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PALERMO – All’alba di oggi, nelle Province di Reggio Calabria e dell’Aquila, i Carabinieri del Comando di Provinciale di Messina, guidati dal colonnello Jacopo Mannucci Benincasa, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina su richiesta della Procura della Repubblica peloritana, guidata dal Procuratore Maurizio De Lucia, a carico di 5 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla frode informatica, accesso abusivo a sistema informatico o telematico e sostituzione di persona.

Contestualmente, alla misura cautelare personale è stata data esecuzione anche ad un decreto di sequestro preventivo, disposto nei confronti dei conti correnti e depositi bancari nella disponibilità degli indagati, per un valore complessivo di oltre 1,2 milioni di euro. Il provvedimento restrittivo è il culmine dell’operazione denominata ‘Fraudatores’, avviata nel febbraio 2018 dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Messina in collaborazione con il Reparto Indagini Telematiche del ROS, coordinata dal sostituto Procuratore della Repubblica Antonella Fradà, «i cui esiti hanno permesso di comprovare l’operatività di un gruppo di cyber criminali, con base nella fascia ionica reggina e attivo sull’intero territorio nazionale, specializzato nel sottrarre ingenti somme di denaro da diverse centinaia di conti correnti bancari on line».

Le indagini hanno dimostrato come gli indagati «fossero in grado di modificare, sui principali siti web istituzionali (Telemaco Infocamere, www.inipec.gov.it, www.registroimprese.it, etc..), gli indirizzi di posta elettronica certificata (p.e.c.) di alcuni tra i più noti istituti di credito nazionali ed esteri, sostituendoli con quelli di analoghe caselle di posta certificata, denominate in modo del tutto simile alle originali, appositamente attivate su provider specializzati e intestate a soggetti ignari o inesistenti».

Nel corso dell’inchiesta è stato accertato che, mediante tale espediente, i pirati informatici riuscivano, da un lato, ad interporsi tra i titolari dei conti correnti “on line” e i rispettivi istituti, secondo una modalità di attacco cibernetico nota come M.I.T.M. (man in the middle), e, dall’altro, ad entrare in possesso delle credenziali. Il modus operandi di accesso ai rapporti finanziari, utilizzando le quali disponevano una sequenza di operazioni “home-banking” in favore di ulteriori conti bancari, intestati a ignare vittime di furto d’identità ma gestiti dagli stessi appartenenti alla consorteria. 

«Ad esempio è stata creata la mail fraudolenta ingdirect@pec.it al posto di quella ing.bank@legalmail.it oppure quella fraudolenta chebanca@pec.it al posto di chebanca.pec@legalmail.it, spiegano gli investigatori, queste caselle di posta certificata erano attivate, sempre via web, fornendo delle false identità, talvolta completamente inventate e talvolta rubate ad ignare vittime, senza che vi fosse alcun controllo né sulla reale identità di colui che le attivava né sul suo titolo ad operare in nome e per conto di quell’istituto di credito».

Qualora invece le disponibilità presenti sui conti correnti di cui si appropriavano erano di lieve consistenza, provvedevano all’azzeramento del saldo del conto attraverso acquisti di merci su siti di e-commerce, facendosi poi recapitare i beni presso indirizzi di comodo nei comuni di residenza. Inoltre, al fine di rendere più credibile la loro truffa, i malfattori avevano creato anche profili facebook intestati alle identità fraudolente e, per renderle più credibili, inserivano foto, curriculum e falsi loghi per spacciarsi per impiegati degli istituto di credito. Gli elementi di prova raccolti «hanno evidenziato l’esistenza di un sodalizio criminale ben strutturato che aveva in programma un numero indeterminato di reati al cui vertice vi è Giuseppe Tricarico che è il promotore organizzatore e dirigente del gruppo ed è coadiuvato dal fratello Davide Tricarico – spiegano i Carabinieri – I due, nonostante fossero entrambi sottoposti, da tempo, alla misura cautelare degli arresti domiciliari, in ragione del loro coinvolgimento in un indagine della Procura di Reggio Calabria per reati analoghi a quelli oggi contestati, hanno potuto continuare ad organizzare e promuovere l’attività illecita con l’ausilio dei conterranei Nicola Ameduri e Nicodemo Porporino».

Ameduri è il braccio di Tricarico per conto del quale svolge le attività che questi, stante il provvedimento limitativo della sua libertà personale, non può compiere, si reca agli incontri con gli altri associati, attiva le schede telefoniche indispensabili per compiere i reati, ritira la corrispondenza, contatta i corrieri che devono recapitare la merce acquistata etc. Porporino e Cancelli, quest’ultimo residente nella provincia dell’Aquila, si mettono a disposizione quali terminali cui fare confluire il denaro, dopo i vari passaggi intermedi per ripulirlo, che viene da loro incassato presso conti correnti a loro intestati e poi girato in contanti a Tricarico. L’essere sottoposti alla misura cautelare degli arresti domiciliari non ha interrotto l’attività criminale del gruppo che, sfruttando la pregressa esperienza maturata sul campo, ha affinato le metodologie e le modalità di commissione delle truffe on line, incrementando, nel contempo, le cautele necessarie a condurre l’attività criminale. «Pertanto gli associati ponevano massima attenzione nel non utilizzare mai i propri nomi per compiere qualsiasi attività riconducibile ai reati messi in atto, controllavano con maniacale attenzione le proprie autovetture temendo che vi fossero delle cimici, avendo cura di non utilizzare mai schede telefoniche a loro riconducibili».

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