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Il Miur

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È calabrese originaria di Reggio Calabria la prof destituita dal Ministero perché assente, tra l’altro, 20 anni su 24 di servizio

ROMA – È calabrese, originaria di Reggio Calabria, la professoressa destituita dal Miur perché assente per vent’anni su ventiquattro dal servizio. La Cassazione ha confermato la destituzione della docente di storia e filosofia alla scuola secondaria di secondo grado.

IL CASO DELLA PROF ASSENTE, E CALABRESE L’INSEGNATE CHE ASSICURA: «SPIEGHERÒ TUTTO»

«La libertà di insegnamento in ambito scolastico – sottolinea la Cassazione che ha respinto il ricorso della docente contro il Miur – è intesa come autonomia didattica diretta e funzionale a una piena formazione della personalità degli alunni, titolari di un vero e proprio diritto allo studio. Non è dunque libertà fine a se stessa, ma il suo esercizio – prosegue il verdetto 17897 – attraverso l’autonomia didattica del singolo insegnante, costituisce il modo per garantire il diritto allo studio di ogni alunno e, in ultima analisi, la piena formazione della personalità dei discenti».

Il caso della prof ha subito fatto scalpore: l’insegnante, intervistata da varie testate nazionali, ha detto che «chiarirà presto tutto» ma che ora «è al mare». Accertate, per giungere alla decisione, «le gravi imprecisioni nel redigere i programmi finali delle classi quarte (ad esempio, programma e numero di ore diversi da quelli effettivamente dedicati alle spiegazioni, argomento su Hegel in realtà mai trattato in classe)».

IL GIUDIZIO DELLE ISPETTRICI DEL MIUR

Il monitoraggio delle tre ispettrici inviate dal Miur, nel marzo 2013, culminava nel «concorde giudizio» sulla «assenza di criteri sostenibili nell’attribuire voti, la non chiarezza e confusione nelle spiegazioni, l’improvvisazione, la lettura pedissequa del libro di testo preso in prestito dall’alunno. Ma anche l’assenza di filo logico nella sequenza delle lezioni, l’attribuzione di voti in modo estemporaneo ed umorale, la pessima modalità di organizzazione e predisposizione delle verifiche».

Pertanto la Cassazione ha confermato la destituzione, come già stabilito dalla Corte di Appello di Venezia nel 2021. In primo grado, invece, il Tribunale nel 2018 aveva detto no alla destituzione.

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