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Alcuni sindaci

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Nel 2019 sono stati censiti 559 atti intimidatori, di minaccia e violenza nei confronti degli amministratori locali, uno ogni 15 ore: 83 le province coinvolte e 336 i Comuni colpiti, dato più alto mai registrato. E’ quanto emerge dal rapporto “Amministratori sotto tiro” realizzato da Avviso pubblico, che evidenzia come per la seconda volta siano stati censiti atti intimidatori in tutte le regioni italiane.

Tra le regioni più colpite, si conferma in testa la Campania (92 casi), mentre la Lombardia è prima tra le regioni non meridionali (46 casi). Un sindaco, di un Comune superiore ai 20mila abitanti di un territorio a tradizionale presenza mafiosa, che viene aggredito fisicamente o a cui viene bruciata l’auto parcheggiata nei pressi dell’abitazione: questo l’identikit dell’amministratore sotto tiro.

Il 61% del totale dei casi (342) si è registrato al Sud, il resto (217) al Centro-Nord, dove si riscontra un aumento del 5,5% rispetto al 2018. Aumentati i casi complessivi al Nord (da 102 a 147), mentre si registra un calo al Centro (70 casi).

Per il terzo anno consecutivo la Campania si conferma la regione in cui si è registrato il maggior numero di intimidazioni a livello nazionale, con 92 casi censiti. Segue la Puglia che, con i suoi 71 casi, ha fatto segnare il maggior incremento di tutto il territorio nazionale rispetto al 2018.

Terzo posto per la Sicilia con 66 casi censiti, regione in cui emerge un dato in netta controtendenza rispetto al recente passato (-24%).

Si conferma sui livelli dell’anno precedente la Calabria, con 53 casi.

Il mese di aprile è stato quello in cui si è riscontrato il maggior numero di intimidazioni: 58. Una conferma di come il periodo della campagna elettorale – nel maggio 2019 sono stati chiamati al voto il 48% dei Comuni italiani – sia in assoluto il più difficile. Tra marzo e maggio infatti la media delle intimidazioni settimanali raggiunge quota 12 (a fronte di una media annuale di 10,7).

Preoccupa, prosegue il rapporto, il raddoppio della percentuale di minacce rivolte ai candidati alle elezioni amministrative (10% del totale, rispetto al 5,4% fatto registrare nel 2018). In più di un’occasione le intimidazioni hanno indotto le vittime a decidere di rinunciare alla candidatura.

L’87% delle intimidazioni censite nel 2019 sono state di tipo diretto (percentuale più alta di sempre, +6% rispetto al 2018). Nel 13% dei casi le minacce sono state di tipo indiretto.

In questo caso sono stati colpiti municipi, uffici, strutture e mezzi adibiti al ciclo dei rifiuti, a servizi sanitari, idrici, elettrici e del trasporto pubblico. Tra le minacce di tipo indiretto, vanno annoverate anche le intimidazioni rivolte a collaboratori e parenti, come ad esempio genitori, mogli, mariti, fratelli e sorelle.

Il personale della Pubblica amministrazione è stato nel mirino nel 27% dei casi totali; gli amministratori locali nel 56%. Tra questi ultimi, in particolare, i sindaci (57,3%), seguiti dai consiglieri comunali (22,5%, in aumento), assessori (12,8%) e vicesindaci (5,2%).

Le aggressioni e gli incendi rappresentano le due principali tipologie di intimidazione messe in atto nei confronti degli amministratori locali (18,6%). Aumento i casi registrati sui social network (15% del totale), seguiti da minacce verbali (12,6%) e invio di lettere, biglietti e messaggi minatori (11,6%). Seguono i danneggiamenti (8%), le scritte offensive o minacciose (6%), l’invio di proiettili (4%), l’utilizzo di ordigni, molotov ed esplosivi (2%) e l’invio di parti di animali (1.6%).

Quasi una minaccia su tre non ha una matrice criminale, ma proviene da comuni cittadini (161, pari al 29% del totale).

Comuni sciolti per mafia

Nel rapporto di Avviso Pubblico c’è anche il dato sui comuni sciolti per infiltrazioni mafiose, che sono stati 21 nel 2019.

«Dobbiamo analizzare a monte il fenomeno del condizionamento e dell’infiltrazione degli enti locali – ha evidenziato il procuratore Cafiero de Raho – perché ci sono territori che sono talmente densi di mafia, di ‘ndrangheta, di camorra, che la capacità di intimidazione, di condizionamento da parte delle mafie è enorme. In quei territori è evidente che una consapevolezza maggiore da parte della collettività, una maggiore capacità di reagire, una maggiore presenza dello Stato con attività repressive che siano in grado di difendere il cittadino, concorrerebbero anche ad evitare che quelle amministrazioni fossero condizionate o infiltrate».

«Dalle indagini in Calabria, in Sicilia, in Campania ma anche in vari comuni del Centro e del Nord – ha aggiunto de Raho – è emerso ripetutamente che laddove vi è una criminalità radicata e forte, questa è capace di stringere legami con quella che viene chiamata “area grigia” ma che in realtà è proprio l’area nera peggiore, quell’anima nera che contrassegna una società di professionisti, di persone delle istituzioni, di imprenditori, di politici. Sono legami che consentono alla criminalità di salire di livello e quindi di esprimersi nel fenomeno della contiguità, della condivisione, dell’erosione del potere politico al punto da condizionarlo o indirizzarlo verso il soddisfacimento degli interessi mafiosi».


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