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Parte la marcia su Roma dei trattori italiani, tensione e divisioni ma l’Europa apre al dialogo e alle richieste degli agricoltori

È partita la marcia su Roma dei trattori. Ieri è stata una giornata difficile a Orte con la chiusura del casello e tanti disagi per gli automobilisti, mentre i blocchi continuano su tutto il territorio nazionale dal Nord al Sud, in particolare Campania e Puglia. Una protesta per la verità un po’ scomposta portata avanti da comitati spontanei e cobas che hanno messo sul piatto tanti temi, alcuni più che legittimi, altri incomprensibili come la rinuncia alla Politica agricola comune (Pac) e l’attacco alla carne realizzata in laboratorio. Perdere 6 miliardi all’anno di fondi comunitari per gli agricoltori italiani sarebbe una catastrofe, così come per tutti i produttori europei.

La Pac ha stanziato per la programmazione che si chiude nel 2027 ben 387 miliardi per i 27 Paesi dell’Unione europea. Quanto alla carne sintetica la vertenza, pur con qualche problema di carattere burocratico con gli uffici di Bruxelles, di fatto è vinta. La legge in Italia c’è e ora intorno alla linea italiana si stanno coagulando gli interessi della maggior parte dei partner Ue che hanno firmato un documento comune consegnato alla Commissione europea. Resta certo la politica super green messa in campo dalla Commissione che ha avuto il grande torto di aprire una frattura tra agricoltori e ambientalisti.

MARCIA DEI TRATTORI SU ROMA, CHI ACCUSA GLI AGRICOLTORI

E ancora in queste ore, anche nel nostro Paese, c’è chi continua a mettere gli agricoltori sul banco degli imputati perché inquinatori. Mentre i produttori agricoli italiani ed europei, che si prendono cura del 70% dei territori comunitari, sono il presidio strategico per una buona tenuta delle aree agricole.

Sono dovute infatti anche all’abbandono le devastazioni, tra smottamenti e frane, che sempre più frequentemente si verificano in Italia e nel resto dell’Europa. Per questo è giusta la rivendicazione di cancellare la misura che obbliga a mantenere incolto il 4% delle superfici agricole. È anche intollerabile la cosiddetta condizionalità rafforzata che complica la vita degli agricoltori obbligando per esempio la raccolta della coltura in rotazione. Sono questioni su cui è necessario intervenire, aggiustando una posizione troppo “talebana”. Ma non si parte da zero. Sulla condizionalità, per esempio, Coldiretti ha ottenuto una correzione importante che attenua i disagi. E anche sulle direttive firmate dall’ex commissario, Frans Timmermans, è comunque scattato il time out. Per ora sono congelate, come pure il Nutriscore.

MARCIA DEI TRATTORI SU ROMA, L’EUROPA APRE ALLE RICHIESTE

E questo grazie al pressing fatto con forza sulle istituzioni Ue. La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, che si è impegnata a rivedere in chiave più agricola alcune misure, dopo l’uscita del falco Timmermans aveva già aggiustato il tiro, assicurando piena collaborazione con gli agricoltori. Molto si deve fare, per esempio sul fronte degli accordi commerciali, primo tra tutti quello con il Mercosur. Ma anche in questo caso, dopo la denuncia di Coldiretti e della Fnsea francese, l’accordo si è bloccato. Questo conferma che attaccare la politica agricola comune si deve e si può fare, ma in chiave costruttiva e soprattutto con una strategia. Sulla cancellazione delle agevolazioni Irpef, un’altra rivendicazione questa volta tutta italiana, la premier Giorgia Meloni ha già aperto uno spiraglio, ma di una correzione in questa direzione se ne parlava già prima dei blocchi dei trattori.

Il problema è di far quadrare i conti e non è impresa facile. Perché i soldi non sono stati scippati all’agricoltura, ma dirottati su altre poste, come la meccanizzazione. Gli animatori delle proteste che sfilano su trattori fiammanti stilano solo un cahier de doleance, ma senza proposte. Dire basta all’Unione europea non significa nulla. Così come non si comprende l’attacco alle organizzazioni di rappresentanza. Su uno dei capitoli più delicati, quello dei prezzi bassi incassati dai produttori, perché schiacciati da industria e grande distribuzione, da soli non si va da nessuna parte.

LO STUDIO COLDIRETTI SUI PREZZI

È vero, l’emergenza prezzi c’è. E mentre aumenta la spesa dei cittadini per acquistare prodotti alimentari ai contadini, secondo un’analisi realizzata dalla Coldiretti, viene riconosciuta una remunerazione inferiore del 10,4% rispetto allo scorso anno. L’ultimo indice pubblicato dalla Fao sui listini mondiali indica infatti a gennaio, rispetto allo scorso anno, flessioni che vanno dal 18% per il latte al 19% per i cereali. Contadini sempre meno pagati e consumatori sempre più vessati Alla vendita infatti i rialzi vanno dal 5,7% nell’area euro al 5,9% in Italia.

Le anomalie lungo la filiera – ha sottolineato lo studio Coldiretti – sono evidenti in Italia, dal grano al pane. Il prezzo aumenta fino a venti volte, con una forbice mai così ampia. Un chilo di grano pagato oggi agli agricoltori attorno ai 24 centesimi serve per fare un chilo di pane venduto dai 3 ai 5 euro a seconda delle città. Anomalie anche per una serie di altri prodotti a cominciare dall’ortofrutta. Ma lo strumento per contrastare queste distorsioni c’è ed è arrivato da quella Ue tanto bistrattata.

La direttiva europea per contrastare le pratiche sleali commerciali, recepita in Italia, ha messo nel mirino 16 modalità finora applicate senza sanzioni, dall’allungamento dei tempi di pagamento alle modifiche unilaterali dei contratti, dalle aste on line al doppio ribasso e fino alle vendite sottocosto senza controllo. E soprattutto la legge obbliga al riconoscimento di prezzi ad agricoltori e allevatori non inferiori ai costi. E proprio in questi giorni è arrivata la notizia dei primi risultati dei controlli effettuati dall’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione delle frodi dei prodotti agroalimentari che ha evidenziato violazioni per il comportamento della Lactalis, a seguito della denuncia presentata dalla Coldiretti per la modifica unilaterale del contratto e il taglio della remunerazione riconosciuta ai produttori.

INCASSATA UN VITTORIA GRAZIE ALLA MOBILITAZIONE DI UNA RAPPRESENTANZA

Solo una prima vittoria incassata grazie alla mobilitazione di una rappresentanza, perché una singola azienda non avrebbe mai potuto sfidare la multinazionale del latte per timore di ritorsioni nella denuncia di eventuali illeciti. Un’ennesima dimostrazione che le urla, senza progetti e senza una visione della strategia agricola, non portano a nulla. Tra l’altro proprio in queste ore i vari gruppi che stanno animando la protesta stanno litigando tra loro sui social. Il rischio di strumentalizzazioni è forte. Soprattutto a una manciata di mesi dalle elezioni europee. Cavalcare una protesta comprensibile a tutti i cittadini, perché tocca il loro portafoglio e la loro salute, è facile, molto di più che attaccare le complesse politiche industriali o fiscali.

Ma il rischio è che poi, una volta concluse le elezioni, quegli stessi che ora soffiano sul fuoco delle contestazioni, si ritirino in buon ordine. Con buona pace dei trattori che torneranno nei loro hangar. E magari facendo anche un favore ai colleghi agricoltori di Francia e Germania che stanno ottenendo sostegni. In Italia molto più di quello che è stato destinato all’agricoltura (oltre alla Pac) tra legge di bilancio e Pnrr non si può fare, le casse dello Stato non lo consentono. E allora che ben vengano le proteste, ma con proposte articolate e fattibili, per il bene degli agricoltori e dei cittadini.


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