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Hanno inventato il racket 2.0, gli “scissionisti» del clan Amato Pagano, sotto la guida del reggente Marco Liguori: a Melito, comune del popoloso hinterland a Nord di Napoli, i commercianti potevano versare il «pizzo” anche con un bonifico, ottenendo addirittura la fattura da una ditta compiacente.

Emerge questo, ma non solo, dall’indagine della Guardia di Finanza e della Squadra Mobile che coordinati dalla DDA di Napoli hanno notificato, tra Napoli e Caserta, 31 arresti (22 in carcere e 9 ai domiciliari), ad altrettante persone indiziate di appartenere, o di aver favorito, il clan degli «scissionisti » di Secondigliano.

Tra Campania, Molise ed Emilia-Romagna sono stati inoltre sequestrati beni per 25 milioni di euro: i sigilli riguardano 18 aziende, 5 del settore delle onoranze funebri, 12 beni tra fabbricati e terreni, 34 autoveicoli, il denaro trovato su oltre 300 rapporti finanziari e, sempre a Melito, la sede dell’associazione di operatori economici Aicast dove il clan aveva stabilito il suo «quartier generale».

Tra coloro per il quale è stato disposto il carcere figura Antonio Papa, 59 anni, presidente di quell’associazione, che, per gli investigatori, partecipava in maniera diretta alle attività criminali del clan fornendo il suo supporto nei rapporti con commercianti e imprenditori. In quella sede si tenevano i summit del clan e gli incontri con le vittime delle estorsioni.

Nel marzo 2020, Antonio Papa, dicendosi preoccupato per la serie di furti che stavano affliggendo i negozianti in una Melito semideserta a causa dei contagi, chiese l’intervento di una «task force» delle forze dell’ordine, «per tutelare il tessuto produttivo cittadino». L’indagine ha consentito di scoprire che all’innovativa forma di estorsione si affiancava quella tradizionale, con l’imposizione delle tre «classiche” rate annuali (coincidenti con le festività di Natale, Pasqua e Ferragosto), e anche l’acquisto – di fatto obbligatorio – dei gadget natalizi.

A Melito gli «scissionisti» godevano anche dell’appoggio di due agenti della polizia municipale, uno padre della segretaria di Antonio Papa: si recavano nei negozi e nei cantieri edili contestando irregolarità amministrative alle quali però non seguivano le verbalizzazioni.

L’obiettivo dei vigili urbani, in realtà, era quello di suggerire a negozianti e imprenditori la possibilità di rivolgersi ai rappresentanti del clan per evitare brutte conseguenze. Un modo, in sostanza, per allungare la lista delle vittime, che conta circa 500 soggetti, nell’ambito della massiccia e capillare attività estorsiva del clan.

Agli Amato-Pagano non sfuggiva il controllo dei remunerativi servizi funebri, perpetrato con una selezione di specifiche ditte con le quali entravano in «quota» consentendo loro di operare, di fatto, in regime di monopolio.

I reati contestati vanno dall’associazione per delinquere di stampo mafioso, all’estorsione, intestazione fittizia di beni, traffico di stupefacenti, aggravati dal «metodo mafioso». A tre indagati verrà revocato il reddito di cittadinanza; altri 5 invece sono risultati facenti parte di famiglie che percepiscono il sussidio.

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