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CATANZARO – Otto anni e mezzo di reclusione ciascuno per due boss di spicco della ‘ndrangheta come Pantaleone “Luni” Mancuso e Giovanni Trapasso, capi indiscussi delle omonime cosche di Limbadi e San Leonardo di Cutro.

Lo ha deciso la Corte d’Appello di Catanzaro che ha sostanzialmente confermato, come chiedeva la Procura generale, la sentenza emessa nell’aprile 2021 dal Tribunale penale di Crotone nel troncone processuale scaturito dall’inchiesta che, quattro anni fa, portò all’operazione “Via col vento”, con cui la Dda di Reggio svelò presunti tentacoli dei clan sui parchi eolici di mezza Calabria. È stata, però, ridotta la pena da 5 anni e 3 mesi a 8 mesi (con la sospensione condizionale) per Riccardo Di Palma, di San Lupo (in provincia di Benevento), assolto da un capo di imputazione, e confermata quella di 5 anni e 3 mesi a Giuseppe Errico, di Cutro.

Il verdetto è giunto dopo che, nelle udienze precedenti, sono state pronunciate le arringhe dell’avvocato Pietro Pitari, difensore di Trapasso; dell’avvocato Salvatore Iannone per Errico; dell’avvocato Francesco Sabatino per Mancuso e degli avvocati Spina e Mileti per Di Palma. Il business su cui avevano allungato le mani, secondo l’accusa, alcune delle cosche più potenti della ‘ndrangheta, come i Paviglianiti radicati nel Melitese, i Mancuso di Limbadi, i Trapasso di San Leonardo di Cutro e gli Anello di Filadelfia, era quello degli impianti di Amaroni, San Lorenzo, Cutro e Crotone.

Nel processo si erano costituiti parte civile la Nordex e l’imprenditore Massimiliano Arcuri, assistiti rispettivamente dagli avvocati Federico Brancaleonte e Giuseppe Barbuto, che si erano associati alle richieste del pm. In particolare, le condanne sono scattate per tentata estorsione e concorrenza illecita con l’aggravante mafiosa poiché gli imputati avrebbero tentato di condizionare l’affidamento del servizio di trasporto di pale eoliche della Vestas da Taranto a Cutro alla Fe Trasporti di Giuseppe Evalto, per cui si procede a parte, e alla Molisana Trasporti di Di Palma. I quattro erano accusati anche di estorsione e concorrenza illecita ai danni dell’imprenditore crotonese Massimiliano Arcuri e di Geo Trasporti, al fine di costringere le ditte a cedere i lavori per la costruzione del parco eolico nella località San Biagio di Crotone che erano stati loro appaltati dalla multinazionale Nordex. Di Palma è stato anche condannato a risarcire la parte civile Arcuri in relazione al reato di tentata violenza privata nella quale è stata derubricata l’originaria accusa di estorsione.

Gli arresti erano scattati nel luglio 2018 nell’ambito di un’inchiesta avviata nel 2012 dalla Dda reggina che avrebbe fatto luce su pesanti infiltrazioni mafiose nel settore eolico un po’ in tutta la Calabria. Perfino multinazionali come Gamesa, Vestas e Nordex sarebbero state costrette a pagare il “pizzo” liquidando alle aziende segnalate da Evalto, faccendiere ritenuto vicino al boss Mancuso, compensi per prestazioni sovrafatturate o mai svolte. Gli imprenditori sarebbero stati costretti a subappaltare i lavori per la realizzazione di parchi eolici a imprese controllate dalle cosche, anche aggirando i regolamenti contrattuali. Singolare che i boss Trapasso e Mancuso fossero appellati nelle intercettazioni come “ingegneri”. Loro due avrebbero stabilito come aggirare il divieto di subappalto, in taluni casi col “benestare” delle multinazionali che nessuna obiezione avrebbero mosso per mantenere quella “tranquillità ambientale” necessaria all’attività imprenditoriale, ma utile ai fini di una spartizione mafiosa in spregio a logiche di mercato e concorrenzialità.

Gli inquirenti hanno filmato anche scene da un matrimonio, ma Bergman non c’entra: sono quelle con i tavoli per gli “uomini” d’onore da una parte e per le donne dall’altra, perché così si può parlare in maniera riservata di faccende delicate. Scene con il capomafia Trapasso che, essendo sottoposto a soggiorno obbligato, doveva allontanarsi dal convivio entro le 19. E soprattutto con le “buste”, intese come dono in denaro. Tra le quali quelle delle ditte sequestrate nell’inchiesta. Evalto e Di Palma, in particolare, specificavano in calce al biglietto augurale la ragione sociale dell’impresa. «Scrivi – sottolineava il logorroico Evalto – di sotto a stampatello “La Molisana”… da come hai scritto non capiscono manco chi ha scritto queste cose».

C’erano anche i due imprenditori insieme al gotha della super cosca capeggiata dal boss Nicolino Grande Aracri quel giorno, all’hotel Park Jonio di Steccato di Cutro, il cui titolare, Errico, era finito sotto accusa essendo la struttura ricettiva ritenuta sede dei summit e base logistica per la cricca del vento. Poche ore prima del ricevimento gli uomini di fiducia di Grande Aracri erano stati peraltro notati dagli inquirenti vicino casa sua.

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