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Uno degli arresti nell'operazione Jonica

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CROTONE – Estorsione, usura, riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori aggravati dalle modalità mafiose. Queste le accuse a carico di 10 persone arrestate stamane dagli uomini del Gruppo della Guardia di Finanza di Crotone che hanno anche sequestrato beni per un valore di circa 2 milioni di euro.

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Gli arresti, nell’ambito dell’operazione denominata Jonica, sono stati eseguiti nella frazione San Leonardo di Cutro (Kr), a Petilia Policastro (Kr) e Botricello (Cz). I provvedimento restrittivi sono stati emessi dal Gip del Tribunale di Catanzaro su richiesta della Procura Distrettuale.

I nomi degli indagati

In carcere sono finiti: Felice Falcone, di 70 anni, di Cutro; Albano Mannolo (52), di Cutro; Alfonso Mannolo (83), Cutro; Remo Mannolo (50), di Cutro; Carmine Ranieri (44), di Botricello; Giuseppe Trapasso (35), di Cutro; Fiore Zoffreo (55), di Cutro. Ai domiciliari: Antonio Mannolo (53), di Cutro; Carmelina Mannolo (56), di Cutro. Divieto di dimora in Calabria: Leonardo Mannolo (28), di Cutro. Indagati anche Santino Caterisano (53), di Cutro; Salvatore Giannotti (83), di Sellia Marina; Vincenzo Mercurio (19), di Botricello.

Le indagini

Ci sono decine di estorsioni condotte con metodi mafiosi nei confronti dei villaggi turistici della costa calabrese e delle aziende che vi operavano per manutenzione tra i reati contestati dalla Dda alle 10 persone destinatarie della misure cautelari.

L’indagine è di fatto una prosecuzione dell’operazione Malapianta del maggio 2019 con la quale la Dda di Catanzaro aveva già inferto un duro colpo alla cosca Mannolo-Zoffreo-Trapasso che opera a cavallo tra le province di Crotone e Catanzaro. Al vertice c’è l’anziano boss Alfonso Mannolo (attualmente detenuto in carcere per una condanna a 30 anni nel processo di appello).

La nuova operazione della Guardia di Finanza riguarda una serie di attività criminali, soprattutto estorsioni, commesse dal 2001 al 2018 nei confronti di attività turistiche ed aziende che operavano all’interno di villaggi tra San Leonardo di Cutro e Sellia Marina. Figura centrale, secondo quanto emerge dalle indagini, è il boss Alfonso Mannolo a cui è contestato anche il reato di usura per un prestito di 200 mila euro ad un imprenditore al quale sono stati chiesti interessi
usurari che sono arrivati fino al 120% annuo. Quando l’imprenditore non è riuscito a saldare il debito ha fatto intervenire a sua garanzia un altro imprenditore che ha pagato la somma pattuita cedendo anche un terreno a Legnago (Venezia) del valore di 125 mila euro. Inoltre il boss Alfonso Mannolo, attraverso minacce di morte, ha costretto un imprenditore di Botricello a dargli un immobile. Ad uno dei villaggi turistici di San Leonardo di Cutro dal 2005 al 2017 è stato imposto un canone “estorsivo” di 30 mila euro annui per garantire la tranquillità da parte della cosca. Le estorsioni venivano eseguite anche per mantenere le famiglie dei detenuti. In tal senso Giuseppe Trapasso, con modalità mafiose, tra novembre e dicembre 2020, avrebbe chiesto soldi ad un bar di Cropani (Catanzaro).

L’arresto di uno degli indagati per usura ed estorsione è stato eseguito dalla Compagnia dei Carabinieri di Sellia Marina, a cui uno degli imprenditori vessati si è rivolto per denunciare quanto subito. Contestualmente all’esecuzione del provvedimento cautelare personale, è stata data esecuzione al decreto di sequestro preventivo di beni, finalizzato alla successiva confisca “per sproporzione”, emesso d’urgenza dalla Dda.

Secondo quanto ricostruito nelle indagini, che si sono avvalse anche di intercettazioni, sono coinvolti complessivamente 13 indagati, con 7 ordinanze di custodia cautelare in carcere, 2 agli arresti domiciliari e un divieto di dimora in Calabria. Per quanto riguarda il reato di usura, sarebbero stati applicati tassi di interesse mensile del 10% e del 120% annuo, con gli inquirenti che contestano anche il metodo mafioso. Le vittime che non riuscivano a pagare venivano costrette a cedere anche beni immobili.

Vittime e pentito

Le denunce di due imprenditori vessati dalla cosca e le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Dante Mannolo sono alla base dell’operazione. I due imprenditori hanno raccontato le pretese estorsive per la manutenzione del verde nel villaggio turistico Serené Village che si trova a San Leonardo di Cutro. Denunce suffragate dalle dichiarazioni di Dante Mannolo, arrestato nell’ambito dell’operazione Malapianta, e divenuto successivamente collaboratore di giustizia.

«Per farvi comprendere – ha raccontato Dante Mannolo ai magistrati della Dda – all’epoca di costruzione del “Serenè” si tenne una riunione fra Nicolino Grande Aracri, mio padre Alfonso Mannolo e Zoffreo Leonardo. Mio padre ottenne per sé e la sua famiglia la consegna di un contributo estorsivo mensile di cui vi ho detto, che è stato consegnato anche a mie mani da parte dei titolari del servizio di giardinaggio. Zoffreo e Grande Aracri invece ottennero il versamento della quota estorsiva direttamente dai titolari del villaggi ossia dalla famiglia Maresca per come vi ho già spiegato in altri interrogatori».

Per l’estorsione ai titolari della struttura turistica Leonardo Zoffreo è stato condannato nel processo scaturito proprio
dall’operazione Malapianta. L’operazione Jonica invece ha preso in esame l’estorsione agli imprenditori che si occupavano della gestione del verde nel villaggio dal 2000 al 2017. I due imprenditori hanno raccontato di aver subito ingenti pretese estorsive dalla cosca Mannolo: dagli 800 euro (pagati per 15 anni) ai 1.200 euro al mese chiesti al secondo imprenditore dal 2017 fino all’arresto dei Mannolo.

Il sequestro dei beni

Il provvedimento di sequestro di beni riguarda 4 ditte individuali con sede in provincia di Crotone che operano nel settore della vendita del caffè, nel settore della vendita dei prodotti agroalimentari, nel settore dell’edilizia e nel settore della distribuzione alimentare, ed i loro relativi compendi aziendali; 19 rapporti bancari; 6 beni immobili (un terreno e 5 appartamenti); 6 beni mobili registrati (autovetture).

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