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Una clip di video di Tony Lena

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CIRÒ MARINA (KR) – Le canzoni sul carcere non sono una novità, nel genere neomelodico, così come di stornelli sui carcerati è piena la mala musica anche in Calabria. Ma il singolo di Tony Lena, 24enne cantante di Cirò Marina, è una chicca, a suo modo.

Ben 72mila visualizzazioni su YouTube per “Figli da gente”, che addirittura anticipa l’uscita di un film: lo sta girando il regista Pasquale Giordano sul set cirotano, dove è ambientato il videoclip. Tra i vicoli e il litorale di Cirò Marina spuntano pistole e scene di spaccio e scatta un blitz della polizia.

L’incipit sembra strappalacrime, “simm nati ccà, sotto ‘nu cielo assai sfortunato, addò si campa ccù niente”, ma si capisce subito chi sono i “figli da gente”, quelli di cui chi canta si fa portavoce. “Chi fa chesta vita già ‘o ssape ca se fa ‘nu sbaglio perde ‘a libertà”. I “figli da gente” sono, infatti, quelli che “rischiano ‘a vita ppe chesta città, chi ha perso ‘nu pate, chi aspetta nu frate ca sta carcerato e vo turnà ad abbraccià”.

C’è pure un inno al Welfare delle mafie che aiutano chi non ce la fa a sbarcare il lunario, tant’è che la polizia irrompe mentre i bravi ragazzi contano banconote e brindano in un lussuoso salotto. “Damme na mano a chi nun riesce a campà”. Ecco chi sono i “figli da gente”. “Chi nun sa ridiri, chi ‘a notte non duorme  ‘ccu chella paura ca so vanno a piglia”. È un leit motiv facile da decriptare. Si comincia con una descrizione della sofferenza dell’imputato detenuto, si narrano le gesta dei “figli da gente” e mentre scorrono le note e le parole di Tony Lena si sentono sventagliate di proiettili che anticipano i titoli di coda.

A parte la regia di Eugenio Gentile, il testo e la musica di Moschetto e Mezzo, colpisce che l’autore del mixaggio sia Giacomo Curto, una vecchia conoscenza del famigerato genere. È lo stesso, per fare un esempio, di “Pp’è guagliune e l’Aemilia” di Gianni Live, che proprio il Quotidiano smascherò all’indomani della pubblicazione su YouTube, quando aveva appena 100 visualizzazioni e che dopo l’uscita di un articolo su queste colonne dovette annullare una serie di serate in Emilia. È appena il caso di ricordare che il processo Aemilia è il più grande contro le mafie mai celebrato al Nord. E che alcuni mesi prima, in primo grado, ma questo è soltanto il filone del rito ordinario, erano state inflitte pene per circa dodici secoli (ridotti a poco più di 700 in Appello) dai giudici di Reggio Emilia, epicentro della piovra con testa a Cutro.

Parliamo della super cosca sgominata, nel gennaio 2015, con una manovra a tenaglia eseguita da ben tre Dda – quelle di Bologna, Brescia e Catanzaro – già sfociata in processi sparsi in mezza Italia per oltre 300 persone accusate di aver fatto parte di un’organizzazione criminale, quella capeggiata dal boss di Cutro Nicolino Grande Aracri, che comandava su mezza Calabria, parte dell’Emilia e della Lombardia.

Una «multinazionale del crimine», altro che «strunzat’», come cantava Gianni Live, che, dopo il clamore suscitato dalla vicenda, in un’intervista al Quotidiano ammise di aver fatto «la più grande c…ata della mia vita». Ma il suo arrangiatore ci riprova e si sposta sul set della mega operazione Stige, con cui fu sgominata la cosca Farao Marincola: nel gennaio 2018 con 170 arresti fu decapitata un’organizzazione criminale che aveva ramificazioni nel Nord Italia e in Germania e si era infiltrata nella politica e nell’economia; nei due mega processi che ne sono scaturiti finora sono state comminate pene per oltre un millennio di carcere. “Nui ca simm crisciuti ppe strade ‘e Cirò Marina…”

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