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Il congresso regionale del Partito democratico sono sospesi e analoga decisione è stata presa anche per le assemblee che avrebbero dovuto eleggere i vertici provinciali. La decisione è stata ufficializzata dal commissario regionale Alfredo D’Attorre, al termine di un vertice che si è svolto a Lamezia Terme insieme ai big del partito. 

 

Nel corso di una conferenza stampa, che si è svolta al termine della riunione, D’Attorre ha motivato la decisione della sospensione con il tentativo, da mettere in campo, di ricompattare il partito ed avanzare una candidatura unitaria per la segreteria regionale. 

«Nelle prossime settimane – ha detto D’Attorre – sarà valutato se e come tenere i congressi di circolo. Io e il livello nazionale abbiamo lavorato fino all’ultimo affinchè si trovasse una soluzione unitaria. Fino a ieri abbiamo esperito un tentativo di opposizione alle varie candidature che non è andato a buon fine. Questo ci ha portato ad avere un congresso regionale molto aperto e competitivo che avrebbe richiesto una rimodulazione dei tempi, rispetto al tentativo unitario, con un rinvio a settembre ed ottobre per lo svolgimento dei congressi in un momento in cui ci saranno altre scadenze nazionali per il partito».   Il commissario ha affermato di volersi «confrontare con i circoli prima sul piano politico e lavoreremo affinchè maturi una spinta unitaria dal basso. Il mio obiettivo era quello di chiudere con il congresso regionale e mi faccio carico del suo non svolgimento. Non mi nascondo dietro un dito, non nascondo la mia amarezza nel non aver conseguito l’obiettivo di un congresso unitario».

Secondo D’Attorre, «tenere un periodo così lungo di tempo per le discussioni congressuali non era possibile. Non avere conseguito l’obiettivo dell’unitarietà ci ha portati a questa decisione. In questi mesi, comunque, sono stati fatti dei passi in avanti. Il Pd non è più quello di qualche mese fa ma noi non siamo riusciti a fare l’ultimo miglio che è quello delle candidature unitarie. Ecco perchè, sentite le diverse aree del partito anche nazionale, ci è sembrato più opportuno dare un rilancio unitario alle cose da fare come partito. Naturalmente, ringrazio i candidati per le loro disponibilità e non vi è dubbio che si erano mossi per fare il congresso. Le loro posizioni, quindi, saranno quelle di una presa d’atto di questa decisione, che ho assunto anche in accordo col nazionale».

 

A Roma, anche ieri, si è cercata una mediazione, ma che ci fosse ben poco spazio a Sant’Andrea delle Fratte per parlare degli affari del partito calabrese era parso evidente fin dalla mattina. Primarie per il futuro candidato premier, campagna d’ascolto lungo il Paese, assemblea nazionale a metà luglio: nelle stanze del partito romano l’eccitazione è tutta per la road map che dovrebbe portare il Pd al governo del Paese.  

Di Calabria si è parlato a margine e – a quanto pare – poco. I tentativi in mattinata di raggiungere un accordo unitario erano sfumati presto, rimandando tutto ad un faccia a faccia tra il commissario regionale e gli aspiranti candidati. Ben cinque al momento: Mario Maiolo, Nicodemo Oliverio, Demetrio Battaglia, Doris Lo Moro e Mario Muzzì. Ma la decisione dello slittamento sembra destinata a creare malumori nel partito.

Proprio Nicodemo Oliverio è uno dei primi a dissentire: «Resto convinto che sarebbe stato più utile ed opportuno procedere allo svolgimento del congresso al fine di mettere il Pd calabrese nelle condizioni di dotarsi di organismi democraticamente eletti e di un gruppo dirigente capace di affrontare la complessa e delicata fase che vivono il Paese e la Calabria». Carlo Guccione parla di «colonizzazione» e di decisione che «di fatto impedisce che il Pd possa essere in Calabria il motore della costruzione di una coalizione e di un programma di vera e decisa alternativa alla destra».

E mentre Bruno Censore sottolinea che «la volontà di D’Attorreappare fortemente in contrasto con il pensiero dominante», Mario Maiolo tuona: «Se questo confronto democratico all’interno del partito non si è realizzato la responsabilità’ non può’ essere a noi ascritta avendo percorso puntualmente tutte le tappe per la celebrazione democratica del congresso. Ci riserviamo qualsiasi nostra ulteriore iniziativa sul piano politico regionale e nazionale».

Dura anche Fernanda Gigliotti, del gruppo Calabria 25 Aprile del Pd: «Avremmo voluto conoscere il nome, il cognome, il volto, l’età, il mestiere e i sogni del Pd calabrese». Secondo l’esponente Pd, «sono ormai anni che viviamo in questo limbo in un partito in cui la prima cosa che ti viene chiesta non è che mestiere fai e perchè vuoi fare politica, ma se stai con l’uno o con l’altro». Poi un messaggio duro: «Il rinvio sine die per impraticabilità di campo o per inopportunità di un confronto congressuale, da troppo tempo annunciato e già due volte rinviato, vorrebbe costringerci ad una convivenza forzata in un partito che ci ha già detto troppi no, che non ci vuole e in  cui non c’è posto per persone che non hanno inteso schierarsi con nessuno della nomenklatura ex Ds e ex Margherita, ma che hanno sempre lavorato per la diffusione e la condivisione di un progetto democratico di superamento delle faide e dei rancori ancora in atto». Il suo potrebbe essere un preludio di addio: «Si impone il momento delle scelte coraggiose» afferma.

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