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Il tribunale di Locri

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LOCRI – Un nuovo collaboratore di giustizia si affaccia alle cronache regionali. Si tratta, secondo quanto comunicato dal sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, Giovanni Calamita, di Antonio Cataldo, 57enne originario di Locri.

La decisione di Cataldo di collaborare con la giustizia è stata resa pubblica durante l’ultima udienza del processo scaturito dall’operazione “Riscatto” che si sta celebrando al tribunale di Locri.

Il nuovo collaboratore di giustizia in questa fase si trova detenuto in carcere in relazione a dei reati legati alla droga ma è considerato, anche, un esponente di rilievo di una delle ‘ndrine di spicco dell’area della Locride.

Tra le prime dichiarazioni del nuovo pentito spicca la rivelazione dell’intenzione da parte di alcune famiglie di ‘ndrangheta di mettere a segno un attentato nei confronti non di Nicola Gratteri bensì del figlio attraverso un incidente stradale (l’obbiettivo era travolgerlo con un’auto).

Una strategia tesa a colpire gli affetti più cari del magistrato che in quel periodo (si tratta della seconda metà del 2013) era al centro del dibattito politico per via del tentativo, poi bloccato dal Quirinale, che l’allora primo ministro Matteo Renzi aveva fatto per inserirlo nel Governo a capo del ministero della Giustizia.

La confidenza sarebbe stata fatta a Cataldo da un altro detenuto che gli avrebbe raccontato «del progetto per compiere un attentato al figlio del dottore Gratteri che in quel momento era stato proposto come ministro della Giustizia».

Alla base di questa volontà criminale, secondo Cataldo, vi era una sorta di apprensione se non preoccupazione da parte delle ‘ndrine su quello che avrebbe potuto significare la nomina di Gratteri a capo del ministero. «C’era un allarme in generale delle persone detenute – ha affermato il collaboratore – temevano processi e leggi più ferree».

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