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C’ERA un meccanismo dietro le richieste milionarie delle società di factoring sui debiti delle aziende sanitarie, un sistema ben rodato che potrebbe essere al centro dell’inchiesta della Procura di Milano che in queste settimane sta interessando anche la Calabria: ne abbiamo parlato con Santo Gioffrè, medico e scrittore che nel 2015 venne nominato commissario all’Asp di Reggio Calabria. Fu il primo a denunciare le anomalie contabili e il problema dei doppi pagamenti, vale a dire quelle fatture liquidate due volte ai creditori sfruttando il caos contabile delle amministrazioni sanitarie. Questione che lo scorso anno ha portato anche alla condanna di alcuni operatori privati.

Gioffrè, lei è stato il primo a denunciare quanto stava accadendo tra doppie fatturazioni e società di cartolarizzazione e factoring. Ci spiega cosa è successo?

«La cessione del credito a società di factoring per recuperare somme dovute, ma da tempo non pagate dal debitore, è procedura di diritto commerciale. Diventa tossica quando il debitore non è in grado di accertarsi se ciò che dovrebbe pagare sia dovuto o no. Mi sono accorto del sistema di cessione sospetta dei crediti dei fornitori in un caso particolare. Venni avvertito di una seduta del Tribunale di Catanzaro dove sarebbero stati trattati pignoramenti. Si trattava di richieste di crediti per cifre irrisorie nei confronti dell’Asp di Reggio Calabria. In quell’udienza, però, si sarebbero inseriti avvocati che agivano per nome e per conto delle società di factoring. Avvocati che chiedevano di trattare anche il pagamento di cifre spropositate. Era il 20 luglio del 2015. A sorpresa quella mattina mi presentai al Tribunale di Catanzaro accompagnato dagli avvocati dell’Asp. Iniziata l’udienza chiesi di poter intervenire. Dopo un attimo di sconcerto, il Presidente domandò chi fossi e a qual titolo chiedevo la parola. Dichiarando il mio ruolo, ricordo che molti dei presenti, riprendendo in fretta le corpose pile di carte, abbandonarono l’aula. Il Presidente mi lodò pubblicamente, dicendo che era la prima volta che l’Asp veniva rappresentata e difesa. In effetti, dissi che da allora in poi sarei stato sempre presente alle sedute. Prima, però, avrei preteso di sapere cosa veniva richiesto di pagare perché, da quel momento, avrei controllato la veridicità del credito presso la tesoreria dell’Asp. Anche perché, ulteriormente allarmato dalla fuga a cui avevo assistito, maturai il sospetto che all’Asp non venissero aperte le mail con le fatture inviate per i controlli. Quella volta, ricordo, che una richiesta di pagamento di 52.000 euro era già stata pagata nel 2010. La seduta successiva del Tribunale era prevista per l’ottobre dello stesso anno, il tempo che il Presidente mi aveva concesso per controllare le richieste rimaste. Il 5 settembre, fui sollevato dall’incarico dopo le segnalazioni dell’Anac».

L’ex commissario dell’Asp di Reggio Calabria Santo Gioffrè

Che potere hanno le società di factoring oggi in Calabria secondo Gioffrè?

«Teoricamente, a quei tempi, erano i padroni della contabilità orale dell’Asp di Reggio Calabria. Ora, sinceramente, non saprei. Nel corso degli anni nell’Asp reggina si sono insediati centinaia di Commissari ad acta. Da ciò se ne ricava la distorsione della contabilità».

Quanto influenzano la scarsa qualità delle cure nel nostro sistema sanitario?

«La cessione del credito, in un sistema in cui il bilancio di un’Asp per decenni non esiste per mancanza di carte contabili che accertino la veridicità delle uscite, può causare, come ha causato, buchi finanziari ed economici enormi. Deficit e sconquassi che si ripercuotono nell’impossibilità, da una parte, di far uscire la Calabria dal piano di rientro dal debito sanitario, dall’altra, a garantire strumenti e servizi sanitari ai bisognosi di cure. La Calabria, ricordiamoci, ha la griglia dei Lea i più bassi d’Italia».

Qual è il meccanismo applicato, secondo Gioffrè, dalle società di factoring rispetto ai crediti su fornitori?

«Dopo la mia presenza a Catanzaro, qualcuno mi fece avere un contratto tipo che una società di factoring gli aveva proposto. La persona si era meravigliata perché non riusciva a spiegarsi come avevano saputo che la sua società vantata crediti dall’Asp, indicando anche la cifra. Ricordo che il contratto ipotizzava il recupero celere delle somme, sia su titoli esecutivi che su carte contabili, con procedura di pignoramento presso terzi, maggiorati degli interessi di mora, per ogni anno di debito accumulato. La società avrebbe trattenuto il 35% degli interessi di mora. Mora e soldi che, all’interno di una contabilità normale, mai un’Asp avrebbe dovuto pagare. Teniamo presente che c’era chi avendo un titolo esecutivo in tasca, non attivava le procedure di recupero perché l’Asp paga l’8% l’anno d’interessi su quel debito. Ritengo che la questione ci sia ancora. Non solo, il pagamento di un titolo, ai miei tempi, poteva esser chiesto contemporaneamente su più piazze d’Italia. Vista la carenza dei controlli, ipoteticamente, poteva succedere di tutto. Come sicuramente è successo che lo stesso credito sia stato pagato due volte, nelle more della richiesta di normale di pagamento di somme dovute presso la ragioneria dell’Asp e nella contemporanea cessione del credito alle società di factoring».

Gioffrè, che ne pensa di questa operazione di circolarizzazione del debito pregresso anche il ricorso a società di factoring?

«Io l’ho già vista a Reggio Calabria. Il problema è sempre quello. Se un’Asp non ha gli strumenti pratici atti a controllare la giustezza e la veridicità delle carte che un fornitore esibisce per il pagamento di somme, come richiesto dall’Asp stessa, bisogna affidarsi all’onestà del creditore, sia come azienda che come società di factoring. Ai miei tempi, il timore era che ciò che si chiedeva all’Asp poteva esser già stata pagato. Per questo, tutti avevano paura di firmare. Quando mi accorsi che, effettivamente, esisteva il problema, al di là dei decreti ingiuntivi comunicai all’ingegnere Scura, commissario di Governo, che l’unica cosa da fare era di ricostruire gli ultimi 15 anni delle poste di bilancio dell’Asp di Reggio Calabria. Cioè, ricostruire tutti i pagamenti effettuati attraverso vari modi: decreti ingiuntivi, pignoramenti in estensione, ottemperanza, pagamenti della ragioneria, pagamenti fatti dalla Dbe a Catanzaro. Quando capirono a cosa miravamo, mi sollevarono dall’incarico. Se avessi potuto continuare, avremmo saputo tutto ciò che si era pagato, a chi si era pagato, quante volte si era pagata la stessa fattura, quanti titoli esecutivi c’erano in giro e chi li possedeva».

Pensa che oggi la situazione sia cambiata?

«Avendo deciso di ricorrere alla circolarizzazione come forma di accertamento del debito, immagino che si siano dotati di strumenti efficaci atti a prevenire le vecchie furbizie che hanno portato a furti ingenti delle finanze delle Asp».

In generale quali sono i buchi, le falle che impoveriscono il nostro sistema sanitario?

«A noi calabresi nessun Dio falso e bugiardo ci ha ridotto in questo stato. Noi siamo entrati nel piano di rientro assieme ad altre nove Regioni nel 2009. Nove, aggiustando i loro conti, ne sono uscite, noi no. La domanda che sempre pongo è: perché non ne usciamo? Il piano di rientro ha portato subito a due provvedimenti di macelleria sociale. La chiusura di ben 18 ospedali con la perdita di migliaia di posti letto e il blocco totale di personale medico e ausiliario. Questo sistema, dopo 15 anni ha causato il disastro sociale che stiamo vivendo. Col paradosso di pagare, sotto forma di emigrazione sanitaria, ben 300 milioni di euro ai sistemi sanitari del Nord».

Gioffrè, cosa ne pensa del nuovo programma di riordino della rete ospedaliera?

«Proposito ed intento nobile ma che, in relazione a ciò che ho già risposto sopra, sarà impossibile realizzare. Qui hanno rubato, da tempo».

Tra crisi economica e crisi di personale pensa che questo nuovo piano sia applicabile?

«È il fattore umano che, drammaticamente, ormai manca. I concorsi vanno deserti e l’Autonomia Differenziata metterà una pietra tombale sulla Calabria».

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