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Il capo della polizia, Franco Gabrielli

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Reggio Calabria – «Se le comunità non fanno tesoro della loro condizione di essere comunità e quindi considerare che i beni che vengono aggrediti dalla criminalità attengono a tutti, credo che le forze di polizia possano fare, sicuramente il loro, ma non possono dare risposte a quella  percezione di sicurezza che noi tutti ci auguriamo».  Se ne è detto convinto il capo della polizia, Franco Gabrielli, parlando a Reggio Calabria a margine della cerimonia nel corso della quale ha ricevuto il premio intitolato alla memoria del prefetto Luigi De Sena, che è stato, tra l’altro, vicecapo della polizia e prefetto di Reggio Calabria.

«In tema di sicurezza – ha detto ancora il prefetto Gabrielli –  le statistiche ci devono interessare il giusto perché se i cittadini hanno una percezione di insicurezza, le statistiche non possono essere l’unica risposta. Credo che il tema sia quello che le istituzioni nel loro complesso devono fare. Istituzioni che però non possono essere lasciate da sole. La risposta deve coinvolgere anche le comunità».

«Credo – ha affermato il capo della polizia – che non ci si debba arrendere e che ognuno di noi deve avere la  consapevolezza che il destino sta prioritariamente nelle  mani di ognuno di noi. Delegare sempre agli altri e pensare che siano gli altri a provvedere al soddisfacimento di quelle che sono le nostre richieste può essere non sempre vincente».

Ricordando De Sena, Gabrielli ha detto che «è stato prima di tutto un grande poliziotto, un grande investigatore, un profondo conoscitore di quelle che erano le dinamiche criminali, ma è stato anche e soprattutto Prefetto di questa città. Il prefetto – ha aggiunto – è l’istituzione  responsabile della sicurezza che gli addetti ai lavori definirebbero strategica, è il responsabile della coesione, della capacità dei soggetti istituzionali di fare squadra e credo che il principale lascito di De Sena sia stato quello di costruire un percorso di coinvolgimento delle istituzioni. Quanti ce ne vorrebbero? Il più possibile. Però, vedete, non si può vivere solo di rimpianti. Quello che è stato deve essere in qualche modo monito per un verso e stimolo per l’altro e quindi il prefetto De Sena non va rimpianto, va semplicemente emulato, ricordato negli atti che ognuno di noi è chiamato a compiere ogni giorno. Facendo questo inevitabilmente, non che i problemi saranno risolti, ma sicuramente potranno essere posti seri argini e anche costruttive risposte ai tanti problemi che questa terra ha».

Gabrielli ha poi parlato degli organici e dei contratti degli uomini delle forze di polizia, sottolineando che è necessario rimpinguare gli organici e dare un contratto di lavoro «che dia risposte soprattutto ai colleghi più esposti e impegnati sul territorio e che maggiormente devono rispondere a questa richiesta di sicurezza che viene dai  cittadini». Il capo della Polizia,  rispondendo alla domanda dei giornalisti se le forze dell’ordine abbiano sufficienti uomini per combattere la criminalità organizzata come chiesto dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini, e se siano sufficientemente pagati, ha detto di ritenere che «si debba intervenire in tutti e due gli ambiti. Credo che oggi le forze di polizia abbiano un deficit di organico e siano un po’ invecchiate. Non lo sto dicendo adesso che c’è l’attuale ministro. Lo vado dicendo da tempo. In questo paese c’è stata una stagione in cui si è pensato che gli appartenenti alle forze di polizia fossero troppi e quindi, nel 2010, si è bloccato il turn-over e oggi abbiamo forze polizie vecchie con organici asfittici. Credo che il ministro, come ha dichiarato e si è impegnato, porrà sicuramente mano ad una rigenerazione degli organici. Poi esiste un tema di come devono essere ricompensati. Ed anche su questo ho espresso da tempo il mio convincimento. Se è vero come è vero che i cittadini si sentono insicuri, è vero anche che ciò avviene perché vedono poche presenze sulla strada nelle ore in cui avrebbero bisogno di vederle. La gente ha bisogno di vedere poliziotti, carabinieri e finanzieri tutti i giorni, festivi  compresi. Per fare questo c’è bisogno che ci sia un contratto di lavoro che remuneri i disagi per i quali, mentre altri giustamente si riposano, loro devono lavorare».

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