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CUTRO (KR) – I tassi usurari potevano lievitare fino al 210% in tempo di pandemia, quando la crisi mordeva ancora di più gli imprenditori. Per questo i carabinieri della Compagnia di Crotone hanno arrestato Carlo Verni, 55enne cognato di Vito Martino, storico componente del gruppo di fuoco della cosca Grande Aracri, da qualche tempo trasferitosi a Catanzaro, il quale avrebbe “strozzato” il gestore di un mobilificio di Sellia Marina, e Paolo Fiorentino, 56enne catanzarese, che, insieme alla convivente Simona Spigno, 54enne, avrebbe vessato lo stesso mobiliere ma anche un altro imprenditore operante nel capoluogo calabrese.

Gli indagati avrebbero approfittato delle difficoltà in cui versavano le vittime nell’anno del lockdown. Il gip distrettuale di Catanzaro Antonio Battaglia, accogliendo in parte le richieste del sostituto procuratore Paolo Sirleo, ha disposto gli arresti domiciliari per i due uomini escludendo l’aggravante mafiosa per Verni, nonostante la sua parentela pesate fosse “nota” alla vittima, come è detto nel capo d’accusa.

Carlo Verni

Tre gli episodi usurari contestati. In particolare, Verni si sarebbe fatto promettere e dare mensilmente, a fronte di un prestito di 1000 euro, interessi mensili di 150 euro, quindi al 15%, con un tasso annuale del 180%. Fiorentino, che alla vittima aveva prestato 4000 euro, pretendendo interessi per 700 euro, quindi del 17%, avrebbe così applicato un tasso annuale del 210%. A fronte di un prestito di 100 euro, che veniva rinnovato alle stesse condizioni, i due conviventi avrebbero invece imposto tassi settimanali del 25% a una seconda vittima. Le indagini traggono spunto dalla denuncia dell’esercente di Sellia Marina, titolare di un negozio di arredamento.

«Vivo questa situazione come un incubo e spero possa finire presto – ha detto l’uomo ai carabinieri – ho timore per me, la mia famiglia, la mia attività commerciale, so che c’è una legge “salva suicidio” e tramite il mio avvocato sto tentando di ottenere un prestito, non ho denunciato esclusivamente per timore di ritorsioni, mi preoccupa molto l’appartenenza mai nascosta di Verni alla cosca Grande Aracri». Del resto, quando l’imprenditore non riusciva a pagare la rata in tempo, Verni avrebbe fatto riferimento al fatto che doveva pagare l’avvocato per i processi in corso svelando di essere il cognato dell’ergastolano Martino. Sarebbe stato Fiorentino a presentargli Verni, che acquistò una cucina da 2000 euro e subito dopo ordinò una camera da letto per la quale versò una caparra che l’imprenditore dovette restituire per problemi aziendali. Fu in quella circostanza che l’uomo confessò a Verni il suo stato di bisogno e da lì sarebbe iniziato il calvario.

Paolo Fiorentini

Dopo qualche giorno Verni si presentò a casa sua con 1000 euro in contanti che gli prestò imponendo interessi mensili di 150 euro. Ma al negozio si sarebbe presentato anche più di una volta al mese. In un caso scontò il prezzo di un divano da 500 euro dalla quota di interessi e, a quanto pare, non faceva mistero di avere parenti in carcere per reati di una certa caratura criminale. Per il gip le dichiarazioni della vittima sono «lineari e coerenti», ma a queste si aggiunge il tenore delle conversazioni intercettate dai carabinieri, dai «toni seccati e perentori» che testimonierebbero la condizione di «assoluta sudditanza» della vittima. «Rispondi a questo telefono, ti sto chiamando da 20 giorni…a me ancora il reddito niente… il patronato dice che non ci ha soldi e stanno ritardando». Il riferimento è al reddito di cittadinanza, col quale, forse, l’indagato arrotondava i proventi dell’usura poiché, sempre dalle intercettazioni, parrebbe che le vittime fossero più di una. Da quando si era trasferito a Catanzaro, il parente del killer dei Grande Aracri, forse, si dava all’usura. «È brutto senza soldi, mai sono rimasto senza soldi, da uno avanzo 1100 euro, da un altro 400, da un altro 700, un altro 500…quello del mobilificio mi deve dare 900 più 300 e sono 1200…mi dà gli interessi ogni mese, 150 su 800… ma li chiamo e non ti risponde». Le videoriprese eseguite dai carabinieri documenterebbero pure la dazione di appena 25 euro. «Hai detto che venerdì… gli devo pure pagare l’affitto». «Non tengo niente, tiè». Ma Verni era comunque arrabbiato. «Lo devo ammazzare, nemmeno i soldi della nafta mi ha dato», avrebbe detto durante un altro brano intercettato. Lo stesso imprenditore sarebbe finito anche nelle grinfie di Fiorentino. «Paolo, per il momento sono fermo, vediamo questo fine settimana che devo fare un montaggio, a questo gli è morto la cognata». Prendeva tempo, il mobiliere, ma c’è tutta una serie di conversazioni da cui si ricava che i conviventi erano intenzionati a recuperare a tutti i costi il denaro. «Mi sono quasi appiccicato con… mi ha detto domani sera, che ho un bel gruzzoletto… domani si deve stringere».

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