Ursula von der Leyen
4 minuti per la letturaLa risposta dell’Europa: tre step per le contromisure per ovviare ai dazi imposti da Donald Trump ma si dichiara aperta al negoziato
Non ci ha ripensato, ma ha comunque concesso un time out di tre mesi per i dazi, con la sola esclusione di quelli per la Cina. Ancora una volta il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, spariglia le carte. L’annuncia è arrivato a sorpresa proprio nel giorno in cui la Commissione europea ha “servito” la reazione. Annunciando però di essere comunque pronta a fare marcia indietro se il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, dovesse ripensarci. L’allungamento dei tempi disposto dalla Casa Bianca lascia maggiori spazi alla trattativa.
Ieri la Commissione europea ha approvato (con il solo voto contrario dell’Ungheria) il via libera ai contro dazi al 25% sulle importazioni dall’America. Una risposta in tre tranche. Primo step il 15 aprile con una raccolta prevista di 3,9 miliardi di controvalore merci, il secondo il 15 maggio che porterà 13,5 miliardi e l’ultimo dal 1° dicembre per 3,5 miliardi. Per un totale di 21 miliardi. Il debutto delle tariffe Ue sulle merci americane avverrà su riso, cereali, frutta, succhi di frutta, tabacco, sigari, olii, carta, tessuti, abbigliamento, calzature, ceramiche, vetro, materassi, materiali di arredo, natanti per la pesca. Si concluderà con mandorle e semi di soia.
Accettata la richiesta di Italia e Francia di non colpire il bourbon per mettere così al riparo le esportazioni di vino in America che, secondo le minacce di Trump, sarebbero state colpite da tariffe al 200%, invece dell’attuale 20%. Ora comunque dopo la novità in arrivo dagli States anche le date fissate da Bruxelles potrebbero subire variazioni.
Bruxelles negli ultimi giorni non ha usato un linguaggio morbido (in diplomazia le parole contano e il riferimento al bazooka non allenta le tensioni) ma ha però confermato, dopo l’approvazione delle contromisure, che queste “possono essere sospese in qualsiasi momento, qualora gli Stati Uniti accettino una soluzione negoziata equa ed equilibrata”. La Ue ha ribadito il suo giudizio sui dazi statunitensi definendoli “ingiustificati e dannosi” e ha affermato di aver espresso una netta preferenza per la ricerca di soluzioni negoziate “equilibrate e reciprocamente vantaggiose”.
“L’Europa è aperta al commercio e agli investimenti, ho detto alla Camera di commercio degli Stati Uniti presso l’Unione europea – ha scritto su X la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen – noi negoziamo, non alimentiamo le tensioni, per mantenere fluide e solide le catene di approvvigionamento tra Ue e Usa”.
Forse i contro dazi europei hanno “addolcito” il tycoon? O forse è stata la richiesta di 75 Paesi di tutto il mondo che hanno chiesto di negoziare le tariffe. Sempre ieri però Trump aveva annunciato presto nuovi dazi sulla farmaceutica, altro settore sensibile anche per l’Italia. In un messaggio su Truth aveva invitato gli americani a “stare tranquilli. Andrà tutto per il meglio. Gli Usa saranno più grandi e migliori che mai! So perfettamente quello che sto facendo”. Tante contraddizioni in un solo giorno. Ma questo è il presidente degli Usa.
In Italia intanto divampa la polemica sulla prossima missione della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, negli Usa per incontrare Trump. Una mossa che sembra non piacere all’Eliseo e che è finita sotto il tiro dei partiti di opposizione in Italia dopo la triviale battuta del tycoon sui Paesi che cercano di trattare con lui.
Fin qui le polemiche. Poi c’è il Paese reale che trema, con qualche eccezione. Per esempio il Consorzio Costa Smeralda non “vede” ripercussioni sui flussi di turisti americani, insomma nessuna disdetta. Così come non sono previsti troppi scossoni per le nicchie dei prodotti di super lusso o per quelle imprese che hanno già avviato processi di delocalizzazioni o che sono pronte a farlo rispondendo così all’appello di Trump che ha invitato le aziende a spostarsi negli Stati Uniti.
Per l’agroalimentare, una delle attività che rischia di più considerato il boom di export negli Usa (8 miliardi nel 2024), la delocalizzazione non è possibile, soprattutto per i prodotti di qualità che rappresentano la “Dop economy”. Per questi è vitale il supporto annunciato dalla premier Meloni. Secondo il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, il 13% dei 25 miliardi previsti per il sistema produttivo nazionale devono andare all’agroalimentare, poiché le risorse vanno assegnate sulla base del peso dell’export. Il settore è tra i più export oriented ed è per questo tra quelli che rischiano un impatto pesante di oltre 3 miliardi tra mancate vendite, stoccaggi, deprezzamenti e perdita di quote di mercato.
Prandini ha anche chiesto investimenti per la promozione del Made in Italy sui mercati, perché l’obiettivo non solo è di non perdere sbocchi vitali come quello americano, ma di rafforzare l’export che dopo aver raggiunto il risultato di quasi 70 miliardi nel 2024 punta dritto sui 100 miliardi. Il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, vorrebbe far leva sulla salubrità del cibo italiano per convincere gli americani a non rinunciare alle eccellenze del made in Italy perché sono un toccasana per la longevità visto che garantiscono 7-8 anni in più di vita.
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