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Luigi Bonaventura

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Crotone, minacce via Tik Tok a due pentiti (uno di ‘ndrangheta e uno di camorra), Bonaventura annuncia iniziative antimafia in città e scattano le intimidazioni


CROTONE – Appena il collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura annuncia che verrà a Crotone per portare la sua “antimafia sociale”, si scatenano le minacce durante le dirette su Tik Tok: prima nei suoi confronti, e poi nei confronti del pentito napoletano Francesco Mazzarella, ex camorrista. Il botta e risposta infuocato ha inizio quando, sulla sua pagina “Luigi Bonaventura Kr”, il collaboratore di giustizia crotonese replica a chi mette in discussione la sua imminente trasferta in città. «Vedrai che non torna».

Bonaventura prova a spiegare il senso della sua iniziativa, volta, come spiega al Quotidiano, a una «sensibilizzazione rivolta ai giovani che sono cresciuti in famiglie di ‘ndrangheta, perché non commettano gli errori dei loro padri». Ed arrivano le minacce dal nick name “luna728”. «Parli tu di rispetto, come hai rispettato tu tutte le persone che hai tradito e ucciso a tradimento, parli da buon samaritano, tanto lo sai che sei un morto che cammina».

‘NDRANGHETA, LE MINACCE ARRIVANO VIA TIK TOK

La cosa più grave avviene durante il battibecco con Massimo Murgeri, fratello di Francesco, il primo assolto nel processo Herakles, il secondo condannato per associazione mafiosa e altro. Entrambi sono stati tirati in ballo dal pentito crotonese, condannato quale “organizzatore” dell’omicidio di Dino Covelli, assassinato nel dicembre 2000, ma sono stati scagionati per il fatto di sangue. Massimo Murgeri contesta a Bonaventura di aver accusato ingiustamente il fratello, tra l’altro, di avere trafficato in droga. E quando Mazzarella interviene a difesa di Bonaventura, affermando che sarà con lui a Crotone, al suo fianco, Massimo Murgeri commenta: «Tu vieni e io ti dico che con le mie mani ti sfondo la testa, vediamo quanto vali, è una promessa, lui sa che le mantengo». Il fuoco di fila prosegue. “Mizzoturo”, altro nick name, afferma: «la buonanima di Luigi Bonaventura, il vestito ce l’hai?». Un macabro riferimento alla vestizione delle salme.

Mazzarella sta predisponendo una denuncia. Bonaventura, invece, non denuncerà perché, a suo avviso, «non serve più». E se si osserva che potrebbe essere pericoloso tornare nella città in cui è stanziata la famiglia di ‘ndrangheta della quale ha fatto arrestare boss e gregari, indicando anche i nomi dei “riservati”, gli esponenti della cosiddetta borghesia mafiosa crotonese, lui ricorda che da dieci anni è senza alcuna tutela.
«La mia protezione sono io». Sullo sfondo, resta un paradosso: la revoca del programma di protezione dal 2014 per Bonaventura. I suoi familiari, come già riferito dal Quotidiano, hanno dovuto fare ricorso al Tar del Lazio per essere riammessi al programma, proponendo un ricorso contro il provvedimento della Commissione centrale del ministero dell’Interno che aveva revocato la protezione nonostante i pareri della Dda di Catanzaro e della Dna favorevoli alla proroga, considerati anche gli impegni processuali e la necessità di salvaguardare l’incolumità sua e dei congiunti.

NASCE L’ASSOCIAZIONE “SOSTENITORI DEI COLLABORATORI E TESTIMONI DI GIUSTIZIA”

Ma lui non demorde, ha fondato l’associazione “Sostenitori dei collaboratori e testimoni di giustizia” e ha un progetto di “antimafia sociale”. «Voglio fare il cittadino. Sono un uomo libero, ho pagato il mio conto con la giustizia, non mi sono mai sottratto a interrogatori e testimonianze eppure non ho la scorta. Tutto quello che faccio è volontariato, ma lo faccio con il cuore. Non verrò a Crotone per sfidare o provocare nessuno, ma per scuotere le coscienze perché amo la mia terra e sogno un riscatto sociale».

Un riscatto anche per i figli degli ‘ndranghetisti, e forse è questo l’aspetto che più infastidisce qualcuno. «Sono fiero di mio figlio Nemo che è il curatore della parte rivolta ai giovani di questo progetto, con le dirette sui social “Striscia l’antimafia” – dice Bonaventura – E vorrei venire a Crotone – annuncia – per portare un messaggio di speranza ai giovani, invitare nipoti e pronipoti delle famiglie di ‘ndrangheta a uscire dalle faide, correggere l’immagine dei collaboratori di giustizia che si ha in certi ambienti. Non sono “bugiardi” né “tossici”. È l’unico modo per spezzare questa catena».

Intanto, i soci di “Sostenitori dei collaboratori e testimoni di giustizia” continuano a ricevere messaggi intimidatori in privato. Un certo “El Chapo” annuncia a una componente dell’associazione, etichettata con epiteti irriferibili, che se non starà “muta” sarà “prelevata”, e se andrà dai carabinieri sarà “ancora peggio” perché la faranno “sparire”. Benvenuti su Tik Tok.

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