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NAPOLI – Non si sono ancora assopiti i commenti sulla tattica adottata dal Napoli contro l’Inter, secondo i quotidiani del Nord, rinunciataria, per gli altri, accorta ed equilibrata, che si ritiene, secondo i più, che lo schema utilizzato ha rispecchiato il carattere del tecnico calciatore, e, ricordando il comportamento di Gattuso, al Milan come in Nazionale, non possiamo sorvolare sulla sua concretezza, sui modi spiccioli ma efficaci che adottava in campo, primi fra tutti, la caparbietà, la risolutezza nei contrasti, la voglia di sopraffare l’avversario più contrastando che giocando di fioretto. La sua sciabola era sempre sguainata, il suo coraggio, senza limiti, lo sprone continuo per i compagni, l’incitamento che non mancava di rivolgere ai colleghi, soprattutto quando si profilavano difficoltà, e come trascinava l’intera squadra a comportarsi un tutt’uno. Quando ha deciso di intraprendere il percorso di allenatore, decollato pochi anni addietro, ha saputo trasmettere quelli che erano gli insegnamenti che ne caratterizzavano il modo di giocare, partendo da una prerogativa che si manifesta soprattutto a fine gara, qualsiasi sia il risultato ottenuto: mai un commento fuori posto, sempre una carezza per tutti gli atleti, a prescindere da ciò che il calciatore ha fornito durante la partita (ricordiamo l’abbraccio con Meret e Di Lorenzo dopo le loro gaffe in Napoli-Inter del 6 gennaio scorso), e sempre il discorso che va a fare leva sugli allenamenti, sull’utilizzo dei verbi “lavorare”, “sacrificarsi”, “pedalare”, stanti a significare che nulla può essere raggiunto senza inzuppare di sudore maglia e sputare fino all’ultimo le risorse di fiato. Significative le parole indirizzate ad Elmas e Ruiz nell’ultimo quarto d’ora di match del Meazza: al macedone di “ corri finchè puoi e non lasciare spazi sulla fascia” ed allo spagnolo, vittima di crampi di “stringi i denti, non posso sostituirti, e non possiamo perdere questa occasione di vittoria”, non con tono aggressivo, ma con la consapevolezza del buon padre di famiglia, intuendo che bisogna essere innanzi tutto amico dei giocatori, e non il burbero che urla e resta senza voce ( il riferimento a Conte è voluto, visto che per poco non divorava verbalmente Sensi che si apprestava ad effettuare una rimessa laterale con le mani, accanto alla sua panchina…). Ed allora, assodato che con la stessa lezione, chiarita e inculcata ai suoi, si è passati all’incasso (vittoria) con Juventus ed Inter perché non continuare su questa strada? Pericoloso ed improduttivo lanciarsi a testa bassa contro le difese avversarie, in primis perché non è il Napoli una squadra tendenzialmente votata all’attacco (il più delle volte Milik o Mertens risultano da soli a cercare di rendersi pericolosi nell’area avversaria), ma una compagine dedita con efficacia alle ripartenze, insomma un ricorso al vecchio “catenaccio” che sfocia poi in contropiede. Esempio lampante, potrebbe risultare cosa avrebbe pensato (e chissà che non lo utilizzerà, quando sarà di scena contro gli scaligeri) se fosse stato allenatore della Juve sabato scorso a Verona: rinforzare la difesa, riuscire a segnare il gol del vantaggio e poi strette marcature, in definitiva ciò che ha già mostrato nelle due gare menzionate! Non ci resta che convalidare le scelte di Gattuso, e se sarà possibile assistere a qualche sprazzo di gioco vibrante e spettacolare come ammirato nei primi venti minuti a Marassi con la Samp, che ben venga, ma che si badi soprattutto alla concretezza!

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