X
<
>

Renato Marvasi nella sua vigna

Condividi:
4 minuti per la lettura

Alla base della filosofia aziendale dell’azienda Marchisa il connubio tra arte e vini, voluto da Renato Marvasi, il giovane grafico romano di origini calabresi tornato a Tropea per recuperare i terreni di famiglia

VIBO VALENTIA – Il murales dai colori vivaci, con le forme geometriche che riproducono elementi distintivi della vigna, già offre la cifra di una precisa filosofia aziendale. L’opera affresca le pareti esterne della cantina di località Manna, a Brattirò, nel Vibonese, sintetizzando – in un bigliettino da visita che già predispone alla bellezza chi arriva – l’idea di Marchisa vini: unire due grandi passioni, l’arte e il vino… un concetto che il suo titolare, Renato Marvasi, richiama in un motto a lui caro: “L’arte del vino, il vino dell’arte”.

E non poteva essere diversamente per il giovane grafico romano che, nel 2014, si lascia alle spalle la grande città per trasferirsi a Tropea e dedicarsi anima e corpo al recupero e alla valorizzazione dei terreni di famiglia, un’antica casata nobiliare della Perla del Tirreno, e delle tradizioni ad essi legate.

Connubio virtuoso tra impresa e cultura

Il tutto con un principio guida che caratterizza l’azienda e la rende un esempio del perfetto connubio tra impresa e cultura, lavoro e territorio. Vino e arte, appunto. «Nella nostra missione di valorizzazione – spiega Renato Marvasi -, abbiamo deciso di dare un carattere particolare alla nostra azienda, incoraggiando l’arte e la cultura calabresi. Le nostre etichette autorizzate raffigurano i pregevoli acquerelli di fine ‘500 del “Codice Romano Carratelli”, rappresentanti Tropea, Santa Domenica e Nicotera come apparivano all’epoca. Le mappe dei nostri terreni e delle nostre vigne sul sito internet sono state realizzate, sempre ad acquerello, dall’artista tropeano Francesco Caracciolo. Abbiamo inoltre in preparazione un’etichetta esclusiva disegnata dal grande artista Nik Spatari, fondatore del Musaba. La nostra cantina è stata dipinta dal maestro Patrizio Anastasi che ha realizzato il murales all’esterno che ci è valso il premio Oscar Green Coldiretti 2019».

Marchisa, spiega ancora Renato, «vuole restituire la parola a questa terra spesso poco valorizzata, in modo che possa raccontare la sua storia nella lingua universale del vino». Un obiettivo certo non semplice e declinato in maniera così originale che non sempre è stato immediatamente compreso. «Quando ho chiesto ai miei collaboratori di aiutarmi a dipingere i pali della vigna di diversi colori, mi hanno guardato come si guarda un pazzo. Poi hanno capito», rivela sorridendo.

Renato Marvasi tra vini autoctoni e nuove produzioni

Arte e vino insieme, dunque. Ma vino è anche arte. Grazie all’impegno costante di Renato è stato possibile restaurare le vecchie vigne autoctone di Magliocco canino, Greco nero e Malvasia nera e impiantare nuovi vigneti di Pecorello e Malvasia bianca. «Da subito ci siamo diretti verso la coltivazione biologica – aggiunge -, rispettando le tradizioni locali, coscienti che le tecniche più moderne sono quelle che più rispettano i tempi naturali della terra, per ottenere prodotti di qualità eccellente che raccontano la Calabria attraverso tradizione e innovazione». Non solo vino: «oggi produciamo anche olio Evo biologico e coltiviamo grano antico italiano che trasformiamo in pasta integrale.

Il rispetto dell’ambiente e della biodiversità è tra le priorità dell’azienda Marchisa. I vigneti storici di uve autoctone «garantiscono una storicità per l’azienda e per il prodotto e per far capire al cliente la tipicità della zona». E il cliente viene coinvolto in un’esperienza diretta di conoscenza del territorio, anche grazie ai tour aziendali e alle degustazioni che, nella stagione estiva, vengono ospitate negli spazi appositamente pensati all’interno dell’azienda, dove i vecchi casolari sono stati riconvertiti in oasi conviviali immerse nella natura delle colline che guardano al mare di Tropea.

Il vigneto eroico a più di 700 metri d’altezza

L’innovazione, altro carattere distintivo, spinge la produzione verso nuove sfide. Come il vigneto eroico impiantato sul Monte Poro, a oltre 700 metri d’altezza, «dove nessuno mai aveva coltivato la vite per la rigidità dell’inverno e la presenza di nebbie: due caratteristiche che da negative si vuole trasformare in positive». Il terreno, esposto a mezzogiorno verso lo Stretto, in una posizione che garantisce escursioni termiche degne di altre latitudini, ospita uve Pecorello e Malvasia bianca che danno vita ad un bianco dalle caratteristiche particolarissime che sorprende e appaga i sensi. Proprio come l’arte, di cui il vino rappresenta forse una delle forme più affascinanti e contemplative.     

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE