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Domenico Grande Aracri

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CUTRO (CROTONE) – Il gup distrettuale di Catanzaro Paola Ciriaco ha respinto la richiesta di revoca del proscioglimento dell’avvocato Domenico Grande Aracri, fratello del boss Nicolino Grande Aracri, dall’accusa di associazione mafiosa.

Domenico Grande Aracri era stato prosciolto all’udienza preliminare scaturita dall’inchiesta che nel gennaio 2015 portò all’operazione Kyterion. Secondo l’impianto accusatorio, l’avvocato sarebbe la mente affaristica del clan con particolare riferimento agli investimenti immobiliari della consorteria, anche al Nord, e al controllo dei villaggi turistici.

In particolare, la richiesta avanzata dal pm Antimafia Domenico Guarascio è stata ritenuta dal giudice priva di elementi di novità dal punto di vista probatorio, in accoglimento della tesi difensiva dell’avvocato Gregorio Viscomi.

E’ il procedimento nell’ambito del quale la Dda di Catanzaro aveva depositato la relazione sull’inattendibilità della collaborazione con la giustizia da parte di Nicolino Grande Aracri che, una volta smascherato, con una lettera avvisava i familiari informandoli che «la farsa è finita».

Nello stesso procedimento erano state depositate le dichiarazioni del mammasantissima il cui pentimento, a quanto pare “farsa”, dunque, aveva fatto tremare i palazzi del potere perché era il vertice indiscusso di una nuova “provincia” di ‘ndrangheta che comandava su mezza Calabria, parte dell’Emilia e della Lombardia e si era infiltrata nella politica, nell’economia, nelle istituzioni.

Le sue prime “cantate” sono apparse inattendibili, però, proprio perché, secondo la Dda, il boss tendeva a “salvare” i familiari coinvolti in inchieste sul sodalizio di ‘ndrangheta da lui capeggiato. La Dda contesta le conclusioni a cui è giunto il giudice e ha già proposto ricorso per Cassazione valorizzando le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che si sono pentiti successivamente al proscioglimento del legale risalente al 2016, e tra questi gli ex affiliati Antonio Valerio, Giuseppe Liperoti, Salvatore Muto, ma anche le dichiarazioni di testimoni di giustizia come l’imprenditore lametino Giovanni Notarianni, titolare del villaggio turistico Porto Kaleo, per decenni sottoposto al racket delle cosche Mannolo e Grande Aracri. Dichiarazioni da cui emergerebbe il ruolo apicale svolto dal professionista nella consorteria criminale.

L’avvocato Grande Aracri è stato coinvolto anche nell’inchiesta che ha portato all’operazione Farma Business, già approdata in aula: per lui la pena richiesta è di sei anni di reclusione in quanto avrebbe fittiziamente attribuito capitali serventi la costituzione e il controllo del consorzio Farma Italia, secondo l’accusa riconducibile alla cosca.

Il professionista è stato già assolto da accuse di armi per le quali era stato arrestato (e successivamente scarcerato) nell’operazione Aemilia, che scattò parallelamente all’operazione Kyterion, e la Dda di Bologna non impugnò la decisione.

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