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Il sindaco di Cutro Antonio Ceraso accoglie la premier Giorgia Meloni. Sullo sfondo il presidente della Regione Roberto Occhiuto

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LA TRAGEDIA di Cutro fa da spartiacque per dire “no” alla schiavitù del terzo millennio. Almeno questo sembra essere l’intento della premier Giorgia Meloni che ha presieduto in una città blindata una seduta straordinaria del Consiglio dei ministri. «Volevamo dare un segnale simbolico e concreto allo stesso tempo. È la prima volta che un Cdm si svolge sul luogo in cui si è consumata una tragedia legata al tema migratorio», ha detto in apertura di conferenza stampa nel chiostro delle ex Clarisse di Cutro, oggi Municipio.

AUMENTO DELLE PENE

La riunione si era svolta poco prima nell’aula consiliare del Comune. «La presenza dell’intero Cdm a Cutro è un modo per ribadire quanto questo governo sia attento e concentrato su questo dossier», ha rimarcato la presidente del Consiglio, che tra l’altro inviterà nelle prossime ore a Palazzo Chigi i parenti delle vittime. Accolta da qualche applauso ma anche da un corteo di manifestanti che ha lanciato pelouche, simbolo della spiaggia della disperazione, e urlava “Assassini” all’arrivo del corteo di auto blu, la Meloni ha dunque presieduto la riunione dei ministri che hanno approvato all’unanimità l’annunciato pacchetto di norme in materia di immigrazione.

Lotta dura ai trafficanti, innanzitutto. «Non potevamo rispondere alla strage di Cutro senza dare un segnale concreto – ha detto Meloni- perché noi siamo il governo, il nostro compito è trovare soluzioni ai problemi. Penso che il modo migliore per onorare le vittime è fare quel che si può fare affinché non si vadano a ripetere tragedie come queste». Da qui il via libera a un «dl che affronta la materia per ribadire che siamo determinati a sconfiggere, la tratta di essere umani, trafficanti di vite umane che sono i responsabili di questa tragedia. La nostra risposta è maggiore fermezza». Insomma, «non c’è politica più responsabile di quella finalizzata a rompere la tratta e mettere fine alla schiavitù del terzo millennio». Per questo il decreto immigrazione varato dal governo a Cutro prevede un aumento delle pene per il traffico di migranti e l’introduzione di una nuova fattispecie di reato relativa a morte o lesioni gravi in conseguenza del traffico di clandestini, con una pena fino a 30 anni di reclusione nel caso in cui muoiano persone in una di queste traversate. Il massimo edittale, preciserà subito dopo il ministro Nordio.

«ABBIAMO FATTO TUTTO IL POSSIBILE»

«Il reato verrà perseguito dall’Italia anche se commesso fuori dai confini nazionali. È un reato che noi consideriamo universale». La premier contesta le «ricostruzioni giornalistiche» e difende il ministro Piantedosi, che poco dopo ricorda che sono ben cinque le informative al Palramento. «Si deve combattere la schiavitù del terzo millennio rappresentata dagli scafisti – ha detto Meloni, faremo di tutto per combattere questi criminali, mi stupisce l’atteggiamento di quanti hanno attaccato il ministro Piantedosi, le stesse persone non spendono una parola contro i trafficanti che hanno messo queste persone su una barca che alla prima difficoltà è andata in mille pezzi».

Piuttosto, sarebbero stati irresponsabili i governi che fin qui hanno tollerato la tratta. «Non intendiamo replicare l’approccio di quanti hanno lasciato che i trafficanti di morte agissero indisturbati. Mi stupisce l’’atteggiamento di quanti hanno lanciato strali contro il governo, quando il ministro Piantedosi – che ringrazio – ha dimostrato che il governo non poteva fare nulla di più e nulla di diverso per salvare quelle vite, come ha sempre fatto».

VISITA AL PALAMILONE

Provvedimenti che vanno di pari passo con il ripristino dei decreti flussi, che consentono «l’ingresso per lavoro di immigrati regolari e che sono stati azzerati perché tutte le quote erano coperte da chi entrava illegalmente». La premier viene poi contestata sulla ricostruzione degli eventi del naufragio in un clima teso in cui più giornalisti intervengono accavallandosi. «Qualcuno pensa davvero che il governo o le istituzioni italiane non hanno fatto qualcosa che avrebbero potuto fare?», chiede la premier. No, rispondono i giornalisti. E per Meloni «questo è già un passo avanti».

Il capo del servizio stampa di palazzo Chigi, Mario Sechi, tenta di riportare l’ordine fino all’ultima domanda e alla fine la premier assume l’impegno di andare al Palamilone, dove sono le bare delle vittime. Le dà man forte il ministro Salvini al quale tocca difendere la Guardia costiera. «Le mie competenze in questo tema erano molto limitate, la Guardia costiera nasceva nel 1865, non ero nato, e dipendono da decenni dal Mit, sono in corso oltre venti interventi di soccorso in mare, spero che da oggi finisca questa polemica bieca». E ancora: «Questo è un decreto di buon senso, pragmatico, approvato riga per riga, all’unanimità».


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