X
<
>

Il tribunale di Reggio Calabria

Condividi:
1 minuto per la lettura

REGGIO CALABRIA – Una deposizione di oltre due ore a Reggio Calabria, in Corte d’assise, per il pentito di Cosa nostra Gaspare Spatuzza che nel processo scaturito dall’operazione ‘Ndrangheta stragista (LEGGI I PARTICOLARI SULL’OPERAZIONE) ha raccontato dei rapporti tra cosa nostra e la ‘ndrangheta in cui sono imputati il boss della Rocco Santo Filippone, fedelissimo dei Piromalli, e Giuseppe Graviano, esponente di Cosa nostra.

IL FASCICOLO DINAMICO SULL’OPERAZIONE ‘NDRANGHETA STRAGISTA

Il procuratore aggiunto della Repubblica, Giuseppe Lombardo, ha chiesto a Spatuzza di chiarire i rapporti tra i Piromalli, i palermitani e la cosca De Stefano di Reggio Calabria in ordine ad una compartecipazione all’esecuzione degli attentati dei primi anni ’90, firmati Falange Armata, tra cui l’assassinio sulla Salerno-Reggio Calabria dei carabinieri Antonino Fava e Giuseppe Garofalo.

I due militari furono uccisi il 18 gennaio del 1994 da un killer della ndrangheta, Giuseppe Calabrò, su richiesta, secondo l’accusa, di Santo Filippone.

LE STRAGI E LA NASCITA DI FORZA ITALIA: LEGGI LA RICOSTRUZIONE

Fatto confermato anche da un pentito calabrese, Consolato Villani, che era insieme a Calabrò nel momento dell’agguato. Spatuzza ha detto che ‘”Cosa Nostra poteva contare non solo sugli affiliati», ma anche su persone «che avevano un ruolo coperto e che non tutti conoscevano. Persone che erano sempre pronti a far diventare carne da macello chiunque purché fosse utile ai loro piani».

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE