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L'aula bunker di Lamezia Terme dove si celebra il maxi-processo

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LAMEZIA TERME – Neanche il tradizionale “buongiorno”. Che il controesame di Salvatore Staiano ad Andrea Mantella sarebbe stato particolarmente pirotecnico lo si è notato fin dalle primissime battute.

«Farò solo domande per una durata di 30 minuti», ha esordito il legale di Giancarlo Pittelli (e di altri imputati) ma poi sia il numero che la tempistica si sono inevitabilmente dilatati.

E tra toni accesi, botta e riposta secchi tra l’avvocato e i due pubblici ministeri Annamaria Frustaci e Antonio De Bernardo, con il Tribunale che ha mediato – in alcuni frangenti con non poca fatica – l’escussione è scivolata velocemente.

Era, quella di oggi, l’udienza più attesa di tutto il processo Rinascita-Scott finora e a livello emotivo non ha certo tradito le attese. Ma i processi si giocano sulla conferma dei riscontri e l’avvocato Staiano ha fatto ricorso a tutta la sua esperienza per cercare di ottenerli, minando alla credibilità generale del collaboratore di giustizia, lo stesso che ha mandato a processo a Catanzaro per le false perizie mediche.

La presunta corruzione di un giudice. Il collaboratore ha ricordato che fu Francesco Scrugli a chiedergli «30mila euro da dare a Tonino Daffinà e tramite un avvocato al giudice, per farmi mandare agli arresti domiciliari, per come poi avvenne. Ma non ho mai detto di aver personalmente corrotto il magistrato».

La questione patrimoniale. «Non avevo niente quando mi sono pentito perché i beni mi erano stati confiscati tempo prima, beni che erano stati stimati dal procuratore Spagnuolo per un valore di 6 milioni di euro. Sono un capo senza portafoglio», ha affermato l’ex boss di Vibo.

E così, sulle possibilità economiche si è concentrata un ulteriore segmento dell’esame di Staiano nel quale ha rilevato che le affermazioni di Mantella non collimano con altre sue dichiarazioni intercettate con la moglie in cui diceva «resto morto di fame», mentre in più di un’occasione riferiva che veniva mantenuto dai Bonavota.

La replica del teste: «Una persona poco attenta non avrebbe potuto non ricorrere a delle accortezze per non far capire a chi mi ascoltava che i soldi li avevo, soldi che non so dove siano andati a finire».

Saverio Razionale picchio o minacciò Laudonio? Questa la domanda posta dal legale al pentito, per poi aggiungere: «Razionale non poteva raccontarle una cosa del genere perché non era in carcere per aver aggredito il procuratore di Vibo, Laudonio, perché questi non lo aveva avvisato di aver messo il suo telefono sotto intercettazione, ma per aver reso false dichiarazioni al pubblico ministero per il quale stava scontando un definitivo. E l’avvocato che lo difese era Pittelli».

La figura di Pittelli. Buona parte del controesame si è poi focalizzata sulla figura dell’avvocato, ex parlamentare, Giancarlo Pittelli: «Razionale mi raccontò di aver fatto una visita in Austria con il suo nome scritta su un campanello d’oro», ma Staiano ha rilevato come dal catasto tavolare non esista alcuna casa a nome dell’imputato: «Io voglio dimostrare – ha aggiunto il legale – che Mantella non contava nulla e che anzi era preso in giro dagli ambienti criminali».

E proseguendo nella sua azione finalizzata a minare la credibilità del collaboratore di giustizia, Salvatore Staiano ha affrontato la vicenda della scarcerazione di Gregorio Gasparro attraverso un presunto accordo corruttivo tra il giudice Pasquin e Pittelli, e questo stando quanto «mi ha raccontato Saverio Razionale».

«Lei sa se la Pasquin era al gip o al Tribunale in quel periodo (erano i primi anni ’90, ndr)? In quel momento – aggiunge l’avvocato – lei era pubblico ministero, e Gasparro viene giudicato dal Tribunale della libertà nei confronti del quale la Pasquin aveva presentato ricorso contro la gradazione della sua misura».

Il pestaggio di Pittelli. La confidenza sarebbe avvenuta in carcere tra il dicembre del ’98 e l’estate del ’99, a Palmi. «Ha saputo da Razionale che Peppe Mancuso avrebbe picchiato Pittelli perché nel processo Tirreno aveva favorito Luigi Mancuso a lui?», chiede Staiano, che rileva immediatamente: «Ma come è possibile questo se entrambi si beccarono due ergastoli? E poi nel 2000 non potevano più parlarsi perché erano in carceri diverse, e infine la posizione di Peppe fu annullata. La sentenza di Luigi Mancuso era invece del 2002 e il giudice Carnovale della Cassazione del quale ha fatto riferimento come persona coinvolta nella corruttela era sospeso dalla magistratura».

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