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Paolo Romeo

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REGGIO CALABRIA – «Già nel gennaio 2003, Paolo Romeo sa cosa accadrà perfettamente in occasione delle elezioni europee del 2004». Lo ha detto il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo nel corso della requisitoria del processo “Gotha” che vede come principale imputato l’avvocato ed ex parlamentare del Psdi, ritenuto la testa pensante della ‘ndrangheta.

Pirilli candidato alle Europee per bloccare Scopelliti

Sulle europee del 2004 il pm ha spiegato che «la candidatura di Pirilli sarebbe stata necessaria innanzitutto per impedire quella di Giuseppe Scopelliti il quale si stava muovendo in quel senso tanto prospettando la sua possibile candidatura direttamente all’on. Fini».

Quella iniziativa non sarebbe «in alcun modo andata in porto» nonostante il leader di An avesse, «anche pubblicamente e più volte, indicato Scopelliti come soggetto assolutamente capace di svolgere un ruolo politico importante».

«Il loro obiettivo – aggiunge Lombardo – sarebbe stato raggiunto attraverso la candidatura di Pirilli che andava appoggiata con forza perché serviva bloccare Scopelliti a Reggio Calabria, in quanto funzionale a un determinato progetto, ma serviva anche ad aprire le porte della Regione ad Alberto Sarra», altro imputato eccellente del processo “Gotha”.

In sostanza, secondo la Dda, Romeo «conferma, ribadisce, riempie di dettagli quello che noi abbiamo definito il suo ruolo baricentrico essendo lui il soggetto che compone le liste, individua candidati, fissa strategie, garantisce i programmi, giunge a imporre ogni singolo passaggio a uomini politici già parecchio strutturati.

La gestione dei flussi di denaro

Non si tratta di progetti astratti o di pura politica nel momento in cui si fa riferimento alla pioggia di milioni di euro che arriveranno sulla città. Come avvenuto ai tempi del pacchetto Colombo, era necessario preparare il terreno per una gestione unitaria di un enorme flusso di denaro che doveva essere messo a sistema». Ciò sarebbe avvenuto attraverso «una serie di strumenti particolarmente funzionali a questo scopo, quali le società miste, il decreto Reggio e il controllo di settori strategici anche in ambito privato. È un progetto – ha aggiunto il pm – che deve partire dalle strategie politico-criminali per arrivare a ottenere l’obiettivo chiaro che possa andare a soddisfare “la fame della ‘ndrangheta”. Questa è la vera unitarietà della ‘ndrangheta. Le somme virtuali di cui dispone la ‘ndrangheta non sono spendibili in questo territorio, se non passando dall’unica grande industria presente che è l’apparato statale attraverso le varie articolazioni di cui è composto».

Come aveva anticipato nelle precedenti udienze, Lombardo ha spiegato qual è «l’esatta collocazione di Giuseppe Scopelliti». E lo ha spiegato utilizzando una definizione di Paolo Romeo il quale, intercettato, aveva detto che «Scopelliti non ha le capacità politiche di Naccari Carlizzi ma è funzionale al nostro progetto perché non solo è capace di fare il “cane da mandria” ma è espressione dei padroni assoluti, di tutti i padroni, dei movimenti economici della città».

L’ex senatore Antonio Caridi, infine, è stato descritto dal pm come il «prototipo del politico chiamato a operare come uomo di ‘ndrangheta all’interno di questo circuito».

Sarra con poteri decisionali

Rispetto alla posizione dell’ex sottosegretario regionale calabrese Alberto Sarra, il procuratore Lombardo ha affermato: «Sarra – ha detto il pm – è certamente uno che, assieme a Romeo e a pochi altri, ha poteri decisionali all’interno di un determinato progetto in cui Caridi agiva su piani diversi. E li aveva soprattutto in relazione alle sue capacità organizzative che gli consentivano di finalizzare, di ottenere risultati pratici all’interno di quelli che erano i sistemi di governo».

Lombardo si è soffermato anche sulla vicenda della Fata Morgana, la società mista che si occupava della raccolta dei rifiuti e che era infiltrata dalla cosca De Stefano. In particolare il procuratore aggiunto ha ripercorso le dichiarazioni del pentito Salvatore Aiello il quale ha fatto riferimento «alle richieste che provenivano dalla cosca De Stefano attraverso i soggetti politici che all’interno di quel sistema ne rappresentavano gli interessi».

Nell’ultima parte della requisitoria, Lombardo si è soffermato sulla figura dell’imputato Francesco Chirico, cognato dei boss De Stefano e in rapporti con Caridi e Sarra. Ricordando il memoriale del collaboratore Nino Lo Giudice che ha inquadrato Chirico come «membro della società segreta», secondo il pm «in quel contesto c’è anche Chirico Franco che non è stato mai, e non lo era certamente nel 2013, un nome altisonante all’interno della ‘ndrangheta reggina. Franco Chirico aveva sempre operato a livello di apparati statali con incarico dirigenziale, ma lo aveva fatto sempre senza alcuna sovraesposizione. Per ricostruire la sua concreta operatività e il suo diretto inquadramento al contesto associativo abbiamo dovuto lavorare parecchio».

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