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Il tribunale di Vibo Valentia

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«Tutti sono diventati milionari con la droga e i soldi li nascondevano sottoterra», le rivelazioni di Raffaele Moscato sulla ‘ndrangheta vibonese

VIBO VALENTIA – I traffici di cocaina e le figure dei principali imputati sono stati gli argomenti tratteggiati stamani dal collaboratore di giustizia Raffaele Moscato, ex azionista del gruppo dei piscopisani all’udienza del procedimento penale denominato “Adelfi” iniziato ieri mattina davanti al Tribunale collegiale presieduto dal giudice Tiziana Macrì, che vede imputate 70 persone per narcotraffico.

TUTTI MILIONARI CON LA DROGA, PRIMA LE DICHIARAZIONI DI MOSCATO POI I DETTAGLI DI MANTELLA 

Il pm della Dda di Catanzaro, Irene Crea, ha incalzato Moscato che ha riferito in primis di Vincenzo Barbieri (“un grosso broker della droga che venne ucciso a San Calogero”), e poi delle persone che operavano con lui.

«Da Giuseppe Fortuna mi pare, a Giuseppe Topia e Antonio Franzè (alias “Platinì”, ndr). Con quest’ultimo – ha aggiunto – mi sono conosciuto in carcere. Poi è stato “battezzato” da Rosario Battaglia, Giuseppe Ranieri (Torcasio) e da me. La sua intenzione era quella di stare col nostro gruppo e non appartenere ad alcun altro. Fu lui stesso a dirmi che insieme a Topia era capo promotore del sodalizio e che partiva con l’auto dirigendosi a Madrid da dove, potendo utilizzare un altro nome senza essere intercettato, si spostava tramite aereo, in Brasile e da lì un nuovo viaggio, sempre su un velivolo verso la destinazione finale allo scopo di trattare la cocaina con i colombiani per conto di Barbieri. E prima di lui queste trasferte mi ha detto che le faceva Topia».

Moscato – assistito dall’avvocato Annalisa Pisano – ha ricordato che il suo gruppo di appartenenza “ha investito diverse somme nei traffici di cocaina con l’intenzione poi di parteciparvi”, ma tutto si bloccò perché “nessuno di loro (intesi i vari Topia e Franzè, ndr) è uscito più dal carcere”. Il pentito ha anche tratteggiato la figura di Giorgio Galiano, genero di Barbieri. Identificandolo come “uno dei capi promotori che trattava con i colombiani. Che poi, per come da imbasciata ricevuta in carcere, è stato affiliato nel penitenziario di Lanciano insieme ad Angelo Maiolo”.

GLI ALTRI PERSONAGGI AL CENTRO DELLE DICHIARAZIONI DI MOSCATO

Altri personaggi su cui ha riferito, sono stati i fratelli Pugliese ricordando che la conoscenza con entramdi è avvenuta in carcere a Vibo (li conosceva più approfonditamente Pino Fazio) per poi precisare di “non aver mai avuto a che fare con loro”  ed aggiungere, tuttavia, di sapere che “trafficavano droga già nel 2006-2007” e che “avevano un villaggio nella zona di Briatico. Uno di loro stava in Colombia e aveva un ristorante”.

Altro imputato sul quale si è soffermato Moscato è stato Antonio Della Rocca, alias “Spillo”. «Cugino di Franzè il quale mi raccontò del viaggio fatto col congiunto in Brasile. Mi aggiunse che fu arrestato da innocente perché non aveva fatto nulla in quella trasferta. Anche se conosceva le finalità del viaggio riferite all’acquisto di un carico di cocaina poi sequestrato a Livorno. Franzé mi raccontò che proprio per quell’epilogo per lui negativo doveva comprargli una casa”. Si è quindi passati alla figura di Filippo Paolì: “Operava nello stesso gruppo di Franzé e Topia – ha riferito Moscato – il giorno dell’operazione gli sequestrarono 50mila euro nascosti in un casco nel suo garage ma non erano i suoi: glieli stava tenendo a Franzè”.

«TUTTI TRAFFICAVANO CON LA DROGA»

Proseguendo nel suo racconto, Moscato ha riferito che “oltre ai piscopisani i gruppi che investivano nel narcotraffico erano tantissimi e andavano dai Mancuso, agli Accorinti, dai Fiarè agli Emanuele”.

Sui Mancuso ha specificato che erano quelli che immettevano le maggiori risorse, anzi “organizzavano proprio i traffici, tant’è che si diceva che controllavano insieme ai Pesce e Piromalli il porto di Gioia Tauro” e che Domenico  Campisi e Vincenzo Barbieri “gestivano per conto della famiglia di Limbadi”, aggiungendo che “su Roma, se la vedevano Pantaleone Mancuso alias “l’ingegnere” con il figlio, mentre nel Vibonese c’era l’altro Pantaleone, detto “Scarpuni”, operando sia col gruppo di Barbieri che di Campisi”.

Parlando dei due presunti vertici del clan, il collaboratore ha raccontato di aver appreso che “i rapporti tra i due non erano buoni” ma che poi “avevano fatto la pace”; mentre su Barbieri ha affermato che a questi “ad un certo punto non andava più d’accordo con alcuni esponenti dei Mancuso e pertanto ci è arrivata da Sarino Battaglia l’imbasciata di uccidere Francesco Ventrici, che era un broker che lui aveva “creato”, solo che poi non se ne fece nulla. Quest’ultimo era in società con Barbieri che l’aveva preso con sé dopo  averlo sottratto al giro dell’usura”.

I SOLDI NASCOSTI SOTTOTERRA

La narrazione del pentito ha toccato anche Peppone Accorinti, presunto boss di Zungri, che “con la droga ha fatto tantissimi soldi”, specificando – in ordine alle modalità di importazione dello stupefacente – che il “denaro veniva consegnato a Galeano e Barbieri e quando arrivava il carico veniva preso; carico che – ha aggiunto – arrivava al porto di Livorno e a quello di Gioia, ma anche in scali europei, ma non so quale fosse di preciso la destinazione finale, di certo la Calabria era una di queste”, e per il trasporto “una volta Franzè mi disse che avevano un’azienda per occultare la cocaina nei carichi, affidandola a Pugliese, e dopo la sua morte si puntò tutto su Barbieri il cui gruppo teneva i soldi in Calabria ma anche a Bologna e nelle varie banche, come a San Marino, oppure venivano messi nei bidoni sottoterra”.

L’ANEDDOTO SU BARBIERI E IL PROGETTO DI OMICIDIO DI “SCARPUNI”

L’aneddoto su Barbieri. Moscato ha poi raccontato un aneddoto proprio su Barbieri per come riferitogli da Sarino Battaglia (ritenuto elemento di spicco dei Piscopisani). «Mi disse che il giorno prima del suo omicidio (marzo 2011) gli chiese 250mila euro  e che lui si era messo a disposizione e glieli avrebbe dati dissotterrandoli da qualche parte nelle campagne di san Calogero».

Successivamente ha ricordato il presunto progetto omicidiario ai danni di “Scarpuni” ad opera di “Antonio Campisi per vendicare l’uccisione del padre”, che si inseriva in una faida tra il sodalizio che faceva capo a quest’ultimo e quello di Barbieri: “I due gruppi pensavano che dietro l’uccisione di Campisi ci fosse il gruppo Barbieri e viceversa anche perché erano in competizione per lo smercio della droga”.

MOSCATO: «TUTTI MILIONARI CON LA DROGA»

Con il traffico di droga sono diventati tutti milionari ha commentato Moscato a domanda del Pm Crea: “Franzè si è costruito casa, Topia aveva conservato 2 milioni di euro, Galeano 4-5 milioni che erano di Barbieri dopo averli dissotterrati; ma tutti vivevano nel lusso, avevano orologi costosi, e alcune delle loro donne avevano preziosi anche di 40mila euro; oppure auto di decine di migliaia di euro”. A Barbieri “poi portavano costantemente somme di denaro, anche nell’ordine di un milione di euro, a Bologna, e li trasportavano nascondendoli nei contenitori di caffè per superare i controlli della Finanza”.

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