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Con 6 miliardi di coperture e rischio Italia moltiplicato da patrimoniale sulle banche, Superbonus e altro, un micro-sforamento di deficit e debito diventa l’equivalente di un cerino acceso su un deposito di benzina perché sono in dubbio reputazione e credito sottostanti conquistati con la prima manovra. Vanno riattivati da numeri messi nero su bianco nella Nadef per replicare l’effetto di rassicurazione davanti a un BTp decennale al 4,4% e a una spesa per interessi di 10/15 miliardi. Gli unici numeri di cui si dovrebbe parlare riguardano tagli e entrate per rimanere dentro il sentiero virtuoso obbligato.

Dalla fuffa dei giornali italiani che fanno a gara a dare i numeri al lotto della nuova manovra e a raccontare gli stessi inutili vertici politici con esiti di pace e guerra come se fosse la stessa cosa, gli unici dati certi per le coperture sono 4,5 miliardi di deficit in più da spendere perché previsto nei documenti di programmazione economica e 1,5 miliardi di tagli dei ministeri da spending review. Gli incassi della tassa sugli extraprofitti delle banche non si possono cumulare e mettere a copertura perché la relazione tecnica non stima gli effetti di gettito della patrimoniale che peraltro sarebbero una tantum. Questo tipo di cose appartiene a quei colpi di sole di mezza estate che parlano alla pancia degli elettori per fare cassa nell’urna più che nel bilancio pubblico italiano e servono in realtà solo a perdere credibilità.

Tutti gli altri numeri che si fanno circolare al momento sono invenzioni pure. Il problema concreto che ha il governo è di racimolare almeno quello che serve per rendere strutturale il taglio del cuneo fiscale (10/12 miliardi) frutto del doppio intervento Draghi-Meloni e racimolare qualche altra cosetta, ma soprattutto ha il problema di tenersi stretto dentro il percorso tracciato di un deficit/Pil al 4,5% nel 2023 e al 3, 7% nel 2024 e con un debito/Pil che scende dal 142,1 del 2023 al 141,4% del 2024.

Tutto questo dovendo anche fare i conti con gli effetti disastrosi del Superbonus che vengono a questo punto per fortuna (dati gli importi) scaricati su un solo anno e, quindi, non spalmati su una scadenza pluriennale ai fini del deficit, ma che ovviamente non possono non pesare sul debito almeno di qualche decimale rendendo il quadro ancora più difficile per rispettare l’obiettivo della pur tenue linea discendente. Quindi se proprio si volessero dare dei numeri, bisognerebbe cominciare a dare quelli delle correzioni, che tradotto significano tagli e tasse, necessari per rimanere dentro quel sentiero virtuoso obbligato.

Il problema vero gigantesco di cui nessuno parla e che è invece bene che si ponga con chiarezza perché tutti si assumano le proprie responsabilità, è un altro e riguarda il fatto che si sta moltiplicando l’allarme sull’Italia. Prima la supertassa sulle banche, poi i numeri verità del Superbonus e di una miriade di bonus collegati, ondeggiamenti di matrice populista di esponenti qualificati della maggioranza.

Sono fatti e parole che si sono mangiati il credito sui mercati e, in genere, quello della reputazione internazionale che questo governo si era conquistati con la prima manovra. Ora c’è urgenza di riattivarli con numeri inequivoci messi nero su bianco nella Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef). Perché un Paese che colloca 400/500 miliardi di titoli di Stato l’anno per pagare stipendi e pensioni senza neppure gli acquisti di una volta della Banca centrale europea, non può permettersi neanche che si metta semplicemente in discussione questa credibilità.

Tutto, dunque, nel circuito della serietà da ritrovare non può non ricominciare dalla Nadef, di cui invece nessuno parla, perché un solo piccolo sforamento di deficit e di debito rispetto al percorso tracciato sarebbe agli occhi degli osservatori internazionali e dei mercati l’equivalente di un cerino acceso su un deposito di benzina visto che non c’è più quel credito sottostante che avrebbe consentito piccoli margini di manovra. Questo è il punto reale della situazione.

Se vogliamo proprio dirla tutta, il problema non è generato neppure dai partiti che chiedono questo o quello sapendo bene che non lo avranno mai, ma da questo traballio dei conti che vanno un po’ male su tutto. Perché spuntano e pesano i calcoli veri di Superbonus e affini, è in aumento il fabbisogno pubblico, il rallentamento del credito è una realtà, l’economia va comunque un po’ peggio e sale la spesa per interessi sui titoli pubblici.

Di fronte a tutto ciò, il governo italiano deve offrire con assoluta urgenza il sedativo della Nadef ai mercati per replicare l’effetto di rassicurazione dell’anno scorso in una situazione più complicata di allora dove avevi l’extragettito da inflazione che quest’anno non hai più perché lo hai scontato nei tendenziali. È tutto scritto nei documenti di finanza pubblica.

Questo quadro amaro di realtà e l’allarme Italia, già segnalato da Economist e Financial Times e misurato dalla crescita quotidiana di spread e rendimento in misura minima e dalle aspettative legate alle attese sui comportamenti futuri di finanza pubblica in misura superiore, sono proprio quello che il duo Meloni-Giorgetti devono fare digerire a ministri, capigruppo, leader di partito.

Perché la febbricola strisciante nasconde un allarme, lo spread sale sempre giorno dopo giorno di un pochino arrivando ieri a quota 175 e altrettanto fa il rendimento del BTp decennale che è salito fino al 4,4%. Tutto ciò significa 10/15 miliardi in più di spesa per interessi malcontati. Per questo serve subito il sedativo per allentare la pressione dei mercati e riconquistare la credibilità replicando quello che si è fatto l’anno prima. Più chiara è la situazione, meno difficile sarà conseguire il difficilissimo obiettivo da raggiungere in modo obbligato. Per quanto amare sono le uniche parole di verità possibili. Il resto è la solita fuffa chiacchierologica italiana.


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