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Francesco Limardo

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VIBO VALENTIA – Non sono bastati sette anni e mezzo, divenuti oltre otto per via di legittimi impedimenti e di scioperi degli avvocati, per evitare una prescrizione scattata addirittura a novembre scorso ma per la cui sentenza, salvo se le difese non vi rinunceranno, bisognerà attendere il prossimo giugno. È l’ennesimo verdetto al palazzo di giustizia di Vibo che termina già in primo grado con un epilogo già visto anche se questa volta a renderlo particolarmente amaro è l’oggetto del processo: la morte sospetta di un uomo per la quale sono a dibattimento, davanti al Tribunale monocratico, due medici. Lui si chiamava Francesco Limardo, aveva 45 anni quando venne a mancare la mattina del 30 luglio del 2008 in seguito ad una pancreatite che si sarebbe sviluppata per una mancata formulazione di diagnosi e di un mancato intervento terapeutico.

A processo finirono tre medici: Giuseppe Custurone, Giuseppe Furci ed Enzo Natale. Ma, mentre per quest’ultimo il procedimento finì in primo grado con un verdetto assolutorio, l’altro filone è andato, per così dire, avanti. Ieri mattina però, complice lo sciopero dei penalisti, l’udienza è stata rinviata all’8 giugno, con il presidente del Tribunale, Graziamaria Monaco che ha rilevato come la prescrizione del reato di omicidio colposo fosse già intervenuta il 26 novembre 2016 (scatta dopo 7 anni e mezzo) nonostante tre legittimi impedimenti e due scioperi degli avvocati che ne avevano dilatato il termine. Binario morto, dunque. Limardo, la cui famiglia si è costituita parte civile, il 21 luglio 2008 venne portato al Pronto soccorso dell’ospedale “Jazzolino” in preda ad uno stato di malessere generale. Venne sottoposto ad una serie di accertamenti fra i quali delle analisi del sangue che si sarebbero rivelate decisive nella vicenda. Infatti, proprio l’esame di quelle analisi avrebbe potuto, secondo quanto riportato nella perizia del medico legale Cardamone, salvare la vita al 43enne. Come evidenziato dal perito della Procura, il Laboratorio di patologia diagnostica clinica dell’ospedale «non ha completato gli esami richiesti dal Pronto soccorso, non ha proceduto alla stampa del relativo referto» e infine «al suo inoltro ai richiedenti». Successivamente si era innescato un effetto a catena.

La mancata consegna delle analisi avrebbe portato, infatti i sanitari del Pronto soccorso a procedere «alle dimissioni del paziente prima che fossero giunti gli esami di laboratorio richiesti» e di fatto senza avere il completo quadro clinico. L’eventuale colpa medica risiederebbe, dunque, in questo mancato approfondimento della diagnosi. Al momento del primo arrivo in ospedale, Limardo aveva valori di glicemia pari a 519 contro un range ordinario compreso fra 70 e 115. Questo eccesso aveva portato alla conseguente pancreatite, cui fece seguito il decesso. Il processo è di fatto finito anche se il giudice Monaco ha correttamente fatto presente che non vi è ancora sentenza di prescrizione e che quindi gli imputati, assistiti dagli avvocati Nicola Riso e Giovanni Marafioti, potrebbero sempre rinunciarvi e proseguire il dibattimento. La domanda è: lo faranno?

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