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Uno striscione per la protesta a Gioia Tauro

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GIOIA TAURO (REGGIO CALABRIA) – «La nostra dignità è calpestata. Se hai soldi e conoscenze per un viaggio della speranza puoi farcela, altrimenti sei spacciato». È così che Carmela Centorrino grida la propria indignazione in piazza dell’Incontro durante la manifestazione di ieri a Gioia Tauro svolta per chiedere una sanità che garantisca assistenza a tutto il comprensorio della piana.

Giornata che ha visto la presenza dei sindaci, delle associazioni e di tutti i cittadini che lottano per il diritto alla cura e alla vita. Vita che Federica, la sorella minore di Carmela, ebbe stravolta nel febbraio 2013 quando scoprì di essersi ammalata di Linfoma non Hodgking al 4° stadio avanzato.

«Andammo all’ospedale di Gioia Tauro dopo che diversi medici a pagamento diagnosticavano a mia sorella una semplice dermatite -racconta la Centorrino – lì il Dott. Pugliese con una radiografia rilevò sul petto di Federica una massa tumorale che quasi le impediva il respiro. Non le davano che meno di 8 giorni di vita. In preda alla disperazione, in virtù del fatto che nel nosocomio di Gioia Tauro non poteva ricevere cure, chiamammo ogni ospedale calabrese, e in nessuno trovammo la disponibilità di un posto per accoglierla. Doveva essere ricoverata urgentemente in chirurgia toracica e fummo costretti ad allertare la polizia per farci ascoltare. Finalmente la ricevettero a Reggio, ma dopo giorni infruttuosi sotto ogni aspetto, tramite amicizie contattammo un medico dell’ospedale San Martino di Genova, e a nostre spese la trasportammo lì».

Federica dopo una battaglia contro la sofferenza, i disagi, le chemioterapie, in seguito ad un trapianto di midollo osseo, si è salvata, grazie alla propria forza e alla tenacia della sua famiglia che non si è arresa ad una sanità, che con ospedali mai entrati in funzione, reparti chiusi, mancanza di personale e medici specialisti, risulta a dir poco inadeguata. (g.m.)

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