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REGGIO CALABRIA – Campeggiava proprio sotto lo sguardo dei Guerrieri di Riace il grande Mandala della Pace Universale. Domenica, al Museo di Reggio Calabria,  nella grande Agorà  un angolo di Tibet, che ha vissuto e respirato nel Museo archeologico per due intense settimane. Due settimane in cui i quattro monaci tibetani Geshe Dorji Wangchuk, Geshe Thubten Yeshe, Geshe Tsering Penjor e Geshe Thubten Dargye, hanno realizzato, sotto gli occhi di centinaia di bambini e visitatori, la grande opera della Pace universale. Un  intarsio incredibilmente leggero, come le sabbie tibetane accese dai colori dell’Oriente, questo Mandala ipnotico. Le hanno soffiate, quelle sabbie, e accostate sul grande rettangolo per 15  giorni  tra la preghiera del mattino e della sera. E domenica, nella giornata conclusiva del tour portato in città dall’Istituto Thubten Shetrub Lin di SIlviuo Strano, l’apice di una esperienza unica. 

Intorno alla pedana del Mandala tanta gente, bambini e giovani. Gambe incrociate e rispettoso silenzio. Uno dei monaci più giovani intona il primo canto. Le cinque voci, basse quasi a pescare nel cuore dell’universo, fanno vibrare il museo.  Suoni e ritmi antichi, ancestrali si intrecciano alle voci dei bimbi che chiedono. Oli e piccole fiaccole, petali di fiori , dal giallo al rosso, si mescolano, mentre la preghiera, incessante e circolare, non si ferma. E’ il lama a illustrare cosa sia il Mandala della Pace universale e quali profondi significati porti con sé. La meditazione, la preghiera, la ricerca, nell’ascolto, tradotto con le sabbie in un intreccio di sottili incastri a formare  quasi una tela, un racconto, un viaggio.  Un grazie  e i doni, dai monaci , alla soprintendente Simonetta Bonomi che, scalza, ha guadagnato la pedana. E a Silvio Strano. «Questo angolo di Oriente qui  ha simboleggiato un abbraccio universale – ha detto Bonomi –  l’incontro con una cultura diversa dalla nostra, in un luogo, il Museo, che questo vuole essere». 

I colori del Mandala fiammeggiano. Si avvia la cerimonia di distruzione. I monaci inforcano un grande cappello giallo, in mano incensi profumati. Il monaco anziano indica al giovane dove tagliare il Mandala, con un sonaglio.  Finchè con una pezzuola ricamata il mandala  viene “spazzato” delicatamente. I colori si confondono tra di loro. La sabbia   al centro del tavolo. Il grande quadro intarsiato adesso si mostra per quello che in origine era, un mucchietto di sabbia. Ritornata al suo stato originario pur conservando i colori e l’energia. Da qui la distribuzione delle sabbie  ai presenti.  Il Museo è stracolmo. Tanta gente fuori dal cancello. La sabbia rimasta viene riposta in un’urna. Avvolta in un drappo damascato. Parte il corteo.  Sul lungomare in tanti vengono colti di sorpresa. Si arriva tutti all’Arena. Sotto la statua di Athena il mare è  un lago piatto d’oriente.   I monaci intonano un canto e imbracciano i corni. Musica, sullo Stretto che guarda. Energia che si muove, in una terra aspra e bella  quanto maledettamente difficile. L’urna si apre. Un vortice leggero di petali vibra tra le onde. La sabbia  della pace vola, nelle acque della città, che di pace ha tanto bisogno. 

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