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Luca Alberto Valentino

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PETILIA POLICASTRO – Otto minuti. Tanto sarebbe durata la “convocazione” di Luca Alberto Valentino, attirato in una trappola nella spettrale contrada Cavone Grande, nella frazione Pagliarelle di Petilia Policastro, e ucciso con un colpo di pistola alla tempia, sparato a brevissima distanza (LEGGI).

Per l’omicidio commesso l’11 luglio 2019 i carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Domenico Bruno, 50enne presunto affiliato alla cosca petilina essendo imputato nel processo col rito ordinario scaturito dall’operazione Eleo. Otto minuti di “convocazione” e poi l’omicidio, compiuto presumibilmente tra le 19.54 e le 20.02 di quella sera di luglio di tre anni fa.

Indagato anche Pierluigi Ierardi, nei cui confronti il gip distrettuale di Catanzaro Chiara Esposito ha respinto la richiesta di misura cautelare avanzata dai pm Antimafia Domenico Guarascio, Paolo Sirleo e Pasquale Mandolfino. Anche Ierardi fu coinvolto nell’operazione Eleo: al processo deve rispondere anche dell’omicidio dell’allevatore Massimo Vona.

Il gip ha escluso le aggravanti dell’agevolazione della cosca e della premeditazione a carico di Bruno, “incastrato” dai filmati della videosorveglianza e dalla localizzazione satellitare da cui si evincerebbe che l’indagato avrebbe concordato con la vittima un appuntamento in una stradina di campagna.

L’auto di Valentino, una Fiat “Panda”, e quella di Bruno, una Fiat “Multipla”, avrebbero sostato otto minuti circa dopo essersi avviate insieme, lungo un tragitto di circa un chilometro, in quella stradina, in una località isolata. A pochi metri dal veicolo di Valentino fu poi rinvenuto da un allevatore il corpo senza vita. L’auto dell’indagato si sarebbe poi diretta dal luogo del delitto verso il centro abitato di Pagliarelle. Itinerari scolpiti nei filmati della videosorveglianza, e se alle caratteristiche fisiche di Bruno si è potuti, dal punto di vista degli inquirenti, risalire, così non è stato per quanto attiene alla posizione di Ierardi in quanto soltanto una sagoma in penombra e il particolare di una mano si notano nelle immagini.

Ad aggravare la posizione di Bruno un’intercettazione nel corso della quale, dopo aver letto un articolo su una possibile svolta nelle indagini sull’omicidio, l’indagato direbbe: «sparite, sentimi a me, che abbiamo il fermo stanotte, vediamo che succede stasera, io dico che la cosa è imminente, se non è stanotte vengono e mi arrestano a me domani, m’hannu vistu a chillu omicidiu».

Agli atti dell’inchiesta anche un incontro, avvenuto l’8 marzo 2019, di Valentino col boss di Papanice Domenico Megna, nella cui casa si sarebbe trattenuto per una cinquantina di minuti anche se, secondo la lettura del gip, non si evincerebbe che la vittima abbia in qualche modo contrastato i voleri della cosca. Valentino nel 2017 avrebbe già subito un atto intimidatorio.

Inoltre, secondo quanto riferito agli inquirenti dall’ex moglie della vittima, il giorno del battesimo di sua figlia rimase fuori da un ristorante a parlare tutta la serata con uomini dei clan, tra i quali lo stesso Ierardi. Intanto Bruno, assistito dagli avvocati Giovambattista Scordamaglia e Francesca Buonopane, si è avvalso della facoltà di non rispondere.

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