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AVELLINO- Per la terza estate consecutiva la piscina comunale di Avellino non potrà essere aperta al pubblico. Il centro sportivo che sorge a via De Gasperi è chiuso da marzo 2020, nei giorni del primo lockdown legato allo scoppio dell’emergenza covid, ma ad oggi non ha ancora aperto i battenti, nonostante una serie di passaggi amministrativi ne abbiano definito la “seconda vita”. Prima un lungo braccio di ferro giudiziario con la Polisportiva Avellino, attivato sul finire del 2018 dall’allora Commissario Straordinario del Comune, il Prefetto Giuseppe Priolo, per intentare l’azione risarcitoria-giudiziaria nei confronti della società che gestiva il Centro comunale, e che ha accumulato un debito di 2.5 milioni relativamente al pagamento del mutuo, acceso al Credito sportivo per la costruzione dell’impianto natatorio. Successivamente la querelle giudiziaria per una interdittiva antimafia che per diverso tempo ha colpito il gruppo Cesaro al quale è legato la Polisportiva, sino alla decisione dell’amministrazione comunale di Gianluca Festadi andare definitamente allo sfratto degli ex gestori, nell’ottobre 2020.

Per mezzo una manifestazione d’interesse per cercare nuovi gestori, sempre avviata all’epoca della gestione commissariale dell’Ente a metà 2019, finita con un nulla di fatto nel novembre del 2020, quando l’unica proposta ritenuta valida dal Comune tra le sei pervenute, quella dell’imprenditore Dino Scozzafava già proprietario del Country Sport, è stata ritirata dall’offerente per le nuove condizioni di mercato sopraggiunte sempre il luogo dell’emergenza covid. Da non sottovalutare che nel tira e molla delle chiusure attivate dal Governo centrale negli ultimi due anni per l’emergenza covid, proprio gli impianti sportivi sono stati tra quelli più penalizzati. Intanto, però, già lo scorso hanno si è registrata una partenza, seppur a singhiozzi degli impianti, sia per le attività sportive come di quelle più ricreative quali la piscina all’aperto in estate. Ma non per la Comunale di Avellino.

Solo lo scorso febbraio il Consiglio comunale di Avellino, all’unanimità ha approvato la proposta dell’amministrazione Festa per il nuovo affidamento dell’impianto attraverso la formula del project financing. Già in quell’occasione si era inteso che i tempi non potevano essere brevissimi, ma poi l’amministrazione si è trovata ad affrontare un nuovo ostacolo che, nei fatti, ad oggi ancora non ha permesso di pubblicare il bando. Si tratta del nodo relativo al diritto di superficie. La revoca anticipata della concessione per l’impoanto, determina il diritto della Polisportiva Avellino ad avere un indennizzo che supera i 5 milioni di euro. E proprio in queste settimane l’amministrazione sta lavorando per superare quest’ennesimo scoglio.

“Gli uffici stanno per chiudere la pratica per l’estinzione per il diritto di superficie- dice l’assessore al patrimonio Stefano Luongo- Siamo riusciti a riprenderci la struttura, ma non ancora la proprietà del terreno. Solo dopo potremmo avviare l’iter della nuova gestione attraverso project, ma ci vogliano i dovuti tempi. Oggettivamente i tempi burocratici non sono brevi”. Va senza dire, dunque, che gli avellinesi e non solo, per il momento non possono usufruire dell’impianto pubblico. Un tema che negli ultimi giorni sta generando polemiche e malumori proprio con l’arrivo del grande caldo e l’assalto alle piscine per coloro che non possono spostarsi dalla città.

Gli amanti del bagno in piscina devono andarsi a cercare posti alternativi, strutture private in città come nei comuni dell’hinterland avellinese dove l’attività è ripresa ma, dicono, i prezzi- relazionati ai rincari generali non sono accessibili per tutti. Ci parla di un costo dei biglietti d’ingresso pressoché quadruplicato, anche perchè i proprietari subiscono a loro volta i rincari: oltre al mantenimento della temperatura dell’acqua bisogna pensare al filtraggio della stessa, al consumo energetico di docce e asciugacapelli, all’illuminazione e al riscaldamento degli ambienti. Un salasso per loro che diventa salasso per gli utenti. Di qui la rabbia per non poter usufruire di un impianto comunale che, quasi certamente, avrebbe dovuto adeguare i prezzi al nuovo mercato, ma certamente non quanto le strutture private.

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