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Hong Kong

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CUTRO – Che giri strani, facevano, passando pure da Hong Kong, per giustificare l’acquisto di un terreno adiacente al villaggio turistico Porto Kaleo che interessava alle cosche. E se ne parla in almeno un paio di processi, quello contro il clan Mannolo di San Leonardo di Cutro e quello contro il cardiologo Alfonso Sestito, ritenuto terminale economico del boss Nicolino Grande Aracri.

La Guardia di finanza di Crotone ha accertato che un bonifico di 400.000 euro fu disposto da un certo Amedeo Chari, personaggio mai avvistato dai radar investigativi cutresi, tramite la filiale di Hong Kong della banca HSBC.

L’operazione, i finanzieri ne stanno riferendo nei processi, è presumibilmente riferibile al finanziamento a medio e lungo termine di terzi, in assenza di addebiti a favore di Chiari. Nessun rimborso del bonifico, che fu disposto a favore della Camelia srl. Ma andiamo con ordine.

Nel 2012, anno successivo alla scarcerazione del boss Nicolino Grande Aracri, quello che da poco è divenuto collaboratore di giustizia, vengono costituite due società che vedono nella loro compagine Alfonso Sestito, il cardiologo – già sospeso dal Policlinico Gemelli di Roma dopo l’arresto per concorso esterno in associazione mafiosa nell’operazione Thomas – sua moglie Giancarla, il fratello del capocosca, l’avvocato Domenico Grande Aracri, la moglie di questi, l’avvocato Pina Arabia.

Parliamo di Camelia e Domus re consultin, sequestrate nell’inchiesta della Guardia di finanza di Crotone e della Dda di Catanzaro. Società deputate, per la Dda di Catanzaro, all’acquisizione di complessi immobiliari anche grazie alle “entrature” dell’avvocato negli ambienti del Tribunale di Crotone; ma anche all’amministrazione di villaggi turistici. Ne parla anche il pentito Dante Mannolo, figlio di Alfonso, vertice dell’omonima cosca stanziata nella frazione San Leonardo.

In particolare, tra il villaggio Porto Kaleo e il residence (amministrato dalla moglie dell’avvocato) c’è «un terreno acquisito dall’avvocato Domenico Grande Aracri» (fratello incensurato del boss Nicolino, ndr) e l’acquisto, per circa 400mila euro, effettuato all’asta presso il Tribunale di Crotone, fu «finanziato dalle quattro famiglie di San Leonardo e dalla famiglia Grande Aracri»; «ogni famiglia ha immesso 50, 60mila euro e furono erogati da mio padre cui furono date le quote di ciascuno di noi», spiega il pentito che, personalmente, investì 14mila euro nell’affare.

L’altra metà l’avrebbero messa i cutresi, i Grande Aracri cioè. Come spiega bene durante i processi in cui si è costituito parte civile, l’imprenditore lametino Giovanni Notarianni, titolare di Alberghi del Mediterraneo che gestiva il villaggio Porto Kaleo, lui era nella morsa dei cutresi e dei sanleonardesi. Alfonso Mannolo che pure gli impose un racket ultraventennale tendeva ad accreditarsi come il mafioso “buono” in antitesi ai cutresi “cattivi” che a un certo punto volevano anche ammazzarlo.

Ma torniamo alle rivelazioni del pentito, che saprebbe anche che «l’asta era pilotata» e che «l’investimento era finalizzato alla vendita a prezzo superiore o alla costruzione di un villaggio». Sono elementi d’indagine ormai confluiti nei processi in corso rispetto a cui il nuovo pentito – a meno che il super boss venga ritenuto attendibile – potrebbe dire cose nuove. Per esempio quali erano gli agganci nei Tribunali per pilotare le aste.

E come la cricca arrivò a Chiari, vicino all’imprenditore Luciano Pedercini, amministratore di Camelia e ritenuto vicino a sua volta all’avvocato Grande Aracri.  L’acquisto avvenne per mezzo di procura notarile a favore della moglie dell’avvocato, preparata in fretta e furia dall’amministratore della società, Pedercini appunto, come emergerebbe da una conversazione captata lo stesso giorno dell’asta.

«Serve con una certa urgenza oggi una procura speciale notarile che incarichi Pina Arabia alla partecipazione all’asta di oggi», chiedeva l’avvocato Grande Aracri a Pedercini, che si metteva a disposizione: «se mi mandi il testo, il notaio ce l’abbiamo». Pedercini (lo assisteva l’avvocato Grande Aracri) era uno degli imputati del processo “Pietra preziosa”, a carico dei presunti predoni del Nord, che nel febbraio 2013 si concluse con una raffica di assoluzioni e prescrizioni, mentre sono svaniti nel nulla 13 milioni di contributi pubblici versati per le aziende fantasma dell’area industriale di Cutro.

«L’acquisto del terreno – era detto in un’informativa – è un’altra circostanza che conferma l’interesse della consorteria ad entrare in possesso della struttura turistica Porto Kaleo. Come non considerare che la società che si è aggiudicata la vendita all’incanto dei beni ricadenti nell’hotel villaggio, la Camelia srl, annovera tra i soci Domenico Grande Aracri, fratello del boss Nicolino che aveva tentato di impossessarsi di fatto del bene usando le “maniere dure” e cioè perpetrando la tentata estorsione alla proprietà?». Sappiamo che il boss alla fine fu pure assolto, ma chissà se su questo sarà in grado di fornire elementi nuovi.

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