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Maria Limardo

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VIBO VALENTIA – Nessuna volontà di abbandonare il timone, ma anzi la voglia di proseguire nell’azione amministrativa nonostante quella che era, ormai di fatto, una mazzata annunciata: quella della seconda dichiarazione di dissesto finanziario del Comune (LEGGI LA NOTIZIA).

Maria Limardo non lascia, ma rilancia, dunque anche se non nasconde la sua amarezza per la decisione assunta dai giudici contabili: «Avrei voluto, oggi, dare una notizia diversa ma purtroppo non è stato così. Ci siamo impegnati a fondo a portare avanti una serie di misure per evitare un giudizio negativo da parte della Corte dei conti ma non è servito».

Le motivazioni non si conoscono ancora e quindi ogni ragionamento tecnico deve essere rinviato, tuttavia determinate questioni non possono non essere affrontate dal primo cittadino, anche di natura politica. E se le «cause autentiche del dissesto del Comune risiedono nella difficoltà strutturale dell’ente di mandare avanti propri bilanci»,

Maria Limardo torna a porre in evidenza un dato a suo giudizio di fondamentale importanza: «Questo dissesto viene da lontano, ed anche non volendo fare un rimpallo di responsabilità, esso va ricercato in altro in buona sostanza; è una lunga storia», ha commentato chiamando in causa le passate amministrazioni alla guida di Palazzo Razza.

«La città – ha aggiunto – ha subito un primo dissesto, poi una fase di riequilibrio in una situazione di pre-dissesto, ma ci sono delle “partite” che pesano in maniera determinante (12 milioni di euro che non hanno trovato collocazione nel dissesto precedente) e che continuiamo a portarci dietro come un cappio al collo».

Non sono state risparmiate da critiche dal sindaco anche i componenti dell’Organismo straordinario di liquidazione (che ha rilevato numerose criticità, non lesinando qualche frecciata alle varie amministrazioni del tempo): «Credo che abbiano inciso le risultanze dell’Osl che ha lasciato l’ente una situazione finanziaria disastrosa, senza risanare alcunché, con un attivo farlocco e un passivo, quello sì, reale e da ripianare».

Il capo dell’esecutivo comunale ha rivendicato quindi l’impegno per evitare il giudizio negativo della magistratura contabile: «Ci siamo sforzati in questo periodo e non vanno dimenticate due circostanze: non è stata questa amministrazione a scegliere questo Piano di riequilibrio perché lo aveva fatto il commissario Guetta che ci aveva preceduto. Ci siamo trovati nella posizione di proseguire anche perché abbiamo avuto la percezione che avremmo potuto farcela, portando avanti una serie di misure (Psc, evasione tributaria, l’emersione del quartiere Pennello); stiamo progredendo nell’attività di riscossione anche se con la presenza della pandemia tutto diventa più difficile. Abbiamo messo ordine nel settore Urbanistica, siamo riusciti a lavorare oltre 1.700 pratiche nel solo 2021 accertando un credito 768mila euro».

Ma per la Corte dei conti con questi numeri salvare il comune non era possibile anche se la Limardo ha voluto chiarire ulteriori elementi: «La bocciatura del Piano di riequilibrio finanziario farà cambiare poco o nulla per i cittadini: le tasse sono già al massimo e quindi non ci saranno ripercussioni; ci siamo trovato il Piano di un commissario che abbiamo mandato avanti; la condizione predissesto ci ha consentito comunque di introitare 13,5 che vanno nel risanamento del bilancio». E non è detto che questo dissesto «non possa consentire una maggiore fluidità e un miglioramento delle condizioni generali dell’ente che non può comunque andare avanti con il personale all’osso, anche se qualche nuova unità arriverà».

Aver «lavorato sodo in questi due anni, attivando un percorso virtuoso nella direzione del risanamento finanziario dell’ente», ha consentito di «ottenere dallo Stato una tranche di 12 milioni di euro e una ulteriore di 1,5 milioni». E adesso? «Bisogna invertire la rotta – commenta ancora il sindaco – e fare in modo che le future generazioni si ritrovino un Comune con un bilancio risanato». Non è rimasto esente dal ragionamento della Limardo quello che è più un auspicio e che fa riferimento ad una recente sentenza della Corte costituzionale nella quale viene evidenziato che  «se in un Comune ci sono problemi di carattere strutturale (economico-sociale), ad esempio con un tasso di riscossione al 38%, perché il resto evade della comunità, è lo Stato che deve intervenire per riequilibrare quel bilancio».

Ad ogni modo, la strada che l’amministrazione dovrebbe seguire è quella del ricorso che avverrà dopo la lettura delle motivazioni. Infine una stoccata alla minoranza: «È chiaro che l’opposizione fa la propria azione, ma è vero che ciò di cui la città non ha bisogno sono gli atti di sciacallaggio perché è fin troppo evidente sulla circostanza che il dissesto non può ontologicamente imputato a questa amministrazione».

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