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Non solo grano, frutta e pomodoro: l’agricoltura del Sud punta anche sui fiori. Oggi c’è un tesoretto da 300 milioni da spendere per arricchire di verde l’Italia. La transizione ecologica passa infatti anche dagli investimenti nelle piante.

Un’azione strategica per combattere l’inquinamento, per mitigare i cambiamenti climatici e mettere benzina nel motore dell’economia.

Il florovivaismo genera infatti un giro di affari di circa 2,7 miliardi e dà lavoro diretto a 100mila addetti che superano i 200mila nella filiera. E vanta poli rilevanti nel Sud.

LA COMPETIZIONE

Dalla Sicilia, specializzata nelle piante mediterranee esportate in tutto il mondo, passando per la Campania e fino alla Puglia (con il rinomato centro di Terlizzi) e alla Calabria, in prima linea nella produzione di fiori recisi.

Un settore che ha pagato una bolletta pesante di 1,7 miliardi all’emergenza Covid.

Ora ci sono le premesse per la rinascita. Nel Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) c’è infatti uno stanziamento specifico per creare “boschi” urbani, mentre già si vedono i segnali di recupero dell’export che nei primi tre mesi dell’anno è cresciuto del 33%.

Una grande bellezza del made in Italy, simbolo della sostenibilità e della svolta green, che rappresenta anche un’opportunità per spingere l’economia. Ma le produzioni nazionali devono superare molti ostacoli: il primo è la concorrenza di alcuni Paesi europei, ma soprattutto di quelli terzi.

Una competizione in termini di costi (spesso in quelle aree il lavoro è pagato pochi spiccioli), di modalità produttive (in Italia occorre rispettare rigidi disciplinari sull’uso dei fitofarmaci) e di rapporti con la distribuzione. I prezzi riconosciuti ai produttori sono insufficienti per far fronte ai costi. E così troppi fiori e piante stranieri inondano il Paese con il rischio di importare anche elementi patogeni. La Xylella insegna.

Bisogna dunque cogliere le nuove sfide che il Pnrr e il mercato lanciano. Da un lato le disponibilità finanziarie, dall’altro la domanda crescente di verde.

Secondo un’indagine di Coldiretti/Ixe’ il 47% degli italiani considera infatti l’inquinamento dell’aria la prima emergenza. Da qui la richiesta di interventi strutturali per ripensare lo sviluppo delle città e favorire la diffusione del verde pubblico e privato. I boschi cittadini potrebbero offrire un contributo importante all’eliminazione delle pericolose polveri sottili che assediano tutte le città italiane dal Nord al Sud.

Basterebbe poco per attenuare l’effetto afa di queste torride giornate di fine giugno o per rendere meno rigidi gli inverni: è stato infatti calcolato che 12 aceri assorbono la CO2 emessa da una macchina di media cilindrata che percorre diecimila chilometri in un anno.

LE OCCASIONIDI RILANCIO

In Italia ogni abitante, evidenzia lo studio Coldiretti, dispone in città solo di 33,8 metri quadrati di verde urbano, ma va peggio a Messina con poco più di 15 metri quadrati o a Bari con 9,2 e Roma con 17,1. Occorrerebbe dunque una robusta cura per tentare di arginare i disastri dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici. Con una ricaduta economica di rilievo. L’Italia è l’unico Paese che, così come nelle produzioni alimentari, è in grado di offrire un “campionario” completo di piante e fiori.

Ora poi con la ripresa degli eventi, delle cerimonie e soprattutto dei matrimoni, per il florovivaismo scatta l’ora della rinascita. I progetti sono pronti.  Con l’iniziativa “Bosco vivo e foreste urbane” messa a punto da Coldiretti e Federforeste nell’ambito del Recovery Plan è possibile piantare in Italia 50 milioni di alberi nei prossimi cinque anni nelle aree rurali e metropolitane.

E si può cogliere l’attimo (forse non fuggente) della riscoperta di giardini e balconi fioriti.  Una “fame” di verde e colore dopo i giorni bui della pandemia. E così, anche per effetto del Covid, è aumentata al 68% la percentuale di italiani a caccia di piante (ornamentali o da frutto).

La ricerca di natura, secondo l’indagine Ixe’ /Coldiretti, si manifesta anche nella scelta delle prossime vacanze con tre milioni di italiani che si indirizzano verso riserve e oasi naturalistiche. E ancora una volta le strade portano al Sud ricco di borghi marini e montani, spesso incontaminati.

Insomma, è davvero il momento giusto per avviare una nuova politica in favore del florovivaismo che potrebbe svolgere un ruolo di apripista – dice il segretario generale della Coldiretti, Vincenzo Gesmundo – per altri settori strategici dell’agroalimentare italiano. È cambiata anche l’attenzione delle istituzioni.  Il settore ha incassato sostegni come la decontribuzione ed è stato autorizzato anche nel lockdown più severo a proseguire l’attività produttiva e di vendita».

Per Mario Faro, titolare dell’omonima impresa operante in Sicilia, la vera opportunità è fare sistema, perché solo così si potrà da un lato rafforzare l’export «che è un privilegio, ma anche un impegno complesso» e dall’altro puntare sulla domanda interna. Fondamentale, poi, il ruolo della ricerca e delle assicurazioni. Con i cambiamenti climatici oggi le imprese devono fare i conti con gelo e siccità oltre che con problemi fitosanitari e gli operatori chiedono uno strumento assicurativo ad hoc. Priorità ai controlli soprattutto sul fronte dell’export, ma anche all’interno presso i garden center per stanare il sommerso che mette in ginocchio chi rispetta le regole fiscali e del lavoro».

SOSTEGNI E OBIETTIVI

Un sostegno potrebbe arrivare dalla Politica agricola comune e dallo Sviluppo rurale con punteggi premianti. Ma vanno anche messe al bando le pratiche sleali.

«Il settore florovivaistico – dice il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini – tra i più colpiti dalla pandemia, sta dimostrando una grande capacità di resilienza ed è fra quelli che si stanno riprendendo più rapidamente con una forte domanda anche dall’estero».

Per Prandini bisogna puntare su ricerca, formazione (perché senza personale specializzato è difficile applicare l’Agricoltura 4.0), internazionalizzazione e logistica. Anche per i fiori, infatti, la competitività si gioca sulla capacità di raggiungere velocemente e a costi contenuti i grandi i mercati europei e mondiali.

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