che dovevano essere sentiti ieri sono stati trasferiti in Germania con un charter reperito dalla Prefettura di Crotone, un terzo è irreperibile.

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