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La conferenza stampa sull'arresto di Rosario Pugliese

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QUANDO ha visto i carabinieri del Nucleo investigativo e dello squadrone “Cacciatori” davanti a sé, non ha proferito parola. Ma ciò non toglie che fosse sorpreso. Era tranquillo, così come lo è stato verosimilmente per tutto il periodo della latitanza, da quel 19 dicembre dello scorso anno.

E a quasi 365 giorni da quel dì che cambiò la storia nel Vibonese, ecco che uno dei maggiori capi delle ndrine di Vibo Valentia finisce nella rete dell’Arma (LEGGI). Rosario Pugliese, alias “Saro Cassarola”, è in carcere. Era uno dei pochi riusciti a scampare alla cattura la mattina di “Rinascita-Scott”.

È stato individuato con metodi tradizionali: appostamenti, pedinamenti di persone a lui vicine. E stamani, come detto, l’entrata in azione dei militari della Benemerita. Non si era nascosto in un locale angusto o in un casolare abbandonato. No, è stato scovato in un appartamento di Bivona, frazione di Vibo, dotato di tutti i comfort.

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Una latitanza quasi dorata per il capo dell’omonimo gruppo criminale che i Pardea-Ranisi e Mommo Macrì volevano fare fuori e che proprio l’operazione dei carabinieri e della Dda dello scorso anno sono riusciti ad impedire arrestando anche chi quell’omicidio lo aveva progettato e stava per compierlo. Sarebbe stata solo una mera questione di giorni.

Pugliese – accusato di associazione mafiosa, e il cui ruolo gli consentiva di impartire disposizioni ai vari sodali della consorteria su attività estorsive e del controllo del territorio – all’interno dell’alloggio di un’anonima palazzina di Bivona, non aveva però né cellulari né armi al momento del blitz, a riprova che non sospettava minimamente di avere già il mirino puntato addosso.

Per sua fortuna non era quello di un killer assoldato dai rivali ma quello degli uomini agli ordini dei capitani Alessandro Bui e Alessandro Papuri e coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia guidata dal dott. Nicola Gratteri. Non ha opposto resistenza, non avrebbe potuto in alcun modo farlo, né fuggire visto che si trovava ai piani alti e comunque tutta la zona era stata cinturata mentre un velivolo dell’Ottavo Elinucleo scrutava ogni movimento.

Le parole di Gratteri

Arriva al Comando provinciale dell’Arma in una inusuale tuta nera a strisce arancione. Alla tradizionale guida del Suv, saluta rapidamente i cronisti e si fionda all’interno dell’edificio per mettere a punto i dettagli della Conferenza stampa. «Ero a Lamezia per la costruenda aula bunker che sarà terminata il 15 dicembre», avrà modo di dire in apertura dell’incontro con i giornalisti.

Un Nicola Gratteri in tenuta sportiva e sempre diretto e cristallino nell’esporre le cose, che oggi hanno ancor più il sapore della soddisfazione per l’arresto di Rosario Pugliese: «Un grosso step che arriva dopo la tenuta a livello probatorio della nostra indagine (riferendosi alle decisioni del Gup su Rinascita-Scott». Quello di oggi è l’ennesimo colpo inferto alla criminalità vibonese dalle forze dell’ordine che «non si adagiano sugli allori ma continuano a lavorare sul piano investigativo».

Sì, perché per Gratteri «non era concepibile che su questo territorio ci potessero essere latitanti di rilevante spessore. Per noi la priorità è anche questo per due ovvi motivi: sono soggetti pericolosi in quanto fuori controllo e necessitano di protezione e tale esigenza può portarli a minacciare le persone; il secondo aspetto è che essere latitanti sul proprio territorio significa esternazione del potere, forma di arroganza, quindi per noi è un valore aggiunto e dimostra che noi ci siamo».

Altro punto toccato dal capo della Dda è stato su “Rinascita Scott” che inizierà tra gennaio e febbraio: «È sì un processo importante, ma è uno dei tantissimi che ho fatto nel corso di più di 30 anni di carriera; lo definisco una pietra angolare, che è una pietra particolare rispetto ad un muro, ma non deve essere trasformato nel processo dei processi. Ricordo tra Catanzaro e Reggio procedimenti penali altrettanto importanti; d’altronde non è il numero degli imputati che rende tale una indagine, ma è la qualità, il livello probatorio ed altro. Certamente “Rinascita-Scott” è un processo importante perché abbiamo avuto l’idea, l’intuizione di pensare ad un concetto di unitarietà della ‘ndrangheta e che proprio nella provincia di Vibo fosse possibile parlare di struttura mafiosa verticistica in cui c’era una famiglia dominante con altre famiglie satelliti».

Il comandante dell’Arma, Bruno Capece ha parlato di squadra vincente che si è ulteriormente rafforzata così come si il pool investigativo con l’arrivo del quarto magistrato della Dda con competenza su Viibo (Andrea Giuseppe Buzzelli). A riferire sulle modalità operative del blitz è stato infine il capitano Bui: «Lo abbiamo scovato ricorrendo a metodi tradizionali, monitorando la sua rete relazionale»; lo stesso ha poi riferito un aneddoto – di fatto un déjà vu – di quando Pugliese è stato portato in caserma per poi essere tradotto in carcere: «C’erano circa 40 persone, per lo più familiari, che, al momento del suo arrivo al Comando, lo hanno acclamato…».

 Saro Cassarola è stato assicurato alla giustizia, adesso restano solo in cinque ancora uccel di bosco: Salvatore Morelli (Turi l’americano) ritenuto esponente di spicco di una delle promanazioni dei Lo Bianco, Pasquale Bonavota, al vertice dell’omonimo clan di Sant’Onofrio, Agostino Papaianni, considerato vicino al clan Mancuso, e ancora Domenico Tomaino e Domenico Cracolici.

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