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L’abbraccio tra il sindaco di Cutro, Antonio Ceraso, il parroco Davide Fiore e l’imam Mustapha Ashik davanti alle bare

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CUTRO (CROTONE) – Sta in quell’abbraccio tra il sindaco di Cutro, Antonio Ceraso, il parroco Davide Fiore e l’imam Mustapha Ashik dinanzi alle sei bare senza nome, di cui una di un bimbo di otto anni, il senso della giornata di ieri al cimitero delle Serre, dove sono state inumate, secondo il rito musulmano, le vittime non ancora identificate del tragico naufragio avvenuto nella frazione Steccato il 26 febbraio scorso. Subito dopo quell’abbraccio, l’imam si immerge in una preghiera e il sindaco bacia le bare ad una. Su quella bianca, la prima ad essere sepolta, c’è scritto “KR82M”, Chissà se qualcuno verrà mai a reclamarla. La sigla, è orrendo ma è così, serve perché i dati sono archiviati dalla polizia scientifica che conserva i reperti per un eventuale riconoscimento.

Poche ore prima che iniziasse il mesto rito, era stata rinvenuta, sulla spiaggia di Praialonga, la vittima numero 94, un giovane di corporatura robusta di 30, forse 35 anni. Il corpo restituito dalla risacca lo ha notato una donna che passeggiava con sua figlia e ha dato l’allarme. La salma resta nella camera mortuaria insieme a un’ulteriore salma che non è stata ancora inumata perché presto potrebbe venire riconosciuta.

Niente più riflettori dei media di tutto il mondo, per le sepolture musulmane di Cutro, dopo l’escalation delle prime settimane. Niente più riflettori, a differenza delle 300 testate giornalistiche accreditate per seguire il mediatico Consiglio dei ministri del 9 marzo scorso. Niente autorità provenienti dal resto della provincia e dal resto d’Italia. Soltanto la giunta comunale al completo e una pattuglia dei carabinieri della Stazione locale. E quando arriva una coppia di mezza età per rendere omaggio ai propri cari chiede al cronista cosa sta accadendo. «Ah, i morti del mare, allora andiamo a salutare», dice la donna. Eccola, la gente di Cutro, che poco a che fare con i contenuti di quello che viene chiamato “decreto Cutro”. Lo spiega bene il sindaco Ceraso. «L’accoglienza fa parte del nostro Dna, i nostri nonni emigravano per un futuro migliore, le povere vittime del naufragio lo hanno fatto per disperazione». Ma quei “riflettori”, come li chiama, il sindaco chiede che «restino ancora accesi, perché le ricerche devono ancora continuare e speriamo che riemergano presto le altre vittime».

Ceraso ha adibito un’ala del cimitero periferico nella località Serre alle sepolture musulmane. L’imam da giorni spiega a tecnici comunali e alla ditta di pompe funebri incaricata le modalità con cui vanno inclinate le salme, con la testa rivota alla Mecca. Ashik si aiuta col telefono cellulare che localizza la posizione dell’Arabia Saudita e precisa come va posizionato il terriccio all’interno delle sei buche fatte il giorno prima. Subito dopo, un momento di raccoglimento alla fontana marocchina e alla moschea di Cutro. Sono 300 i marocchini di Cutro, una comunità ben integrata. «Presto – annuncia Ceraso – avverrà il gemellaggio con tre città del Marocco, non lo abbiamo fatto nei mesi scorsi soltanto per problemi burocratici ma questa comunità è molto benvoluta a Cutro e da tempo ci sono scambi culturali».

Cutro città accogliente, dunque. Cutro «capace di soffrire con i naufraghi e per questo intenzionata a dare degna sepoltura alle vittime», dice ancora il sindaco. Per arrivarci, però, al cimitero delle Serre, dal capoluogo comunale è una gimkana tra pendenze inverosimili e buche grandi come crateri. Meglio per chi viene da Crotone e taglia dalla strada del Petilino. Un’avvertenza per chi vorrà salutare le vittime non identificate della strage di Cutro.

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