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Il Comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria

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REGGIO CALABRIA – Associazione di tipo mafioso, estorsione aggravata, trasferimento fraudolento di beni. Queste le accuse contestate a vario titolo alle persone coinvolte in ​ una vasta operazione dei carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria in corso dalle prime ore di questa mattina nel capoluogo e in provincia. I militari dell’Arma stanno eseguendo diversi provvedimenti di custodia cautelare.

Le cosche oggetto dell’indagine “Metameria”, condotta dai Carabinieri di Reggio Calabria e coordinata dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale antimafia diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri, ha avuto come epicentro investigativo la cosca Barreca di Pellaro e le trame criminali che si sono dipanate – con straordinaria pervicacia – fino al quartiere Archi, dove sono attive le cosche Condello e De Stefano.

LEGGI I NOMI DELLE PERSONE ARRESTATE

Non meno rilevanti gli interessi criminali censiti delle cosche Ficara Latella, Libri e il locale di Santa Caterina.

Sono 28 gli arresti, di cui 25 in carcere e 3 ai domiciliari, disposti dal gip ed eseguiti questa mattina a Reggio Calabria, nonché nelle province di Cosenza, Milano, Varese, Como, Livorno, Firenze, Udine, dai Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, a conclusione di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, nell’ambito dell’operazione denominata “Metameria”.

Gli arrestati sono indagati a vario titolo per associazione di tipo mafioso, estorsioni, concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di beni e valori aggravato dall’agevolazione mafiosa. 

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L’indagine, che  ha portato anche al sequestro di beni per 6 milioni di euro, è l’esito di una complessa attività investigativa, avviata dal 2018 dai Carabinieri del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Reggio Calabria, diretta dai sostituti procuratori Dda Stefano Musolino, Walter Ignazitto e Giovanni Calamita, che ha consentito di accertare l’attuale operatività di capi e gregari delle principali associazioni per delinquere di tipo mafioso operanti nel territorio del “mandamento” centro della provincia reggina.

In particolare, le indagini hanno avuto origine all’indomani dalla scarcerazione, per il regime degli arresti domiciliari, del capo ed organizzatore storico della cosca Barreca, operante nel quartiere Pellaro, Bocale ed aree limitrofe del quadrante sud di Reggio Calabria.

L’uomo, una volta ritornato sul proprio territorio, forte della fama criminale derivante dal suo storico ruolo di capo del locale di Pellaro, avrebbe ribadito il suo ruolo di vertice della consorteria mafiosa tornando ad assumere il comando delle attività illecite.

I legami tra le cosche

Gli investigatori hanno monitorato i rapporti di cointeressenza criminale della ‘ndrangheta di Pellaro con i rappresentanti di vertice di tutte le maggiori articolazioni della ‘ndrangheta reggina quali i Labate e gli Arcoti Condello e De Stefano, oltre a quelli delle articolazioni di ‘ndrangheta di Santa Caterina e dei Ficara-Latella di Croce Valanidi. 

Nello specifico, sono stati censiti rapporti di cointeressenza criminale della ‘ndrangheta di Pellaro con i rappresentati di vertice di tutte le maggiori articolazioni della ‘ndrangheta reggina quali i Labate e gli Arcoti Condello e De Stefano, oltre a quelli delle articolazioni di ‘ndrangheta di Santa Caterina e dei Ficara-Latella di Croce Valanidi.

Rilevante, nella dinamica dei rapporti endomafiosi è il tracciato del profilo che è emersa appartenere ad un esponente dei De Stefano, il quale, faceva valere il proprio ruolo di capo dell’articolazione di ‘ndrangheta territorialmente riferibile alla zona di Archi ma soprattutto apice di una struttura di livello più elevato rispetto alle altre articolazioni di ‘ndrangheta cittadine, sia nel suo intervento per “aggiustare” l’estorsione e quindi per mediare  tra i rappresentanti della cosca Barreca e le persone offese per la determinazione di importi, tempi e modalità di versamento delle somme di denaro. È in tale contesto che il collaboratore Maurizio De Carlo si inserisce a confermare le evidenze investigative acquisite nell’ambito dell’attività di indagine.

Le investigazioni effettuate sono proseguite a seguito di ulteriore delega d’indagine emessa dalla Direzione Distrettuale Antimafia reggina. L’attività è consistita prevalentemente nel fornire riscontro alle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Mario Gennaro, Vincenzo Cristiano e Roberto Lucibello, a cui si sono aggiunte quelle del collaboratore Mario Chindemi, Fabio e Francesco Berna, Giuseppe Stefano Tito Liuzzo e Roberto Moio.

Gli affari della cosca Condello

Sono stati svolti mirati ed approfonditi accertamenti su alcuni dei settori economici dell’organizzazione criminale collegata ai Condello e ai propri interessi, garantiti anche dall’operato di alcuni imprenditori, i quali hanno fornito un concreto ed essenziale contributo al rafforzamento ed accrescimento economico della cosca. 

Sono stati acquisiti gravi indizi di colpevolezza comprovanti il reato di trasferimento fraudolento di valori, realizzato attraverso la fittizia intestazione di alcune aziende o rami d’azienda, governate in maniera occulta dalla cosca Condello.

In particolare, è emersa la vicenda che riguarda l’alienazione del parco automezzi della Leonia S.p.A. in liquidazione, condizionato dagli interessi mafiosi della cosca Condello e De Stefano. E’ emerso inoltre il coinvolgimento di un altro imprenditore, operante nel settore turistico alberghiero nel comune di Scalea e zone limitrofe, i cui approfondimenti investigativi hanno permesso di disvelare duraturi e costanti rapporti economici – criminali con esponenti della cosca Condello.

Il sequestro dei beni

L’attività nel suo complesso ha consentito di porre sotto sequestro 8 imprese operanti nei settori dell’edilizia ed impianti elettrici, officine meccaniche per mezzi pesanti, pulizie, autospurgo, gestioni lidi e strutture ricettive, riparazione autoveicoli, i cui beni strumentali hanno un valore complessivo di circa 6 milioni di euro, oltre a un esponenziale impatto sulla libera economia.

Il boss dava ordini dagli arresti domiciliari

Il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri ha evidenziato la ricostruzione con le indagini: «È emerso che la detenzione domiciliare non era sufficiente a tutelare la collettività dal pericolo di reati da parte di Filippo Barreca che dalla propria abitazione si è dimostrato in grado di governare la propria cosca, con direttive concrete e specifiche e relazioni con altre cosche. Era evidente che quella misura cautelare che doveva ritenersi adeguata per ragioni di salute è stata ritenuta, prima da noi con la richiesta e poi dal giudice con l’ordinanza, insufficiente a tutelarci».

«È emblematica – ha aggiunto Bombardieri – la ricostruzione delle relazioni di Barreca con tutte le altre cosche dell’area cittadina con cui viene in contatto. Dall’inchiesta è emerso l’impegno del boss nel riorganizzare le file della propria cosca, rivendicando il territorio di sua competenza attraverso attività estorsive, il ricorso alla violenza e le indicazioni criminali fornite ai suoi sodali. Anche nel momento in cui Barreca si recava in ospedale per le cure, approfittava di quei momenti per organizzare degli incontri con i vertici delle altre cosche e interloquire sulle dinamiche criminali che lo hanno visto protagonista. Quello che è emerge è la sua volontà ferma e decisa di rivendicare il pizzo a tutte le attività che venivano a svolgersi nel territorio di sua ritenuta competenza. Nell’inchiesta sono emersi i rapporti con la cosca De Stefano, con la cosca Libri e con le cosche dell’area tirrenica».

L’inchiesta «Metameria», quindi, ha fotografato quelli che Bombardieri ha definito «due spaccati criminali che trovavano un punto i collegamento anche nei rapporti della cosca Barreca con i Condello. Sono dinamiche criminali che riscontrano quanto è emerso già con le indagini “Malefix” e “Pedigree” sui rapporti tra le cosche di Reggio centro».

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