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Paolo Gentiloni

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Con il Pnrr gli effetti sul Pil d’Italia saranno i più importanti d’Europa. Gentiloni: «Per l’Italia un impatto sul Pil del +2-2,5%»


La sfida dell’attuazione del Pnrr per l’Italia vale tra il 2 e il 2,5% di Pil in più, percentuali superiori alla media europea. A “pesare” l’impatto del piano per il sistema Paese è stato ieri il commissario europeo per l’economia, Paolo Gentiloni. “La proiezione sulla misura aggiunta di Pil nel 2026 per i diversi Paesi dal Next Generation Eu è una media dell’1,4% aggiuntivo – ha affermato intervenendo a un evento per i quarant’anni di Affari&Finanza, a Milano – Si va da Paesi che hanno nel 2026 un Pil tra il 4 e 5% in più, come la Grecia. Altri che stanno al 3%, come la Spagna. L’Italia tra il 2 e 2,5%, quindi è sopra la media europea.
Ovviamente sono modelli matematici che possono essere confermati o meno. Questo ci dice che la potenzialità dello strumento è notevole”. La sfida, “si gioca nei prossimi due tre anni in modo decisivo”, ha sottolineato Gentiloni, considerando che il processo di revisione, approvato dal Consiglio europeo lo scorso 8 dicembre, ha allungato le scadenze per molti obiettivi, “quindi – ha affermato quest’anno sarà più leggero”.

Dopo i ritardi e le criticità che hanno segnato la prima parte del 2023, dovute anche alle ricadute delle tensioni geopolitiche, il Piano è ripartito. L’Italia “si è rimessa in carreggiata”, ha affermato il commissario europeo, dicendosi poi “soddisfatto dell’Italia”: “Mi fa piacere che il governo consideri il piano come figlio suo e non una strana eredità. Penso che la revisione del piano, non priva di controversie – pensiamo alle città che hanno lamentato alcuni definanziamenti – abbia un vantaggio: è diventato il piano dell’attuale governo, non più eredità più o meno subita che un governo precedente o quello prima addirittura aveva negoziato con la Commissione europea senza contributo dell’autorità attuale. E il piano ha mostrato di potersi adattare, sia sulle materie energetiche, sia nel tener conto dell’inflazione”.

“Le sfide rimangono perché la quinta rata vale poco più di 10 miliardi e l’ultima del 2026 ne vale 40. Poi le cose bisogna farle e bisogna toglierci dalla testa che se abbiamo rispettato alcuni tempi e alcuni obiettivi negoziati con la Ue ora sia tutto in discesa: l’impegno più sostanziale verrà nei prossimi due-tre anni”, ha ribadito.
La portata della sfida la fanno i numeri del Piano: 194,4 miliardi, di cui 71,8 miliardi di euro in sovvenzioni e 122,6 in prestiti, 66 riforme e 150 investimenti. Finora la Commissione ha erogato oltre il 50% dei fondi destinati all’Italia nell’ambito del Recovery and Resilience Facility, oltre 102 miliardi.
Se l’Ue nei prossimi giorni darà il via libera anche alla quinta rata- la richiesta di pagamento è partita alla fine di dicembre – la dote già incassata salirà a 113 miliardi, pari a oltre il 58% dei 194,4 miliardi stanziati in sede europea.
Finora, secondo la relazione sull’attuazione del Pnrr presentata dal ministro degli Affari Europei e regista dell’ “operazione” Pnrr, Raffaele Fitto, sono state spese circa la metà delle risorse già incassate, ovvero 45,6 miliardi su 102, il 23% dell’importo totale. Da qui la necessità di spingere sull’acceleratore su cui ha messo l’accento anche la premier Giorgia Meloni.
Il Pnrr resta un cantiere aperto, sia sul fronte interno, sia su quello europeo: la scorsa settimana il via libera del Consiglio dei ministri al nuovo decreto per l’attuazione del piano che punta a velocizzarne la messa a terra, anche introducendo norme mirate a una maggiore responsabilizzazione dei soggetti attuatori (l’iter di conversione prenderà il via dalla Commissione Bilancio di Montecitorio).

Ieri l’invio alla Commissione europea di una richiesta di revisione del “nuovo” piano, adottato dal Consiglio Ue l’8 dicembre scorso. Riguarda essenzialmente la “correzione di alcuni elementi tecnici nel Pnrr, così come approvato nell’ultima Cabina di regia”, ha spiegato il ministro Fitto, sottolineando la “continua e proficua collaborazione tra il governo italiano e la Commissione europea”.
“La revisione consentirà la corretta attuazione del Pnrr così come modificato lo scorso dicembre”, ha aggiunto il ministro che oggi sarà a Bruxelles dove in mattinata, nella sede del Parlamento europeo, vedrà la presidente Roberta Metsola, mentre nel pomeriggio sarà invece a Palazzo Berlaymont per incontrare il vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, il Commissario per il bilancio e l’amministrazione, Johannes Hahn, e quello per la Giustizia, Didier Reynders.
La portavoce dell’esecutivo Ue, Veerle Nuyts, ha chiarito che le modifiche tecniche riguardano “correzioni di errori materiali”, “modifiche per chiarire la formulazione di alcuni traguardi raggiunti rispetto agli obiettivi”, e sono necessarie “per assicurare la coerenza di tutto il testo con la decisione del Consiglio Ue che ha approvato la revisione del Piano” a dicembre.
La Commissione dovrebbe impiegare meno di due mesi per completare la sua valutazione della richiesta italiana, hanno assicurato fonti comunitarie.

Per il Mezzogiorno la sfida è vitale e passa dalla messa in sicurezza della “quota Sud”, un punto su cui ha insistito il direttore generale dello Svimez, Luca Bianchi, intervenendo al convegno “Quale sviluppo per il Mezzogiorno e la Calabria” organizzato dalla Cgil a Lamezia Terme, cui ha preso parte anche il presidente della Regione, Roberto Occhiuto.
Bianchi ha chiamato in causa la debolezza amministrativa degli enti locali meridionali di fronte a quella che è “un’occasione decisiva” per accorciare la distanza con il resto del Paese e avviare il rilancio del Sud. “C’è stata una rimodulazione che rischia di ridurre la quota Sud. Dobbiamo pertanto spingere innanzitutto sulla qualità amministrativa per regioni come la Calabria. Bisogna concentrarsi per mettere a terra le risorse perché non è possibile che non si raggiunga la quota del 40% che è la quota prevista per il Mezzogiorno dalla quale non si può derogare – ha affermato – Al Governo diciamo di supportare e rafforzare le amministrazioni locali nell’attuazione perché questo Pnrr serve anche a ridurre i divari territoriali e non si può assolutamente derogare questo obiettivo”.


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