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Enzo Paolini

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Enzo Paolini, avvocato di rango, rugbysta, patron del Premio Sila, impegno politico e culturale su sponde socialiste libertarie, ma professionalmente legato alla storia della sanità privata calabrese e nazionale come responsabile dell’Aiop (Associazione italiana ospedalità privata) da un quarto di secolo. Ne è stato anche responsabile nazionale. Una personalità decisa, sempre presente con la sua voce nel perenne contrasto sulla catastrofica sanità pubblica regionale.

Avvocato Paolini da attento lettore di giornali avrà seguito la dura querelle tra Agazio Loiero e il suo ex assessore alla Sanità Doris Lo Moro. Non le chiedo un giudizio salomonico ma tecnico. Per lei chi ricostruisce con maggiore oggettività la vicenda del disavanzo sanitario calabrese?

«Guardi non ero addentro alle vicende della giunta regionale, così come non sono interessato ora alle querelle tardive di oggi. Posso dire con una certa cognizione di causa che il Pd calabrese, la gran parte della sua nomenclatura, non ha mai favorito un processo di rinnovamento e di chiarezza sul sistema sanitario. E’ sempre stato molto interessato alle nomine – dai direttori generali, ai primari, agli ausiliari – e poco all’efficienza del servizio in favore dei cittadini.»

Dall’intervista a Doris Lo Moro emerge la storia di una retta di duecento milioni da pagare ad un imprenditore privato della Sanità, che secondo la ricostruzione del senatore Morra sarebbe stata al centro del dissidio tra Loiero e Lo Moro. Ricorda la vicenda?

«Non era propriamente una retta. Erano crediti vantati a vario titolo dalla rete ospedaliera privata, non da un solo imprenditore: ma non so se fu questo il motivo del dissidio tra Loiero e Lo Moro. Ci fu una lunga discussione ed un contenzioso giudiziario. Come sempre. Noi non abbiamo l’abitudine di trattare nelle stanze chiuse o nei corridoi».

Ma in questo caso a chi ci si rivolge

«Preferiamo rivolgerci alle autorità dello Stato che stabiliscono se si ha ragione o torto. E così abbiamo fatto anche in quel caso. Lo dico ancora una volta a beneficio di chi continua a ripetere – così per partito preso – che le Case di cura private speculano e succhiano soldi non dovuti»

Si dice che in questi casi si cerca l’aiutino?

«Ogni singolo centesimo delle strutture che rappresento io è generato da prestazioni sanitarie controllate, verificate, pagate con tariffa stabilita dallo Stato e, confermato – ove necessario – da sentenze dei Tribunali. Non voglio fare paragoni con nessun altro settore, pubblico o privato, ma quello della sanità privata – ripeto, il segmento da me rappresentato – è un esempio di trasparenza e legalità»

Nel caso citato erano pagamenti extrabudget. L’ex assessore Lo Moro dice che intervenne una sentenza del Consiglio di Stato che bloccò di fatto il pagamento, e che vi fu comunicato nel corso di un incontro ufficiale nell’ottobre del 2006?

«Sì, è vero. Intanto va detto – sgombrando anche qui il campo da un equivoco – che “extrabudget” non vuol dire prestazioni inesistenti, o pagamenti duplicati. Si tratta di cura e assistenza effettivamente rese, erogate in esubero rispetto al tetto di spesa contrattuale. La legge dice che queste prestazioni – liberamente richieste dai cittadini – vanno remunerate con criteri stabiliti dalle Regioni che prevedono riduzioni tariffarie progressive e proporzionali volte a riportare la spesa nel fondo complessivo stabilito».

Paolini non mi faccia l’azzeccagarbugli. C’è stata una sentenza…

«Mi ispiro ad altre figure di avvocato. Ad un certo punto della trattativa e del contenzioso è intervenuto un pronunciamento dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che ha affermato il diritto della Regione di stabilire tetti insuperabili e anche retroattivi perché, nel frattempo, in attesa dei “fisiologici” (così definiti in sentenza) ritardi della P.A le strutture -pubbliche e private – possono far riferimento al limite di spesa dell’anno precedente. La trattativa si è quindi bloccata lo ricorda bene l’on. Lo Moro Ma così si è introdotto il principio nefasto della spesa storica.»

Scusi perché nefasto? A me sembra un comma di buon senso…

«Ma quale buon senso. Si livella tutto, pagando a «spesa storica» si scoraggiano investimenti e innovazioni. Se aggiungiamo che tutto ciò vale solo per il settore privato mentre i bilanci pubblici vengono ripianati a piè di lista si capisce che in questo modo, senza alcun criterio selettivo, si livella tutto verso il basso, si finanziano le inefficienze e si mortificano le eccellenze.»

Quello che stiamo indagando fu un momento caldo della politica regionale. Una parte del centrosinistra difendeva la vostra posizione? Tra l’altro i vostri associati sono spesso molto vicini alla politica. O sbaglio?

«Non ricordo una parte politica vicina alle nostre posizioni, come non vi sono ora. Vi erano – e vi sono – singoli soggetti politici, alcuni dei quali, come correttamente ricorda provengono anche dal mondo della sanità privata.»

Sento odore di conflitto d’interesse…

«Basta svolgere la propria attività senza strumentalizzare il proprio ruolo per interessi personali. E non c’è legge sul conflitto d’interessi che tenga. Il punto è fare politica con rigore e trasparenza o, meglio come dice la Costituzione, con disciplina e onore».

Lei sa che non mancano squali e affaristi nel settore…

«Forse non tutti quelli provenienti dal mondo sanitario privato – come altri provenienti da altri settori – hanno fatto una politica virtuosa. Ma non sono tra quelli che fanno riferimento a me ed alla mia associazione.»

Avvocato la sanità calabrese è messa molto male. Prima di prendersela con la politica di ogni schieramento, l’imprenditoria privata ospedaliera calabrese è esente da colpe?

«No. La nostra colpa principale, come categoria, è stata ed è ancora, quella di essere sempre alla ricerca delle soluzioni anche di compromesso e poco incline alle battaglie per l’affermazione di diritti sacrosanti»

Mi spiega meglio questo tipo di colpa?

«Ma è una colpa insita nel mestiere di imprenditore. Io non lo sono e per questo svolgo il ruolo di pungolo, di provocatore, di sollecitatore ma come rappresentante di categoria e come avvocato ad un certo punto mi fermo per il legittimo interesse dei miei associati».

Lei in un suo recente intervento ne ha avuto per molti: Scura, Cotticelli, Longo. Il commissariamento decennale della sanità logora chi lo attua?

«Può essere. Ma l’adagio andreottiano che più si adatta al caso, secondo me è un altro per il semplice fatto che il commissariamento non è un esercizio di potere ma un tirare a campare e, come disse il nostro, “meglio tirare a campare che tirare le cuoia”».

Undici anni di commissariamento senza alcun miglioramento che significa per lei?

«La politica romana usa la Calabria come un posto dove mandare un vicerè che a sua volta nomina i suoi giannizzeri a scopo di mantenimento del potere e basta.»

Solo questo?

«La sedicente classe dirigente della Regione si è perfettamente adattata a questo regime che consente di avere un lauto stipendio per sé e per la propria struttura. Quindi uno stipendio moltiplicato per dieci posti di segretario, portaborse, ufficio stampa e altre mansioni. Una sinecura con la quale foraggiare i propri fedelissimi senza alcuna responsabilità di governo o decisionale.»

Chi è che contesta questa triste palude?

«Nessuno – dico nessuno – ha emesso un pigolio in questi anni contro il commissariamento eterno. Un vero e proprio scippo costituzionale ai danni di una popolazione espropriata per decreto del diritto di essere governata in sanità, dai propri rappresentanti democraticamente eletti; quelli che poi si possono premiare o punire giudicare con il voto.»

Avvocato ma perché questi commissari della sanità sono sempre generali delle forze dell’ordine o superpoliziotti?

«Nella sanità si muovono tanti soldi e talvolta in maniera illegale, criminale. E dunque fa bene il Governo a mandare gente che indaghi e colpisca duro.»

La solita emergenza risolta per via giudiziaria?

«Io dico che se si manda un Commissario poliziotto che, per mandato ricevuto e per sua attitudine professionale deve solo indagare e dunque blocca tutto, servizi, pagamenti, accreditamenti, nomine, non si governa il servizio. lo si affossa e si aumenta il ricorso a pratiche illecite.»

Ci sono fatture pagate due o tre volte per la stessa fornitura…

«Si riferisce a quelle liquidate ad imbroglioni con la connivenza di funzionari infedeli. Allora si devono bloccare solo quelle. Non tutte. Se non si pagano gli imprenditori per bene, nei cui confronti non v’è neanche un’ombra, se non si eseguono le sentenze della magistratura, ingolfando di pignoramenti gli uffici esecuzioni di tutti i Tribunali, si conducono gli imprenditori per bene alla morosità nei confronti dei fornitori, agli inadempimenti nei confronti dei dipendenti, poi all’usura e poi al fallimento».

Mario Oliverio, che attualmente fa politica con la propria biografia, sulla sanità calabrese l’accusò di essere un Nerone che si lamenta delle fiamme accese. Lei replicò che lui era il capo dei pompieri e che non era intervenuto a spegnere l’incendio. Come mai queste posizioni opposte?

«Perché non sopporto il pressapochismo e l’ipocrisia. Di fronte alla mia denuncia che la politica – tutta, quindi lui compreso, anzi primo fra tutti – è stata con le mani in mano di fronte al disastro sanitario calabrese ed alla scempio del commissariamento, lui risponde dicendo che io con la sanità privata guadagno e anche bene».

Infatti lei è un avvocato affermato e dirige l’Aiop…

«Io ho detto che secondo l’Oliverio pensiero gli avvocati che vincono le cause (perché di questo parliamo) hanno colpe, mentre i soggetti che sono condannati dalla Magistratura e che in conseguenza della condanna sono costretti a pagare interessi e spese legali-cioè la Regione da lui governata e le Asp – sarebbero le vittime».

Un attacco al cuore dell’avvocatura oltre che di Paolini?

«Gli avvocati che fanno onestamente e bene il loro lavoro e da esso ricavano il giusto compenso non vanno bene. Preferirebbe forse quelli che brigano nel sottobosco politico e corrompono. Una visione bizzarra e distorta della democrazia e dei rapporti tra cittadini e istituzioni che ci distanzia anni luce.»

Tra poco si vota. Il nuovo presidente della Regione che programma deve attuare in Sanità per uscire dal commissariamento e consegnarci dei conti finalmente in ordine?

«Non c’è bisogno di proclami ma solo di idee chiare per i politici e competenza per i tecnici».

Per attuare cosa?

«Per esempio il riordino della rete ospedaliera. Nel corso degli ultimi 10 anni si sono chiusi ospedali importanti, in zone disagiate, senza alcuna visione complessiva. Ciò ha comportato un abbandono della risposta di cura per intere comunità ed un intasamento degli ospedali più grandi e dei loro pronto soccorso.»

Ci vuole anche altro considerato il pessimo bollettino medico della nostra sanità pubblica…

«Il potenziamento della medicina di base, della prevenzione della specialistica e della rete urgenza – emergenza. Se si vuole veramente deospedalizzare – e quindi abbattere i costi della degenza ed ottimizzare le risorse professionali – occorre prima potenziare i poli della medicina di base, preventiva e specialistica da una parte e dell’urgenza – emergenza dall’altra.»

Poi c’è il problema dell’emigrazione sanitaria?

«La dimostrazione della inconcludenza della politica dei tetti di spesa è tutta qui. Se ad una struttura si impedisce di operare il menisco o la cataratta perché il tetto assegnatole per tali prestazioni è esaurito ed invalicabile si costringe, letteralmente, il cittadino calabrese ad andare fuori regione. Con la conseguenza che quella prestazione che avrebbe potuto esser resa in Calabria senza viaggi ed a costi ridotti costa alle casse regionali il doppio con l’aggiunta del disagio familiare.»

Si può fare?

«Quando ero presidente nazionale dell’Aiop ho collaborato intensamente e con spirito costruttivo con il ministro di allora Rosy Bindi una persona di grande spessore politico, legislatore eletto dai cittadini e non improvvisato parlamentare, e poi ministro. Il prodotto è stato il decreto 502/92. Una ottima legge, tuttora inattuata in gran parte. Dunque si può fare. Si chiama politica e non è per tutti.»

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