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AVELLINO- Nessun effetto impattante per i commercianti avellinesi, con l’entrata in vigore, lo scorso 1 febbraio, del green pass obbligatorio. “La nostra categoria ha già pagato abbondantemente tutti gli effetti della pandemia e peggio di così davvero non può andare”, il sentimento comune degli esercenti avellinesi. Tra l’altro l’esibizione del green pass all’ingresso di negozi, uffici postali e servizi finanziari come le banche, non è obbligatorio. Tocca agli esercenti fare controlli a campione sulle persone all’intero dei locali, ma la gran parte di loro hanno deciso di chiedere il Green pass a tutti coloro che entrano.

Chi può “permetterselo”, in particolare i marchi di vendita della grande distribuzione come Tezenis e Zara, hanno delegato un addetto al controllo. “Il negozio è grande e a due piani- dice la commessa all’ingresso di Zara- si finisce per creare ancora più caos ad andare a controllare all’interno. Per questo come da disposizioni dei vertici dell’azienda, lo chiediamo a tutti perché altrimenti se fanno un controllo e c’è in negozio qualcuno non in regola la multa la prendiamo noi. Per il momento comunque non abbiamo avuto problemi, sono tutti disponibili e collaborativi”.

A non lasciarsi scalfire dalle nuove norme, nemmeno il responsabile del punto vendita di Via Matteotti del franchising “Camomilla”. “Verificare la certificazione non costa nulla e nulla cambia rispetto a quanto le attività stanno subendo da due anni a questa parte- spiega Roberto Piedimonte- Io gestisco negozi non solo ad Avellino, ma anche a Benevento e nei centri commerciali del napoletano, e le perdite di questi due anni non possono essere quantificate. Basti pensare che durante le festività natalizie del 2020 siamo stati aperti solo 14 giorni, mentre precedentemente avevamo già fatto il carico di merce.

Questa modalità del green pass, la cui richiesta per noi non è nemmeno obbligatoria, è l’ennesima norma che rispettiamo, ma di cui non capiamo la vera utilità rispetto alla reminiscenza del virus”. A proposito di norme nazionali, Piedimonte ragiona anche su un altro aspetto: “Premet – tendo che sia io che le mie dipendenti siamo vaccinate, ad Avellino come negli altri punti che gestisco, ma è paradossale che non si chieda l’obbligatorietà del vaccino ai lavoratori del settore privato. Io l’ho messa come regola, non ho avuto problemi con i miei dipendenti. In caso contrario sarei stato costretto a cacciarli io”. A parlare di una certa “inutili – tà” delle nuove regole, anche Michela Picariello, responsabile del negozio di abbigliamento “Fan” di Corso Europa.

“Stiamo chiedendo a tutte le clienti l’esibizione della certificazione verde, nonostante la legge non ce lo imponga, ma richiede solo controlli a campione. In verità ci è anche capitato che qualcuno, capendo del controllo preventivo, ha preferito non entrare. In due giorni già tre clienti. Dovrei dire che perdiamo potenziali clienti? Ma noi ci adeguiamo alle norme così come abbiamo sempre fatto, dotato i locali di misuratori per la temperature, igienizzanti, sottoponendolo a santificazione. Tutto a spese nostre. Ora la verifica del green pass credo voglia solo rappresentare uno strumento per incoraggiare la gente a vaccinarsi”. Di qui il reale problema del commercio avellinese, sempre più in affanno.

“Ci hanno chiuso per tanto tempo negli ultimi due anni. ricorda Picariello- Eppure stiamo ancora qui a parlare di covid. A noi di Corso Europa ora, la beffa che si torna a parlare di metropolitana leggera sensi unici e parcheggi. che già non esistono in questa città”. Intanto il primo screening di Confesercenti Campania cristallizza “ulteriori effetti negativi”, dice il Presidente Vincenzo Schiavo: “In due giorni già c’è stata una ulteriore contrazione degli incassi, già ridotti, nonostante la stagione dei saldi, anch’essa al di sotto delle attese. Ancora una volta gli imprenditori sono costretti a sopportare un peso che non dovrebbe competere loro, il controllo del Green Pass. Siamo per il rispetto delle regole, tuttavia il controllo- seppur a campione- dovrebbe spettare alle forze dell’ordine e non ai nostri esercenti. La perdita di tempo e il rallentamento dello shopping è evidente”

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