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Pizzinni la gran parte dei calabresi non sa dove si trova. Tantomeno la geografia della memoria collettiva.

Ieri un flash di agenzia ha riacceso un riflettore mediatico sulla frazione Pizzinni di Filandari.

Narrano le cronache che, qui, il 24 ottobre 1982, nel centro del Vibonese l’esplosione di un ordigno sia costato la vita a due bambini innocenti, Antonino Pesce e Bartolo Pesce di 10 e  14 anni.

Sulle tracce degli autori dell’orrendo misfatto, con le nuove indagini, sono all’opera 39 anni dopo i carabinieri.

Antonino e Bartolo bambini morti per sbaglio. Ma morti lo stesso. Uccisi da killer delle ‘ndrine che sbagliarono la casa che dovevano colpire. Come gli estremisti di sinistra romani che per far paura al missino Mattei di Primavalle, gli incendiarono la porta di casa a scopo intimidatorio e finirono per ardergli vivi due figli tra cui un bambino, come ricorda una delle più tragiche foto di cronaca degli anni piombo.

La foto del rogo di Primavalle

Antonino e Bartolo l’immagino tre mesi prima felici per la vittoria del Mondiale esultanti per Paolo Rossi assieme a papà e mamma, in quel paese agricolo, Filandari, presepe di case sparse e a un tiro di schioppo da Vibo Valentia.

Nella Calabria dell’anima nera c’era il falso mito che la ‘ndrangheta non uccide i bambini.     Non è successo solo a Filandari. Non è accaduto solo nel 1982.

L’8 maggio 1998 a Oppido Mamertina, Mariangela Anzalone, 8 anni, muore e suo fratello Giuseppe, 9 anni, è gravemente ferito, assieme al nonno; erano su un’auto eguale a quella di un boss sulle cui tracce erano i sicari di una cosca avversa. Mariangela vittima per sbaglio.

Mariangela come Bartolo e Antonino. Vittime per sbaglio.

E chi si ricorda di Gianfranco Madia, 14 anni, ucciso in un fuoristrada con il nonno Franco Tallarico a San Giovanni in Fiore. Anche in Sila le ‘ndrine ammazzano ragazzini. E forse neanche per sbaglio.

E quel nonno di Cassano impicciato in loschi affari. Si portava sempre dietro il nipotino Cocò e la giovane compagna per non farsi ammazzare, credendo anche lui alla finta credenza che gli uomini del disonore non sparano su donne e bambini. Tutti morti e cadaveri arsi. Anche Cocò. tre anni, cremato barbaramente dalla ‘ndrangheta (LEGGI GLI ARTICOLI).

Vittima omaggiata persino dal Papa. Simbolo recente della Calabria delle anime nere.

Nel 1982 era andato con il taccuino il nostro Filippo Veltri, a poche ore del grande botto, inerpicandosi verso Pizzinni per una puntuale cronaca della gloriosa e scomparsa Unità.

L’articolo dell’Unità

Aveva dato conto di papà Francesco, di Maria Rosa e dei cuginetti Margherita e Carmelo, 17 e 13 anni, dilaniati dalle schegge e ricoverati all’Ospedale di Vibo, dove Bartolo e Antonino non erano mai arrivati vivi.

I malamente avevano sbagliato casa di due isolati. Non era quella l’abitazione di Giuseppe Suriano, l’obiettivo da colpire.

Maria Rosa Cichello, anziana vedova era andata dalla comare diripettaia, ed aveva sentito odore di bruciato. Vede la miccia della bomba sull’uscio di casa sua. Chiama aiuto come si usa nel vicinato. Escono Francesco e i bambini. “Andate via c’è una bomba” dice il papà.  Troppo tardi. Esplode l’ordigno. La casa della vecchia vedova  crolla come in un terremoto. Antonino e Bartolo muoiono sul colpo.

Il movente sta scritto nella cronaca a poche ore del fatto. Suriano aveva litigato con un altro clan. Filandari ignara di ‘ndrine si specchiava nell’anima nera della Calabria. Quella notte fermarono tre picciotti nei paesi circostanti. Ci sono voluti quattro decenni per consentire a Gratteri  di farsi raccontare dai collaboratori al processo Rinascita Scott come era andata quella sera d’ottobre .

 Un colletto bianco avrebbe dato disposizione su mandato dei Mancuso. I boia e i mandanti finor l’hanno fatta sempre franca. Ora la Giustizia bussa di nuovo alle loro porte.

In quelle ore di orrore i sindacati vibonesi proclamavano uno sciopero e una manifestazione di protesta. Contro la Calabria delle anime nere c’era anche quella antindrangheta in quel 1982. I vescovi già tuonavano contro la piovra ma certi preti erano dalla parte opposta. Fabio Mussi , autorevole dirigente del Pci, all’indomani del misfatto, diramava una nota  in cui informava di aver da poco incontrato i vertici delle forze dell’ordine chiedendo ordine e legge nella Limbadi dei Mancuso. Ai comunisti avevano detto  che questi Mancuso erano responsabili di furtarelli  e piccoli reati. Forse qualcuno dei comunisti sapeva che Luni Mancuso era stato un tempo vicino al loro partito.

Oggi Bartolo e Antonino avrebbero potuto tifare per gli azzurri di Mancini, ricordando quelli di Bearzot che avevano osannato in quel 1982, anno della loro ingiusta e tragica morte provocata dalla ‘ndrangheta.

Ha detto la scrittrice e criminologa Anna Sergi: «Se si ricordasse meglio il passato il presente diventerebbe più prevedibile e forse farebbe indignare di più».

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