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La sindaca di Villa San Giovanni, Giusy Caminiti

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Prima di tutto, una confessione: la nostra massima ammirazione umana per Giusy Caminiti, sindaca di Villa San Giovanni, che per una notevole congiuntura della Storia si trova a guidare la città forse nel momento in cui la costruzione del Ponte sullo Stretto appare più vicina. Perché lo vuole il governo, lo vuole fortissimamente Salvini, e anche il presidente Occhiuto sta sulla stessa linea. Siamo quasi all'”ora o mai più”, tredici miliardi sul piatto, le aziende in campo (i progettisti meno), gli espropri che partono. Non subito, perché fra gli annunci e le ruspe passeranno gli anni: ma la gente ha paura.

L’ammirazione è anche professionale perché Caminiti faceva la giornalista e si è trovata quasi all’improvviso a capo di un movimento civico che ha conquistato la città, dopo decenni di alta e bassa politica, il commissariamento del Comune, il dissesto. Un movimento sottovalutato da Pd e Cinque Stelle, sostenuto dalle tante associazioni che lavorano sul territorio e che fanno la politica vera, lontana dai cacicchi e dai pacchetti di voti.

Si tratta di cittadini elettori per la maggior parte “No Ponte”. Sento già le critiche ai nemici del progresso e della modernità, i paragoni con paesi come la Turchia, dove i ponti nascono come funghi. Che sarà mai, il sacrificio di un lungomare con le sue casette, fra la Chiesa della Madonna delle Grazie della frazione di Pezzo e la Madonna di Porto Salvo di Cannitello frazione di Villa: del resto tutti i calabresi ricordano che per fare spazio a un centro siderurgico mai costruito fu cancellato un paese e abbattuti settecentomila ulivi.

Ma in questi mesi, paradossalmente, non si tratta di essere a favore o contro per principio. Si tratta di capire. Oggi, ed è una buona notizia, si terrà una seduta del consiglio comunale aperta, con la partecipazione di esperti per l’assetto ambientale, urbanistico, per gli effetti legali. E le domande sono tante. Per esempio: possono essere annunciati i famosi espropri se non c’è un progetto esecutivo? E cosa vuol dire esattamente “data di inizio dei lavori?”.

Siamo ancora all’inizio. La trasparenza però è una questione nazionale. La più grande delle Grandi Opere va spiegata a tutti i cittadini italiani, molti dei quali pensano ancora che il Ponte unirà Reggio Calabria e Messina.

Poi c’è la dimensione virtuale e propagandistica: il ministro Salvini che spara numeri e slogan, e canta vittoria; la società “Stretto di Messina” che ispira una vivace pagina Facebook dove sembra veramente tutto già pronto. Dalle torri alte 399 metri alle 4 corsie più due di emergenza, il treno e la pista ciclabile, con un tripudio video di operai della WeBuild (che ha appena costruito un ponte sul Danubio in Romania), e una nutrita rassegna dei ponti più lunghi del mondo.

In mezzo, il rendering che cambia la faccia al nostro amato Stretto, dove l’opera a una navata si può quasi toccare. Ma passate da Cannitello e rimarrete delusi, non c’è ancora nulla, anzi qualcosa rimane: un sarcofago di cemento che copre la ferrovia, prima pietra della Grande Opera ai tempi del governo Berlusconi. La pagina Facebook non dorme mai e scrive perfino: «Abbiamo letto il comunicato di alcuni docenti locali contro il Ponte sullo Stretto e lo troviamo veramente triste». Così, senza una firma.

Prima, molto prima delle ruspe, c’è bisogno di sapere tutto. E i tempi della verifica non corrispondono a quelli del ministero. Non si sa quando la Commissione che si occupa della valutazione di impatto ambientale potrà esprimersi, e su quale progetto poi? Il Consorzio ne ha presentato uno che ricalca quello del 2012.

Se poi parlate con i cittadini (ai quali andrebbe quanto meno concesso un referendum consultivo, anche se non è obbligatorio) la paura più grande è solo una: che vengano aperti i cantieri, e che l’opera poi si pianti; per mancanza di soldi, per ricambio politico. Intanto, fateci sapere tutto: il rischio sismico, le correnti, l’impegno del Viminale per la protezione dei cantieri, (perché si sa chi guadagna sui lavori pubblici), la difesa delle zone marine protette. E ancora: la nuova ferrovia, il sistema dei trasporti di Calabria e Sicilia che è fermo al primo Novecento, l’acqua che non c’è, “e noi come lo impastiamo il cemento per il ponte?” dice una vignetta che gira per whatsapp.

Tutti temi che il Quotidiano cercherà di sviluppare. Se poi il Ponte nascerà sul serio, se anche gli scettici si convinceranno e i cantieri lavoreranno a tempo di record, e tutta Italia guarderà al nostro miracolo, abbiamo solo una preghiera. Che un angolino sia dedicato a quei quattro operai e mezzo che morirono nel luglio ’70 durante la posa del cavo elettrico fra i due piloni dello Stretto. Non se ne accorse nessuno, erano i giorni della Rivolta, era esplosa la rabbia per il Capoluogo. Il mezzo operaio – come scrisse Ninello Nerpa in una poesia – era un apprendista di 15 anni.

Ecco, tocca chiedere trasparenza anche sulla sicurezza sul lavoro, siamo pronti ad ascoltare.

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