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Ennio Simeone durante una riunione di Redazione al Quotidiano della Calabria

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Schivo e riservato, complicato trovare sue foto, ha accettato di farsi intervistare per rievocare la storia del Quotidiano della Calabria e le trasformazioni del giornalismo contemporanei.

Ennio Simeone che ha formato grandi giornalisti italiani (Antonio Polito e Marco De Marco tanto per citarne qualcuno) è stato dopo il fondatore Pantaleone Sergi nel 1995, il secondo direttore del Quotidiano. Con lui il Quotidiano della Calabria, decollò e cominciò a volare.

Diresse il giornale per 10 anni dal 1997 al 2007. Un decennio indimenticabile per chi lo ha vissuto, anche per l’autore di questa intervista. Simeone ci racconta dell’entusiasmo che trovò in Calabria, frequentando giovani cronisti e nuovi editori.

Ma il primo ad aver ancora tanto entusiasmo per questo nostro mestiere ed a trasmetterlo ai suoi redattori e corrispondenti calabresi, era proprio lui, giornalista sessantenne e in pensione solo sulla carta. Tuttora, Simeone continua a scrivere e informare i cittadini, per sola passione civile e giornalistica dirigendo l’Altro quotidiano. 

Direttore che ricordo ha della sua esperienza al Quotidiano della Calabria?

«Il ricordo di una singolare ma sempre più entusiasmante avventura. Singolare perché propostami dall’editore Carlo Caracciolo, appena un mese dopo che ero andato in pensione (traguardo raggiunto avendo compiuto 60 anni da direttore del Tirreno, edito dal suo Gruppo editoriale), dopo 42 anni di una attività giornalistica iniziata come corrispondente dell’Unità (organo del Partito comunista) dalla mia città di origine, Avellino, e proseguita in altre regioni con altre testate.

Entusiasmante perché il compito affidatomi era quello di rispondere alla richiesta di un gruppo di giovani che in Calabria avevano avviato da alcuni mesi una iniziativa editoriale, appunto: Il Quotidiano della Calabria, ma, trovatisi in difficoltà anche per inesperienza, avevano lanciato un Sos al grande editore di Repubblica e di una catena di giornali regionali, per avere un aiuto nel proseguire nell’impresa, magari partecipandovi.

Insomma il mio era un compito “esplorativo” di 4 o 5 mesi per valutare le effettive potenzialità di quella impresa, magari individuando anche qualche figura di imprenditore locale interessato a parteciparvi.

“L’esperienza al Quotidiano della Calabria? Una singolare ma sempre più entusiasmante avventura…”

Mi mossi con entrambi gli obiettivi ricalibrando progressivamente il giornale nella forma (liberandolo dalla patina di settarismo politico che un po’ l’offuscava) e nella sostanza, ma facendo leva sulla passione della squadra di giovani giornalisti e di tenaci e bravi corrispondenti dai territori oltre che sui giovani ed entusiasti gestori del settore editoriale. 

Inoltre, individuai l’imprenditore che potenzialmente potesse diventare il braccio operativo dell’editore Caracciolo, incoraggiando a lanciarsi nell’impresa la persona che con entusiasmo mi si era proposto per questo tipo di ruolo: Francesco Dodaro. 

Nel mio lavoro profusi le esperienze professionali che avevo accumulato negli oltre 40 anni di lavoro in varie regioni italiana: dalla mia Campania (come corrispondente provinciale da Avellino, prima, e come cronista e poi capocronista a Napoli, e ancora come vice direttore del Giornale di Napoli), all’Abruzzo (come inviato regionale), a Roma (come caposervizio Attualità interni ed esteri, poi caporedattore, fino a vice direttore di Paese Sera), e poi in Toscana (come direttore del Tirreno) e in Alto Adige (come direttore dell’omonima testata) e in Veneto (direttore del Corriere delle Alpi, con sede a Belluno).

Nel mio lavoro profusi le esperienze professionali che avevo accumulato negli oltre 40 anni di lavoro in varie regioni italiana:

E così i 4 o 5 mesi propostimi da Caracciolo per “agganciare” il Quotidiano della Calabria diventarono… 10 anni, fino a quando l’avventura… avventata del lancio di un “Quotidiano della sera” a Roma  (“un bel giornale”, dico con rammarico quando ne sfoglio ancora oggi qualche copia che ho in libreria, ma venduto solo con gli strilloni quando ve ne erano altri – persino Il Sole 24 ore” serale – distribuiti gratis dagli stessi strilloni) mi ha riportato, nel 2007, stabilmente a Roma, nella mia casa a Roma, dove continuo a gestire il giornale on line l’Altro quotidiano, unica testata prodotta, con un gruppetto di altri giornalisti, a titolo assolutamente gratuito perché, per scelta, non ospita pubblicità e quindi non ha introiti».

In ogni giornale che ha messo piede come direttore (Paese Sera, Alto Adige, Tirreno, Quotidiano, ecc) le vendite poi sono lievitate. Qual è stato il suo ingrediente segreto?

«A questa seconda domanda rispondo sinteticamente. Non credo di avere alcun merito se le varie testate che ho diretto hanno ottenuto buoni risultati di vendita, perché il periodo della mia attività di direttore è coinciso con quello della crescita degli indici di lettura dell’informazione stampata, soprattutto quella con radici nei territori. In ogni caso il “segreto” era (ed è) quello di dare al lettore garanzia di correttezza nel fornire le informazioni. E questo, per i giornali cosiddetti “locali”, è verificabile dai lettori, che spesso sono testimoni dei fatti che vengono raccontati. Perciò io ho sempre raccomandato ai miei collaboratori di avere come bussola, nel raccontare un fatto di cronaca, la risposta corretta alle 5 domande del manuale del giornalismo inglese: Chi? Che cosa? Dove? Come? Quando? La risposta alla sesta (Perché?), se non si è sicuri, meglio rinviarla a dopo aver fatto un rigoroso accertamento». 

Un giorno ad un suo corrispondente, che nella bozza d’articolo inviato in redazione, aveva commesso alcuni errori grammaticali, ha detto: “non fa nulla correggo io, è meglio una notizia scritta con qualche errore, ma data prima degli altri, che una notizia scritta in italiano correttissimo, ma data assieme agli altri”. Questa era la sua filosofia?

«Confermo. Naturalmente dando per scontato che in redazione ci sia chi corregge l’errore».

I giornali in edicola hanno ancora qualche possibilità di competere con le testate on-line? Ci dia qualche consiglio.  

«È dura. Ormai l’edizione cartacea di un giornale sta assumendo la funzione di “attestato di garanzia” di quella on line: scripta manent. Seguendo questa intuizione, quando nel 2008 ho progettato il giornale on line l’Altro quotidiano, nell’ultima colonna a destra della home page avevo collocato una striscia contenente in miniatura 24 pagine di una versione cartacea formato A4 (quello della carta delle stampanti) contenente gli articoli (con relative foto) più importanti, in modo che il lettore potesse stamparsi rapidamente quella o quelle pagine che riteneva di conservarsi. Non lo stiamo facendo più perché – avendo rinunciato a pubblicare pubblicità a pagamento – non possiamo sopportare i costi per almeno 2 redattori fissi che dovrebbero dedicarsi ogni giorno a questo compito. Ma era un bel mix: una singolare fusione tra web e cartaceo. Chissà se potrà ancora avere un futuro».

L’edizione cartacea di un giornale sta assumendo la funzione di “attestato di garanzia” di quella on line: scripta manent.

Cosa si sente di dire ai tanti giovani che oggi hanno la passione del giornalismo?

«Che il giornalismo non morirà mai: dagli Annales ad oggi ha subìto nei secoli radicali trasformazioni, ma il bisogno di comunicare e il bisogno di essere informati correttamente e tempestivamente non si spegnerà con la frenetica evoluzione dei mezzi di comunicazione. L’importante è che non venga confuso con la spettacolarizzazione, come sta accadendo con quasi tutti i talk show televisivi e persino con quelli radiofonici. Perciò un giovane deve attrezzarsi culturalmente per intraprendere questa professione, se ha voglia di cimentarsi. E per verificare se davvero ne avevano voglia, a coloro che mi si proponevano rivolgevo a bruciapelo una domanda semplicissima: “Se ti trovi a passare – a piedi, in bici, in motorino o in auto – davanti a un assembramento di gente perché magari c’è un incidente stradale, che cosa fai? Ti fermi e vai a domandare che cosa è accaduto, o prosegui per la tua strada?” Se mi rispondeva che avrebbe proseguito gli rispondevo di rinunciare al proposito di voler fare il giornalista. Perché è un mestiere che richiede una dote indispensabile: la curiosità. Tutto il resto (bella scrittura, cultura, tecnica espositiva, eccetera) si acquisisce. Ma la curiosità è una dote che nessuno ti potrà trasmettere».

Cosa pensa della riforma Cartabia, ricordando i tanti scoop giudiziari fatti grazie alle soffiate di una fonte buona e attendibile?

«Della riforma Cartabia mi preoccupa la norma sulla prescrizione, che potrebbe avere un fondamento solo se davvero riuscissimo a snellire radicalmente i tempi della Giustizia. Il rischio che la facciano franca coloro che usano le lungaggini procedurali insopportabili per sottrarsi alla espiazione della giusta pena è insopportabile.

Anche noi giornalisti non possiamo, in nome dello scoop e della trasparenza, rischiare di dare per condannata una persona che riceve un avviso di garanzia, oppure darne notizia come se si trattasse di una sentenza di condanna.

Quanto alla segretezza delle indagini il discorso è più complesso. Tuttavia, anche noi giornalisti non possiamo, in nome dello scoop e della trasparenza, rischiare di dare per condannata una persona che riceve un avviso di garanzia, oppure darne notizia come se si trattasse di una sentenza di condanna. Soprattutto, se si mantiene in vigore l’obbligatorietà dell’azione penale in seguito a una semplice denuncia presentata da una persona che si è visto negare un appalto (magari giustamente)».

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